La Nuova Commedia Umana - anno I - n. 16 - 30 aprile 1908

(16) Aé4kNI,let, LkA VITA TUR130IIENTA DI IRRITVIONIDO FIENDERSON A tavola se si sbottonava per lasciar passare il pranzo piantava di peso sulla tovaglia quei suoi pugni dalle dita chc parevano tentacoli come per liberarsi un po' della forza violenta che era in lui. In quella sera in cui mangiavo l'arrosto la Pipa, contro le sue abitudini si è lasciata scappare non so bene se un sospiro o una flatata densa di rimpianto. Angelo Torriani che si era adattato alla camicia di forza di non portare a tavola il suo futuro disastro ebbe uno stralu- namento d'occhi. Con le mani puntate all'orlo della ta- vola e la movimentazione delle mascelle sospesa guar- dava la sorella con la faccia che traduceva la sua esa- sperazione. — Sai bene che mi fai male — diss'egli dopo una lunga pausa — quando -sospiri come per rim- proverarmi di averti sconsigliato il matrimonio con uno scavezzacollo che ti avrebbe mangiato anche le lenzuola. Sarei un cattivo fratello se non lo avessi fatto. Figurati — aggiungeva volgendosi a me — che se non c'ero io si sarebbe accasata con un fannullone senza mestiere. e spiantato come Giobbe. Il matrimonio non è cosa da prendersi a gabbo: Senza le mie paure non sarei caduto anch'io nello stesso, tranello? C'era una mamma che voleva darmi la sua vergine, sai una di quelle ragazze che passano, prima e dopo il matrimonio, per i letti degli altri. Io ho la coscienza di me stesso. So di essere un uomo sano e robusto, ma so anche che non sono cre- sciuto abbastanza per essere amato sinceramente da una donna dei nostri tempi. Si preferiscono le apparenze alla solidità dell'individuo. Se ti capitasse un giovanotto

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