Critica Sociale - Anno V - n. 16 - 16 agosto 1895

CRITICA SOCIALE 251 • ENGELS-MARX Non è possibile che l'amicizia di Engels con Marx formi il tema esclusivo di un al'ticolo. Questa ami– cizia non è stata un episodio, che si possa, iD qual– che modo, scindere e scerpare dall' insieme della vita dei due uomini, anzi dalle 101·0opere stesse; così come quella vita e quelle opere non si possono aveliere dal movimento generale del cinquantennio. Perciò ogni articolo, che tratta di Engels o di Marx, tratta eziandio di Engels e di Marx, di quei due che furono uno. La loro non fu collaborazione meccanica, di autori che si partiscono il lavoro, come avviene in tante pubblicazioni moderne, per le quali il senso mercantile degli editori associa e giustapon~ nomi e competenze diverse, per aggiun– gere, se non pregio organico al1'opera 1 allettamento al catalogo e alla copertina. La loro collaboraztone fu piuttosto fusione di due pensieri, di due colture, di due anime, che, spinte dalle natnrali conver– genze dell'indole, si accostano, ~i combinano e ne (anno una sola: simili a duo liane che, rampollato ~~'a~~:~t9:s~~~!!fer~i,~et~-~ ri~n = ea ~:i~~ simo stelo, mescolano le linfe fruttuose, e, quando l'una sia ferita a morte dalla scure del boscaiuolo. l'altra vi si china sopra a proteggere il legno esi• nanito, lo incorona di nuove fronde e quasi ne con– tinua la vita. Cosi fu dei due filosofl tedeschi. Entrambi erano germinati dal gagliardo pollone della filosofia hege– liana: entrambi non si 11mitavano a ripeterlo ser– vilmente, ma, trapiantandolo in altro e nuovo t01·· reno, nel terreno dei fatti sociali, ne continuavano Io sviluppo inno,·andolo; producendolo fino al punto in cui l'aumento di quantità diventa mutamento di qualità, l'estrinseco reagisce sull'intrinseco o dalla evoluzione naturale delle idee erompe la nuova specie intellettuale. In realtà essi capovolsero la Olosona di Hegel, o piuttosto, come si espresse l'un d'essi, rigirarono il mondo sovra i piedi, il mondo che nella lento dell'hegelianismo si rifrangeva ca– povolto o poggiava sulla testa. Ma questo essi fa. cevano, ciascuno dal canto suo, ancor prima che la fortuna li 1-a\T\'icinasse.F.,quando s'incontrarono, già si trovarono cognati. Carlo .Marx meravigliava che Engels fosse riescito, senza intesa nè saputa, a con– cetti e conclusioni affatto analoghi a quelli cui egli perveniva. Cosi essi non ebbero bisogno l'un dell'altro per nascere. )ra entrambi ebbero bisogno di entrambi per condurre a mi$1ior fine l'ope1·acomune. La loro amicizia non fu d1 quelle che scaturiscono ·da sen– sibilità congiunta a debolezza, dal bisogno d'un ap-– poggio, dal non poter vivere soli. Queste amicizie, mOl'bose nel fondo, pe1• quanto le~giadre e poe– tiche, hanno la 101•0soluziono logica nel suicidio dell'amico sulla tomba dell"amico premorto) somi– !!liano alla fedeltà dello schiavo che si lancia sotto 11 carro che trasporta il cadavel'e del padroue, della donna che si abbrucia volontaria .sul rogo del perduto ma1•ito. La morte di .Marx non doveva es• sere la morte di Engels, anzi era una cagione di più, per lui, di vfrere, di continuare l'amico, di conservarlo, di riprodurlo, di risuscitarlo, di farlo più ascoltato e piu gt'ande. Gli amici si saggiano nolla sventura, si rivelano nel bisogno. Or qualo, agli occhi dei superstiti, sventura più g1•ando del non essere, qual più ul'gente bisogno, per chi fo, del non morire intierot Bensi la ve1-a morte di Marx fu il giorno della mo1•te di Engels. Questo O ciò che sentono istinti– vamente le masse e perciò doppiamente lo piangono. La scure del boscaiuolo ora ha veramente atterrato la duplice liana, che al primo