Carlo Maria Curci - Sette libere parole di un italiano sulla Italia

.7 14 2 DRITTO E DOVERB cnta; mancata pe r questa ma~sima non sapre i dire se pi ù assurda o più iniqua, che i mezzi Yiolenti 11on sou del tempo, e che i fratelli non debbon fa r for za a i fr at elli. Noi ci guarde remo bene dal disappr ovaa·e an· c l!e :mcnomanumle la clemenza del nono Pio ; uoi medesimi fac emmo plauso all'amnistia, e sappi amo che i consigli non si debbono giudicare dasli eventi : q ua nto è stata più porlentosa la sconoscenza , lauto era meno possibile a prevedersi. l\1a dopo i fatti vl'ggouo auc he i ciechi, che se Gallt:tti fo sse restato in galera ove trovavasi, se Mamiaui e Sterbini fo sse ro rest ati in esilio, l'Italia avrebbe risparmia to due terzi delle sue sventure. La libe r tà di un doppi amente traditore e fellone, la· lentananza \lal!a patria di due figli snaturati non erano prezzo t roppo caro pel decoro e per Ia salute di una nazione. Noi, per manco di pratica, non sappiamo se e quauto in politica ci possano essere ingiustizie utili. Se ce ne sono, come insegna il Mach1a velli , questa del comperarsi un'aura popolare colla conui"enza alla ri volta non è certo ucl numero de lle utili . Un Goveruo che la scia opp rimere una magg ioa·anza onest a , da cui non teme, per guadagnaa·si una minol'ità scellerata che fa paura, riesce senza fallo ad esseme malade lto ed esecrato da tulti . L' abbandono della giustizia lo rende iniquo , e pe rò ragi·onevolmente _inviso ai buoni: il farsi complice della violenza pea· ambizione o paura lo cbial'iscc

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