La Nuova Commedia Umana - anno I - n. 36 - 17 settembre 1908

7 palpitante di gloria. GlInternazionalisti l'avevano raccolta, dan- dole un nuovo indirizzo, e sognavano, con un colpo di mano, di rinnovare la società umana, modificandone i secolari istituti &lin proprietà, della famiglia, della religione e della patria. Nè bisogna dimenticare che il socialismo aveva avuto fra noi degli illustri precursori. Basti ricordare i nomi del Buonarroti, del Montanelli e di Carlo Pisacane, il quale ultimo osò scrivere: « Do- versi quasi preferire la dominazione straniera ad un'Italia libera come nazione, ma nella quale perdurassero il privilegio borghese e la soggezione economica delle classi lavoratrici!». Andrea Costa entrò giovinetto nella Internazionale e ne fu uno dei più devoti, dei più arditi, dei più attivi aftlgliati. I vecchi compagni di Romagna lo ricordano, quando, ancora studente liceale, li infiammava con la sua parola eloquente e sug- gestiva nei segreti ritrovi, dove essi convenivano per cospirare e per prepararsi alla lotta. Michele Bacunin fu entusiasta di quel giovane imberbe, ricco di fede, d'ingegno, di coltura, propagandista instancabile, orga- nizzatore paziente, che non dimenticava nulla, che ricordava tutto, audace nelle iniziative, astuto e prudente, che accettava ogni re- sponsabiltà, che non temeva pericoli, che era disposto a ogni sa- crificio. Il tentativo rivoluzionario del 1874, al quale doveva partecipare lo stesse Bacunin, fu preparato da Andrea Costa. I repubblicani, che si raccolsero allora a Villa Buffi e che vi furono tutti arrestati, oltre che sul loro contegno nelle elezioni politiche, dovevano pur deliberare quale sarebbe stato il loro at- teggiamento di fronte alla sommossa che doveva essere provocata dalla Internazionale. Il tentativo fallì, e Andrea Costa con cento altri compagni fu chiuso per quasi tre anni nelle carceri di Bologna. Ma, nonostante la lunga e dolorosa prigionia, egli non si smentì un istante; e, al processo celebre, dove a testimoniare in suo fa- vore si recò Giosuè Carducci, il quale lo chiamò lino de' suoi stu- denti prediletti, egli, al Pubblico Ministero — che aveva creduto di scherzare ironicamente sul prestigio che il Costa esercitava sui suoi correligionari — audacemente rispose: .« Io non mi sono ntai creduto, nè mi credo un grand'uomo, ma .non cambierei il mio duro sedile di acensato con la vostra poltrona di Procuratore ge- nerale Le polemiche con Alberto Mario, con Aurelio Baffi, col Campa- nella, con Brusco Omnis, diedero nel giornalismo democratico o sovversivo di quei giorni — giorni pieni di entusiasmo e di fede

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