Critica Sociale - Anno V - n. 20 - 16 ottobre 1895

316 CRITICA SOCIALE dell'amo1·e del pronim-0 mediante l'esempio! Quelli che chiamano « propaganda del fatto» gli atti di violenza, dimostrano di non aver capito il signillcato dell'espres– sione. L'anarchico, che comp1·ende il proprio còmpilo, invece di uccidere una persona farà. tutto il possibile per allfrat•la alle proprie convùi;ioni e far dì essa un adepto, che continuerà. per suo conto la propaganda del fatto, mostrandosi buono e giusto con tutti. ( 1 ) Non staremo qui a domanda1•e che cosa rimane d'un anarchico che si pronunci decisamente contro gli attentati. Ma voglia il lettore considerare atten– tamente le seguenti righe: Il direttore del Sempre Avanti scrisse a Eliseo Reclus, chiedendogli la sua opinione su Ravachol. Reclus ri– spose: « lo ammiro il suo coraggio, la sua bontà di cuore, la sua grandezza d'animo, la ma.gnanimitil. con cui perdonò i suoi nemici o meglio i suoi traditori. Mi sarebbe diflìcile indicare chi lo superi in nobiltà di sentimenti. Non indagherò ora so sia sempre bene spingere agli estremi il proprio diritto, o se altre con– siderazioni, ispirate al senso dell"umanasolidarietà., non debbano avere il sopravvento. Comunque, io sono di coloro che riconoscono in Ravachol un eroe dotato di una raro. grandezza d'animo.»{') Ciò non concorda gran fatto colla dichiarazione citata più sopra e prova nel modo più evidente che il cittadino Reclus è alquanto incerto, e non sa dire egli stesso con precisione, dove finisce il suo c. compagno :t e dove comincia il bandito. La soluzione del problema è tanto più difficile in quanto che vi ha non pochi che sono al tempo stesso banditi ed anarchici. Ravachol è indubbia– mente del novero. In casa degli anal'chici Ortiz e Chiericotti arrestati a Parigi or non é molto, si trovò una enorme quantità di oggetti rubati. E non è solo in Francia che si nota questo connubio di industrie apparentemente assai diverse. Basta ri– cordai-e i ca.si di l{ammerer e di Stellmacher a Vienna. Krapotkin si affatica per darci a credere che la morale anarchista é una m01·ale senza obbligazione né sanzione sociale, una morale estranea ad ogni considerazione utilitaria, che consiste, come la morale spontanea del popolo, la « morale dell'abi– tudine>, nell'agire onestamente. (') La morale degli anarchici è quella di persone che valutano ogni azione umana dal punto di vista astratto degli illimitati diritti dell'individuo e in nome di questi diritti dichiarano incolpevoli le peg$iori violenze, il più ripugnante arbitrio. « Che importa della vittima - esclamava al banchetto della società La Piume, la sera stessa dell'attentato di Vaillant, il poeta anarchico Laurent 'l'ailhade - se il gesto è bello!• 'l'ailhade è un « decadente », che, nella sua qua– lità di eternamente annoiato, ha il coraggio della convinzione anarchica. Gli anarchici combattono la democrazia, perché secondo essi Ja democrazia non è che la tirannia della maggioran;a sulla niinoranza. La maggioranza non ha alcun diritto (') Nell'Etwtlant Soctalfde, Bruxelles, n. 6 del 189': dlchhl.ra– .tlone fAlla da Reclua a un t.a.le che lo lnterr,:,gava circa gli atter.• tali anarchici. (t) Nel Tw11mttethCentur-,J, a ralUcal Wtdtv magazln. New York, settembre 1895, pag. 15. t11 Vegganal I suoi scritti: Attat-cht•t Comm1m,.m, pag. l4-35; L'Anarchle ct<nu l'ér;olutton 11>eitalUte, pag, !4-!5; Morale ana,.._ chiste, passim. di imporre il suo volere alla minoranza. Ma, se è così, in nome di qual principio morale si ri– bellano gli anarchici alla borghesia 1 Forse perchò questa. non è minora1ua 1 O perché essa non fa quel che essa «vuole» 1 Fais ce qu.e voudras - fa quel che ti piace - proclamano gli anarchici. Alla borghesia « piace» di sfruttare il proletariato, e lo fa assai bene. Essa segue il precetto anarchico, e i compagni hanno gran torto di lagnar.sene. :Ma essi diventano più che mai ridicoli, quando la combattono in nome delle sue vittime. « Che importa della morte di una qualsiasi massa umana - prosegue il logico anarchista 'l'ailhade - se con essa si rinforza l'individuo?)) Ecco qui la vera morale dell'anar• chico, che è poi quella delle teste coronate: Sic volo, sic }ubeo !! « Così voglio e così comando! ~ C) Insomma: in nome della rivoluzione gli anarchici servono la causa della reazione; in nome della morale giustificano le azioni le più immorali; in nome della libertà individuale calpestano tutti i diritti dei loro simili. E perciò appunto la intera dotfrina anarchica si rompe Ja testa contro la sua propria logica. Quando il primo energumeno capitato può accoppare quanti uomini vuole, solo perchè ciò gli piace, ben può, a miglior titolo, una società formata da un im– menso numero di individui ricondurlo alla ragione, dacchè essa non ·10 fa per capriccio, ma per dovere, essendo ciò condizione sine qua non della sua esistenza. GIORGIO PLECIIANOW. <'l Tallhade, com'è noto, poco dopo queste sue dichìarnzioni, ru rerito dall'eaplosione del Réstaurant fl'oysot. Il dispaccio (la Trl&1me de Oendt:e, !i aprile t891) aggiunge: Tallhade non cessa di protestare contro le attribuitegli teorie ai1archlche. Quando un aasl.!1te11te gli rammento Il auo articolo e la celebre frase l!IU rammentata, egli tacque e chiese del cloralio per mitigare i suol dolori. LA MARCIA DELLE FASI La quarta''' (IL PARTITOSOCIALISTA DEI LAVORATORI). Inruria un uragano attraverso un'aiuola. di fiorii gli steli, scossi, s'infrangono; tutto è schiantato o disperso; foglie e corolle giaciono a terra lacere e poste. Una sola cosa. l'uragano prepotente non potè flagellare o annichilire, il polline, il quale, prima. della ferocia della. bufera, sull'ala d'un pronubo zefiro, corso altrove, fe– condatore di riposti pistilli, che tutti in sè raccolti at• tendevano ansiosi il soave bacio dell'amore. Cosl il polline del Partito operaio, sottratto dalle correnti invisibili del tempo allo mortifere percosse del destino, volò agli amplessi, agognati da pistilli sociali, che annidavansi nello viscere della società., aspettanti l'innesto fecondatore. E l'innesto avvenne e fecondò. Il risultato più imme– diato e più. rigoglioso di , 1 ila fu una filiazione politica, quantunque gli operai innestatori non avessero che uno. vacillante fiducia nel succo politico, che essi avevano predisposto. La vitalità della neonata. tHia.zionepolitica era, più che ad altro, dovuta a circostanze esterne agli operai e da essi indipendenti; era. dovuta all'elemento non– operaio che ricompariva. sulla scena, si allinea.va.di ( 1) Circa le prime tre fasi, veggaai erwca, t893. nn. 4, 8 e ti. (Nota della CRITICA SOC!ALt.).

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