Critica Sociale - Anno V - n. 20 - 16 ottobre 1895

CRITICA SOCIALE 309 o la lunga consuetudine dei destreggiamenti par– lamentari - non certo un calcolo volgare - sug– geriva un atteggiamento meno risoluto. E che non fosse un calcolo volgare che li moveva ben sentì e proclamò il Congresso, che, malgrado la votazione imponente loro contraria e l'asprezza delle discus– sioni avvenute, li riportò con unanime suffragio alla direzione del partito. Noi non crediamo però che la deliberazione - troppo negativa - sul progetto agrari.o abbia inte– ramente fiquidata ogni controversia: nè, molto meno, che essa significhi l'abbandono o anche solo un rallentamento nel proposito di condurre ener– gicamente l'agitazione campagnuola. Lo stesso or– dine del giorno degli oppositori, richiedendo colla sua seconda parte nuovi studi in argomento, di– mostra che ciò che il Congresso respinge è la via che la Commissione proponeva: che si dovrà bat• tere un'alt1·a via, non già. abbandonare Ja partita. Certo, la. via che la Commissione proponeva è abbandonata definitivamente. Si tratta, in questo, di una questione liquidata. l motivi noi li abbiamo accennati sommariamente. Ma per la st1•etta atti• nenza che il problema in sè stesso ha co11acon– dotta del partito socialista italiano, sia di rronte alla questione agraria, sia di fronte al problema molto affine degli artigiani, che Domenico Spadoni ha trattato in uno dei nostri ultimi fascicoli, noi ci proponiamo di tornarvi sopra con maggiore diffusione. LA CRITICA SOCIALE. GUARDANDO PERLABRECCIA Le reste di seltembre hanno- avulo un prologo e avranno certamente il loro epilogo. Il prologo è staio recitato un po' dappertutto in Italia, e vi han preso parto moltissimi personaggi appartenenti ad ogni sorta dì compagnie comiche e filodrammatiche. Dapprima è il deputato Vischi, un gobbetto malizioso e ambizioso, che risfodora. il suo progetto di legge per fa.r dichia• rare il giorno memorabile rosta nazionale. Il Governo e la Commissione parlamentare fanno un passo in– dietro e dicono: vada per festa, ma sia. festa civile e non nazionale. Poi vengono i discorsi ostili, gli un– tuosi, i furiosi e i patriottici, e il progetto passa. nelle due assemblee con una buona. sfavata di palle nere. Son lo palle dell'opposizione di Sua Santità. Con questa. legge la tosi ò posta, ed ecco che cleri• cali, liberali, ministeriali e fratelli mura.lori vi si met– tono intorno, gli uni per biasimarla, gli a.Itri per di– scuterla, i terzi per annacquarla, gli ultimi por gonfiarla a proprio vantaggio esclusivo. Questo tramestio è ca– ratteristico, e in mezzo ad esso spiccano, come segno di tempi o di tendenze nuovi, alcuni fatti degni di esser ricordati. A Milano, il cardinale arcivescovo Ferrari, inaugu• rando il Congresso eucaristico, fa un discorso bellicoso, e lancia una sfida al ro d'Italia affermando, che la sola Roma intangibile è quella del papa. Poco tempo dopo, questo medesimo signore, a Torino, fa. il discorso di chiusura. del Congresso cattolico, trova modo di riba– dire il suo concetto e dice presso a poco cosi: e molta via abbiamo percorsa, ma molta altra ne resta a. fare. - longa nobi& manel arthuc via. - Ma noi non dispe– riamo: il fiocco di neve partito dal Vaticano deve di• vantare valanga. • li pubblico di dentro batte lo mani, quello di fuori tace quasi approvando, e mentre rallo clero della massoneria strilla a perdifiato, l'autorità lascia fare e lascia dire, anzi arma un esercito di ispet• tori e guardie di polizia, e lo manda. in chiesa a di• fendere la. libertà di predica del focoso don Alberta.rio e a piglia.re a scappellotti quei quilttro liberali, depu– tati o no, che vi si erano recati coll'intenzione fanciul– lesca di tare un po' di baccano. Graziosa scenetta, che doveva più tardi suggerire a Francesco Crispi la leg– giadra. immagine dell'Italia che del suo territorio fa. scudo al pontefice. F; non basta. Saranno stati, a. dir molto, un migliaio i Consigli comunali che hanno discusso di prender parte, co1·pa1·e vel animo, alle reste di Roma. Ebbene in quasi tutti v'è stato un gruppo maggioro o minore di consiglieri, i quali a viso aperto hanno risposto picche, e son riusciti in parecchie città di prim'ordine a. tenero indietro Satana col solo agitare delle somme chiavi. Due o tre anni fa un bonuomo, sindaco di Rapallo, fu mandato a. spasso, perchè volle tener chiusa la ban– diera il giorno 20 settembre. Ora questa levata. di scudi dei clericali non solo è accaduta, ma è pa.rsa naturale tanto, che pochi han gridato, e fra questi pochi un deputato conosciuto piuttosto come presidente del Cir– colo enofilo italiano, il giocondo Toaldi, che ha. voluto fare qualche cos&di più che grida.re, ed h& presen– tato un disegno di legge per estendere ai consiglieri comunali e provinciali l'obbligo del giuramento. E poi si dice che non vi son più capi ameni! Questo periodo preparatorio, cioè il prologo, si chiude colla lettera del generai Cadorna. a.I sindaco di Roma, documento importante, perchè viene da colui che apri la breccia e non ne sentl rimorso, e perchè rimarrà l'espressione teorica più netta delle reste settembrine. Invano i libera.li , che sentono mancarsi il terreno sotto i piedi, si sono ingegnati di t6rre valore al documento; invano hanno detto, che il generale, se non voleva ve• nire a Roma, avrebbe ratto meglio a tacere, e invano gli hanno dato del rimbambito, non volendo o non po– tendo dargli altri attributi. No, cari signori, il generai Cadorna non è ne scimunito nè traditore; egli ha ve– duto giusto ed ha parlato schietto ed ardito. Lo stile della lettera non gli fa. onore; ma egli vi ha detto in sostanza, che a. Roma possono e debbono sta.re l'uno accanto all'altro il re d'Italia. e il sommo pontefice e che è dover nostro e interesso nostro di non distur– bare la cova. E questo stesso verranno a ripeteni col linguaggio più forte delle cose i 70 mila italiani cbe si recheranno nella capitale, non a rinnovare gli entu– siasmi ingenui di 25 anni fa, ma a dimostrarvi, che qui in Italia, nella terra che ha dato al mondo il papato e il cattolicismo, un Kullurl,ampf qualunque, come di– versivo alla miseria. delle genti e alle sciocchezze e ribalderie dello Stat(l, è semplicemente una cosa ri- dicola. . . Con tali auspict si apre il periodo delle feste. Il Oo• verno pauroso, tentennante, posto tra la. dea Ragiono di Palermo e il Dio di Napoli, non sa che volere, anzi disvuolo la sera ciò che volle la mattina. Teme il Va• ticano, che in mezzo a tanto fioccar di proteste fore– stiere o paesane gli appar ridivenuto improvvisamente gigante, e teme degli italiani, che verranno a Roma. per glorificare quella forza rivoluzionaria, che lottò lungamente contro troni ed altari e non ebbe posa se non in Campidoglio. In questo ondeggiare trepidante, il significato alt.o e solenne dello feste gli sfugge. Simile al mago, che stia evocando le potenze inrernali, esso

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