Acpol notizie - Anno II - n. 3 - Gennaio 1970

B1 Gli sbocchi negativi e, in definitiva, il fallimento di quella linea hanno dimostrato l'impotenza di una ipotesi riforll'.listica che si illudeva di innestare pacificamente e dall'alto (tipico il caso della nazionalizzazione del settore elettrico) elementi di controllo democratico su strutture economiche che non hanno affatto perduto il loro carattere di classe (dominato dal capitalismo monopolistico) per il fatto di divenire statali e "pubbliche". In questo senso si può dire che la contrapposizione tra "pubblico" e "privato" è stata una delle più grosse mistificazioni degli ultimi venti anni. Per superare questo che è 'Oggi il punto morto (il punto della ricaduta nella logica del sistema) della strategia della sinistra, bisogna segnare nettamente una linea di demarcazione, dicevo, che ho ritrovato assai ehiara nel tuo libro, là dove tu definisci il valore, oggi, della democrazia dal basso, delle autonomie cioè come processo di autogestione, non compatibile con la logica del sistema e destinato quindi a mettere in questione la natura del potere politico e di classe. Labor - lo credo però che l'espansione della economia pubblica, del capitalismo-di stato nel nostro paese crei alcune condizioni per un diverso modo di esercizio del potere economico. Si riteneva di ottenere una maggiore possibilità di controllo dello sviluppo dell'economia sul processo di pianificazione attraverso l'espansione del capitalismo di stato. In realtà ciò non avviene di per sè: quello che si ripropone è il problema del potere, il problema delle forze politiche traenti; chi prende le decisioni; se ie decisioni vengono prese dagli imprenditori, dai managers pubblici o privati e se noi ci rassegnamo ad un rapporto _subordinato rispetto al Ia tecnocrazia. .. Natoli - Si è avuta negli anni passati una ripetizione a metà, quindi una sostanziale deformazione di una antica tesi di Lenin, il quale vedeva nella espansione del capitalismo di stato un momento ulteriore e particolare della socializzazione del capitale, che poneva, senza mutare la natura del capitalismo, le premesse per il passaggio ad una gestione socia Iista. Ma soltanto le premesse, perchè la questione di fondo, e tu lo hai ricordato, è quella del potere, quella della introduzione in quella struttura di elementi di controllo, di autogestione collettiva, socialista, incompatibili con la logica del sistema, che anche a Iivello del capitai ismo di stato, non è altro che la logica del profitto. Labor -·µi chiedo se il fallimento della strategia delle riforme era contenuto in questa stessa strategia, nella sua impraticabilità, ovvero se esso sia stato la conseguenza del fatto che il movimento delle masse e, in primo luogo, la classe operaia non vi siano state in alcun modo direttamente impegnate. Propendo per la seconda ipotesi. Infatti, posto che in Italia non esistano le condizioni per la presa del potere e per il mutamento della classe dirigente in modo rivoluzionario, diretto, la sola strada da seguire è quella delle riforme rivoluzionarie: obiettivi di lotte sindacali, sociali, politiche, di massa, per la conquista di poteri reali nelle città e nei quartieri, nella fabbrica, nella produzione, dal contratto agli investimenti. Il punto che mi preoccupa di più è questo: l'alternativa all'economia neocapitalistica e al capitalismo di stato sovietico non sarà trovata a tavolino, ma solo attraverso un nùovo processo politico, una strategia unitaria della sinistra di classe, che indichi e avvii un nuovo processo di sviluppo e di gestione economica. A mio avviso, vi sono tre momenti inscindibili: il 6 totecaGino Banco processo unitario sindacale, il processo di ristrutturazione politica della sinistra con una unità non frontista, ma di obiettivi, di metodi, unità nella dialettica interna di un blocco articolato, non monolitico e un processo di sperimentazione di modelli alternativi all'economia del benessere. Per· esempio, le_ masse del Mezzogiorno sono mai state interessate a un modello di sviluppo alternativo a quello in atto in funzione del MEC? I lavoratori dell'automobile a livello europeo, anche quelli di Togliattigrad, possono essere interessati a processi di lotta comune su scala europea? 11 modello di sviluppo dell'economia italiana deve essere ineluttabilmente in funzione del MEC non potrebbe invece essere orientato in funzione _dei paesi del Terzo Mondo? (Pare che perfino la Fondazione Agnelli in questi giorni si ponga con serietà questo interrogativo). Insomma vi è qui un lavoro comune di ricerca, di studio, di dibattito e soprattutto di promozione di un processo di lotte politiche e sindacali che non può non aver riflesso anche nel modo di gestire l'economia del nostro paese. In definitiva, noi dobbiamo sì "snobbare" la politica delle riforme di struttura, quando essa decade sul piano del riformismo moderato che non intacca il sistema, ma dobbiamo lasciarci aperta una strada che faccia la classe operaia protagonista delle riforme di struttura, che le faccia acquisire poterireali, rompendo gli equilibri politici ed economici attuali. Il 26-27 febbraio, I'ACPOL promuove a Parigi - insieme ad Objectif 72 - un incontro sulle prospettive della strategia della sinistra in Europa; sarà un incontro fuori degli schemi socialisti, socialdemocratici, comunisti, ma al quale inviteremo tutti gli uomini della sinistra. Natoli - Per intenderci, credo che dobbiamo precisare che una strategia di riforme di struttura non può essere che una strptegia di transizione, di attacco quindi, e di trasformazione degli equilibri del potere capitalistico. Fuori da questo quadro, come è avvenuto nel nostro paese, nel distacco dal movimento delle masse, priva di obiettivi di potere, affidata ad una azione politica logorata in tentativi di mediazione a livello parlamentare, la strategia delle riforme non poteva che pervenire a mediocri e isolati approdi, perfettamente compatibili con gli equilibri del sistema. A mio avviso, la strategia delle riforme potrebbe riacquistare il suo potere dirompente nei confronti del sistema, solo se essa venisse vigorosamente innestata al livello di massa sul movimento di contestazione laddove, come abbiamo già notato, sembrano ricongiungersi rivendicazioni immediate ed obiettivi di trasformazione generale, momento politico e momento sociale ... Labor - Senza che ciò significhi credere allo spontaneismo ... Natoli - No dawero, perchè se nel corso degli ultimi due anni abbiamo assistito ad una prima, progressiva presa di coscienza, a livello di massa, della esigenza di superare. il distacco tra momento politico e momento sociale e di ristabilire una-. dialettica tra questi due momenti, è certo che ciò non potrà avvenire, come non è avvenuto finor~, a livello del movimento spontaneo. Labor - lo credo che le masse popolari acquistano pienamente coscienza della necessaria saldatura tra- il momento sociale e il momento politico, quando ad essesi pone il problema centrale della conquista dei poteri. Se si vuole però evitare lo scoglio dello spontaneismo e del pansidacalismo, allora bisogna porsi il

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