colpo era ferita, non morta. li binomio è infranto: le radici sono sciori• nato al sole. Ora la continuazione individuale, la sostituzione di uno stelo ad uno stelo non è pill possibile: solo l'intera foresta può coprire e rinver– dire il posto che questi due alberi spariti lasciano vacante. L'erede intellettuale dì :i.1a1·x. e di Engels non sat'fi più un uomo, nè due uomini, né una scuola, nè u11'accademia: sarà il proletariato tutto quanto; e il loro comune mausoleo sarà nella storia. Differenze troppo grandi di et..1\, di ambienti, di vita, di costume, neppur fanno possibile riaccostare l'amicizia dei due socialisti a quelle famose nella leggenda letteraria: Damone e Pitia, Oreste e Pi– lade, Eurialo e Niso, Cloridano e Medoro. In quelle la base e l'argomento dell'aITutto emno la vita e l'azione; era la lotta per l'esistenza (se è lecito adattare una formula recente a vecchi e leggen• darì modelli) che li aveva accostati e li teneva con• giunti. Ma, fra questi due mode1·ni, ciò che li lega è il pensiero. Il loro affetto non nasce dal cuore, ma da pit'1alto del cuore, dall'intelletto, e si esplica dopo che questo ha falle le sue prove e per le prove che ha fatte. Il cuore vibra poi per consenso 1 e vibra potentemente e delicatamente, come chi sa d'essere lo strumento d'un potere più alto e fecondo. Questa è veramente l'amicizia ideale moderna. Non è più la lirica, nè l'epopea, queste forme primitive, o neppure il romanzo, questo prodotto intermedio ed ibrido; è forse il dramma, ma il d1·amma mo– derno, tutto disseminato e quasi temperato di cri– tica. di questa ultima e più sottile produzione dello spirito umano adulto; la critica grande, che non distrugge, ma distrugge e ricrea, che non nega, ma nega ed afferma, che non uccide, ma suscita e vive e dà vita. Forse nella moderna lettera.tura un solo esempio offre qualche tratto comune con questo: l'affetto assai pii1 che fraterno, anzi singolare in fratelli, ~e~~~!e~=~~~nacos~J°l;1~~!!1~,q~i ~~.~~-a:c~~oinefi~~ :1~b~~i~~~u\~it~~ d~lt~n~i~n~e e~ 8 ~~~ids~~ritZv~r~~ Di l'ado l'arte leggiadra dello scl'ive1• bene si con– fuse a tanto sottile esercizio di critica quanto in costoro. E qui pure la premorte dell'uno lascia nel– l'altro un desolato stupore e poi la preoccupazione insistente, assorbente, tormentosa, commossa. di continuarlo e di rendergli onore. Ma qui finisce l'analo~ia e con essa la possibilità del raffronto. L'amicizia dei due fratelli fu, come l'arte loro, pre– ziosa, e chiusa in un cerchio di godimento estetico a due, inf1-auto il quale, parve al supe1•stite che un incanto si fosse spezzato; fu, vor1·emmo dire, un tal poco egoista, se un cosi lercio vocabolo potesse mai impiegarsi a signiflcare ciò che vive per le sorldisfazioui elevate dell'arto, ciò che può dare la innnita pietà. delle pagine, scritte con lagrime vive, dei Zengam,no. Il cuor loro, come l'ingegno 1 e,-a aristocratico 1 che vuol dire nno ed angusto: essi sdegna,·ano, che vuol dire non sentivano, le pas– sioni popolari e i movimenti di massa; la loro cri– tica s1 esercitava sulla cronaca e non iulla storia. Così la loro amicizia finiva in loro e netrarte 1 cosi come quella di Giannt e di Nello, in cui Edmondo la rispecchiò, finiva in essi e nel circo: quella dei due tedeschi usciva da loro e dai libri e dalla stessa scienza, e si espandeva, per trarne nuovi succhi, sull'umanità soffrente e lottante. Assai più di Engels potè dolersi il vedovato Goncourt, dopo la s,•entura, di sentirsi pari a un ramo spezzato; il fratello spento mancava sopratutto a lui. Nel cuore afflitto del superstite Engels, la presenza di Marx mancava sopratutto al mondo ed agli uomini.

RkJQdWJsaXNoZXIy