Carlo Maria Curci - Sette libere parole di un italiano sulla Italia

DELL' AUTONO!IIIA ITALIANA 43 nell'ar·dua impresa di affrancare il Lombardoveneto , avemmo tutta la colpa di una flagrante ingiustizia, tutto il ridicolo delle pretensioni le più sfog·giate, tutta la vergogna di un conato improvvido e che dovea fallire; gettammo alle desolazioni della guerra ed alle vessazioni della conquista le contrade più ricche e più prosperose della Penisola: che più? ribadimmo con nuovo e più tenace e più doloroso titolo il dominio tedesco in Halin, senza che ci potessimo onorare neppure dell'arditezza di avere osato. E di codes(a nuova piaga della patria nostra crediamo nascondersi la radice in un giusto ed onesto concello, falsato dalJa malizia di pochi, e non potuto o non voluto avvisare da1la cieca avventatezza di molti. Dalla convenienza di una indipendenza nazienale, che ogni animo generoso sente quanto sia giusta, si è saltato bruscamente a un diritto inalienabile, imprescrittibile, che nessuna giustizia non può riconoscere. Intendon tutti quale utilità, qual decoro verrebbe alle fertilissime provincie lombarde e ·venete se acquistassero padronanza di sè, constitnendosi a Stato independente: intendon tutli ]a utilità ed il decoro che ne verrebbe a tutta Italia, sine·olarmente per Io agevolar che farebbe una confederazione, nella quale non entrando l' Austria, si perderebbe d'integ-rità, entrando vi avrebbe troppo di preponderanza. Tutto questo verissimo; e non t1·overete per avventura un· Italiano,

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