Vi saluta la Chiesa che è in Babilonia - n. 1 - ottobre 1974

Lotta Continua sotto i propri colori. C'era proprio tutto nel triste spettacolo della cattolicità italiana che non sapeva né accettare per carità una situazione che le sue colpe avevano reso compromessa (i «combattenti» del '74 erano i « cedevoli » del '70, che avevano sacrificato l'indissolubilità del matrimonio al governo Colombo), né combattere una battaglia. Personalmente, avrei prefe– rito che il referendum non si facesse e che si cercasse di modificare la legge con il concorso di quelli che erano disposti a modificarla. Era sin troppo evi– dente che la Chiesa era divisa, che la D.C. era ambigua, che infine il paese non sentiva il problema. Non c'era umiliazione nel cercare un accordo come ' non c'è umiliazione nel subire una sconfitta; l'umiliazione c'è stata nel non avere avuto né il coraggio di accettare formalmente la trattativa né quello di accettare formalmente il combattimento. II politicismo ha tolto al personale ecclesiastico ( chierico e laico) il coraggio dell'umiltà e quello della fermezza. Abbiamo indicato nel comportamento della Chiesa italiana di fronte al divorzio un emblema riassuntivo dei guasti del politicismo. Li potremmo ve– dere anche più in là, nell'ambiguità sui piani dottrinale, morale, pastorale in cui versiamo. È una vera vacatio verbi, sostituita dalla retorica, dal lamen– to, e dalla soggezione ai fatti compiuti. Alternativo al politicismo, il carismatismo dei gruppi « entusiasti». Rotto il quadro troppo organizzativistico ed esteriore dell'Azione Cattolica, nulla è stato sostituito. Lo spazio è stato preso da movimenti dell'« entusiasmo», le– gati alla personalità di un animatore. Questi movimenti, di cui gli esempi mag– giori sono in Italia, il Movimento dei Focolari e Comunione e Liberazione·, ven– gono visti relativamente bene, perché non pongono problemi dottrinali. Essi servono per bilanciare i movimenti politicizzati, le versioni intracattoliche dei corpuscoli extraparlamentari. Eppure questi gruppi pongono dei problemi, i problemi che pongono i gruppi « entusiasti ». Si tratta di una sostituzione di fatto, come abbiamo detto, della dimensione ecclesiale pura (fondata sull'equi– librio e l'integrazione di grazia e natura e in una santificazione della condi– zione comune della vita) con un sperimentalismo spirituale, che «ritaglia» il gruppo dalla Chiesa totale, in modo impalpabile, ma realissimo. Ora accogliamo come una grande scoperta i pentecostali. Non si tratta di negare la legittimità dell'entusiasmo o il carisma di parlare in lingue o di interpretarle. Ma se queste esperienze cadono in un vuoto ecclesiale, allora esse non si innestano ma sostituiscono la ecclesialità autentica. Niente si può fondare sui carismi, soprattutto su quelli così voyants. La Chiesa ha avuto sempre un estremo riserbo verso gli stessi movimenti devo– zionali legati alle apparizioni (anche se questa diffidenza negli anni '60 sem– bra veramente andata troppo oltre. Garabandal ad es. chiedeva una maggiore comprensione. Vi è sempre il sospetto che sia la critica di tali messaggi verso gli orientamenti degli ecclesiastici egemoni a far guardare ad essi con tanta diffidenza). Ad ogni modo, è la Chiesa che deve giudicare le apparizioni, e tutti, veggenti e devoti, debbono alla gerarchia rigorosa obbedienza. Dunque, nulla si può fondare sui carismi. È la Chiesa che fonda, che giudica, che indica. È l'esperienza della vita di grazia nella casa del Signore, e non le sorelle chiare, i fratelli fuoco, i don tizio, i don caio di tutto il mondo, che sono i mediatori di nuovi ideali o messaggi ai cristiani. Il clima di entusiasmo ha creato il divismo spirituale, il santonismo all'interno della Chiesa. Non si bibliotecaginobianco 15

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