Vi saluta la Chiesa che è in Babilonia - n. 2 - aprile 1975

biblio Israele rappresenta l'inizio della speranza. Nella Legge, come Adamo, riceye di nuovo il dialogo ed il precetto divino; nei Profeti sente vivere la Promessa; i suoi saggi indicano una Saggezza simile e diversa da quella delle nazioni. I beni offerti ad Adamo scorrono nelle pagine sacre di Israele, eco del dialogo con Dio, e costituiscono la gioia, la vita, la benedizione del popolo che comincia a gustare la salvezza nella speranza. Ma Israele è un salvatore fallito come Adamo, anch'egli vuole possedere come cosa il dono di Dio. Esso costituisce però anche la anticipazione della Vergine Madre, nella figura della sterile feconda. Dalla fede di Abramo nasce in Sara il figlio della promessa. La fede dell'uomo riscatta il dubbio della donna, così che solo ad Abramo appartiene il figlio, solo Abramo infatti lo rende figlio della promessa offrendolo in sacrificio prefigurante la Redenzione sul monte Moriah. Solo così Isacco è da Dio nella fede. Da Abramo Sara riceve il frutto della fede e la fecondità della carne. Ma tra la sterile feconda e la Vergine 1\1:adre vi è un abisso. Nella sterile feconda, l'uomo è ancora mediatore: nella Vergine Madre la fecondità è solo da Dio. Il tipo offerto da Israele è significativo, ma molto lontano ancora dalla pienezza. Quello che manca a Israele, è aggiunto dai popoli pagani, che non conoscono Dio e aggiungono a Israele solo ignoranza e quindi impotenza. La loro attesa è vuota di significato cosciente, in essi non affiora la speranza ma soltanto la nostalgia. L'universo del mito è un universo naturale, in cui l'uomo si riassorbe ripetendo i gesti della cosmogonia. Quello che il mondo pagano aggiunge è dialetticamente negativo all'immagine di Israele, sterile feconda. Toglie all'immagine l'azione dell'uomo. Il superamento può essere dato soltanto dal dono di Dio: la sterile feconda, se la negazione dialettica dell'azione umana è realizzata divinamente come un superamento, diviene la figura della Vergine Madre, in cui la conoscenza - potenza di Israele e la ignoranza - impotenza dei pagani vengono ambedue incluse e realizzate. La Vergine Madre sta innanzi a Dio in umile parità: è Dio che l'ha innal– zata al suo livello, a coprincipio della Teandria. La pietà di Israele interroga Dio o lo invoca, contiene in sé a un tempo la possibilità dell'obbedienza este– riore e quella della contestazione: i due stati successivi di Giobbe si chiudono nella adorazione, e sfociano così verso la figura conclusiva della Vergine Madre. L'adorazione è l'atteggiamento da cui nasce l'umiltà, che è una adorazione che riceve, non si inginocchia soltanto ma impara anche a guardare. Il pagano invece è nei confronti del divino solo nella forma dell'osser– vanza, del rispetto dei contorni terrestri del divino che sono le dimensioni del sacro. I pagani esprimono così l'impotenza del dialogo, mentre il dialogo di Israele si conclude nell'adorazione, cioè nel silenzio. La Vergine Madre è, invoca, l'umiltà della parificazione, che diviene, as– sieme a Dio, coprincipio della divino-umanità. Nel dialogo con l'angelo essa chiede a Dio che la verginità sia preservata nel concepimento, perché questo 6 ginobianco

RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=