Carlo Maria Curci - Sette libere parole di un italiano sulla Italia

E DEMOCRAZIA 5 pe1• la mente e pel cuore; e niuno senza un per~ chè avverserebbe chi viene a proferirleci. Ma la storia, le rimembranze, la esperienza di calamità sostenute non si cancellano legg·ermente dalla me~ moria dei popoli. Temettero g-l' Italiani di vedere ancor questa volta la tirannide di pochi demago~ ghi prendere il luogo delr assolutismo dei nostri Principi, pel quale avevamo il lenitivo della lun~ ga abitudine , e che pm· quanto si sia detto e ca~ lunniato, niun~ crederà mai, non quei medesimi che Io predicarono, che fosse tirannide. Si trat~ tava dunque del ragionevole timore ond' era im~ pensierita la maggioranza in Italia, di vedersi cioè oppressa da un reale dispotismo demagogico a tito~ lo di essere affrancati da un imaginario o certo esagerato dispotismo monarchico. Ci stupiremo che quella maggioranza si restasse d'un passo indie~ tro, si tenesse in osservazione, non volesse stendere un dito alla partecipazione dei nuovi ordinamenti, fino a ricusarsi di dare un voto nella elezione dei rappresentanti del popolo? Calcolo, a sentir mio falsissimo, e che è riuscito proprio ai · dispotismo demagogico che si temea e si volea schivare; ma calcolo alla stess' ora naturalissimo, perchè conforme alla umana inerzia ed al riserbo esagerato della onestà, soprattutto in quelle deliberazioni che si prendono dall'individuo senza 1·iguardo alle conseguenze necessarie di quelle de. liberazioni medesime accomunate alla maggioranza. Che se questo contegno schivo e diffidente de i

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