La Nuova Commedia Umana - anno I - n. 6 - 20 febbraio 1908

19 fida! ah la triste commedia troverà nel nostro giornale critici senza paura e compiendo questo penoso dovere sappiamo di cooperare alla elevazione della patria. CORNELIO TACITO. foto di un vecchio austriaco sull'attentato contro l'imperatore Scusate se aggiungo una nota alla figura che voi avete abboz- zata con tanta documentazione occupandovi del mio Kaiser. Non vi sarà discaro prima perché siamo in piena tragedia reale, poi perché io sono uno dei pochi che sopravvivono all'avveni- mento. Nel '53 io avevo vent'anni ed ero studente in legge. Nei nostri nervi erano le ultime oscillazioni dei moti quaran- totteschi soffocati nel sangue. Noi giovani sentivamo molto rancore per il nuovo imperatore, ma eravamo austriaci. E il 6 febbraio di Milano, raccontato dai nostri giornali con pennel- late fosche e sanguigne, ci ha accomunati con le autorità poli- tiche del nostro Paese che volevano vendicare la morte dei nostri soldati stati sgozzati nelle vie di Milano. Così si diceva e noi credevamo. L'attentato contro la vita del giovine imperatore è avvenuto proprio nel momento in cui il nome di Francesco-Giuseppe incominciava a essere esecrato per le sue carneficine. L'attentato gli ha fatto da tromba. Lo ha popolarizzato. Non si sa perché i popoli davanti al sangue reale si rivoltano contro la loro opinione. Non appena si è saputo che il sarto Giovanni Libeny, di Csakvar in Ungheria, aveva tentato il 18 febbraio 1853, fra le 12 e l'una del pomeriggio, di fargli scontare con la morte le morti ch'egli aveva inflitto ai suoi compatrioti, si è levato con,i1 sentimento d'orrore per il regicida una simpatia per l'imperatore alla quale non avrebbe mai potuto aspirare in quegli anni in cui i veri patriotti portavano nel cuore il lutto nazionale. L'at- tentato è stato ingrossato da tutte le- fantasie. Francesco-Giu- seppe si sarebbe sottratto al suo uccisore dicendo alla gente. accorsa alle sue grida: — Signori, si tranquillizzino, io divido la sorte dei miei soldati a Milano. I giornali, anche quelli che avevano conservata una certa indipendenza, avevano tramutato il loro linguaggio in quello del più abbietto valletto di Corte. Parlavano dell'adorata e sacra Persona (le maiuscole sono del tempo) di Sua Maestà Imperiale, Reale ed Apostolica, dell'augustissinio imperatore Francesco-Giu- seppe I. con il miele nella voce. Chi lo chiamava il « Monarca », chi F « Eterno Nume », chi il « Sire dell'Austria », chi la « Pre- ziosa Persona » e chi l' « amatissimo Cesare». Le birbe, gli - aizzatori dei regicidii, i direttori che assolda-vano i sicarii erano Mazzini e Kossuth — « due rivoluzionari sostenuti dal braccio

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