Carlo Maria Curci - Sette libere parole di un italiano sulla Italia

128 DRITTO B DOVERE priamente questo? e come potrebbe uno Stato occupare tutte le braccia, provvedere a tutti i bisogni, se non ha la libea·a disposizione di tutte le persone e di tutte le fortune? Una Società costituita a questa maniera sarebbe egli altro che un bl'anco di pecot·c? All'aspetto di una quistione sulla vita e sulla morte della Società, fa nausea e dispetto l' intendere gli encomi della moderanza e della clemenza· verso chi c'insidia ogni bene umano e divino: fino la esistenza civile ! A sentire codesta nuova specie di pubblicisti, gli spedienti vigorosi, l'uso della forza, il ricorso alle armi debbono lasciarsi ai faziosi. Cosl quei mezzi , efficacissimi per rovesciare un Governo onesto , ci sono per nulla a rialzarlo o a rovesciarne un iniquo. Gli uomini pacifici debbono confidarsi nella giusli~ia della loro causa, nella fona morale del diritto, e soprattutto nella Provvidenza; quasi che non si fosse mai vista la giustizia oppressa ed il diritto calpesto; e quasi la Pa·ovvidenza negli aiuti che ci promette, escludendone i! nostro concorso, avesse apparecchiato un pretesto alla nostra inerzia. E son davvero quelle dottrine comodissime per la codardia che le inventa e per la demagogia che ne profitta ! ma esse hanno il piccolo inconveniente di fare di un popolo battezzato una bestia da aoma, abbandonato senza schermo a tutti gli ambiziosi che san meglio servirsene a proprio guadagno.

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