La Nuova Commedia Umana - anno I - n. 34 - 3 settembre 1908

19 che fa un reo per difendersi, se non fanno male a nessuno, sono esenti di ogni vendetta penale. Il reo ha diritto di dir bugie; ha il diritto di giurare il falso; ha il diritto di ordire intrighi e im- brogli. Se è colpevole, e confessa il suo delitto, la giustizia può, fino a un certo punto, e in certi limiti, crederlo degno di per- dono; ma le sue reticenze e le sue menzogne sono debolezze u- mane. Sono atti non eroici: ma chi avrà il diritto d' essere ine- sorabile per quello che non è un eroe? Pure, in quelle leggi di Berlino, che sono il riflesso dei pregiu- dizii della nobiltà tedesca, si comminano pene per il falso giura- Protesta delle levatrici disaccupate. mento del teste, anche se nella sua persona esiste quella mo- struosa confusione dell' accusato e dell' accusatore, che il codice prussiano contemplava nell'Eulenburg. Quel medesimo Isenbield, che prima con tanta rabbia si era lanciato contro Harden, si accinse a disfare il proprio lavoro, e a raccogliere prove e testimonianze per mandare l'Eulenburg in rovina e farlo condannare come spergiuro. Phili scrisse all'imperatore. La sua lettera fu respinta. Guglielmo, allora, si divertiva, nel suo Achilleion, a contem- plare il mare Jonio. Riportava vittorie su Heine ; lo dichiarava poeta da strapazzo; non tedesco, non immortale; distruggeva il chiosco e la statua, che gli aveva consacrata quella dolce e buona cratura che fu l' austriaca Elisabetta. Veramente, quando Heine parla della sua liebchen parla d'una donna; invece, nella corri- spondenza del von Moltke e di Phili, discussa in tribunale, il liebchen è Guglielmo.

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