Luigi Cortesi ... [et al.] - Il Psi e la Grande guerra

e gruppi locali (tra i quali ultimi risaltano quello ·napoletano guidato dal Bordiga per la sua elaborazione politica, e quelli di Milano e di Torino per gli stretti rapporti con le masse operaie di fabbrica): ma mantiene una formale ed illusoria unità che solo tra il 1920 e il '21, in ritardo sulla spinta della b~se, sarebbe stata rotta. La sempre robusta presenza della « pianta » riformista del partito, teorizzata come necessaria, lega il Segretariato politico ad una posizione mediana che sarà la matrice del centrismo filoriformista e sopravviverà anche al periodo Lazzari. Ma la linea del Turati e della maggioranza del GPS non è favorita solo dalla sconfitta dell' antinterventismo popolare, e dall'unitarismo ideologico dei compagni-avversari di partito. Essa ha trovato e più ancora troverà negli anni seguenti nuova forza nella riconciliazione piena con il mondo nazionale, nella quale è giunta a compimento una lnuga parabola cominciata negli anni della revisione del marxismo: essa procede ormai ~ella stessa direzione della corrente storica borghese che va ritrovando la propria unità e la coerenza col suo passato nella guerra e ne traveste l'essenza imperialistica con un ritorno alle origini risorgimentali. È da questo punto di vista di riconciliazione con la storia nazionale borghese, nella quale i riformisti vogliono convogliare, come elemento non piu eversivo ma interno e positivo, il movimento operaio, che vanno considerati i due aspetti dell'attività del Turati, del Treves, del Prampolini e di altri leaders riformisti nel 1915-'18: da un lato le concessioni formali al pacifismo popolare, all'avversione delle classi subalterne alla guerra,_dall'altro la· collaborazione dapprima segreta e poi palese con i govèrni nazionali per la vittoria. Già a guerra incipiente si sviluppano i due aspetti dell'attività dei riformisti. Il 20 maggio il Turati, in nome del GPS, si pronunciò alla Camera contro i crediti militari; subito dopo la dichiarazione di guerra egli si recò dal Salandra a proporgli un « piano » di « dignitosa collaborazione » per il successo italiano: i riformisti avrebbero lavorato per la« nuova ~ecessaria orientazione » delle masse socialiste, per , « disasprire » la classe operaia e il PSI, ma chiedevano una certa tolleranza della censura per poter svolgere in libertà il loro compito. L'offerta di « rallier lè masse alla -causa nazionale » e di trasformare il conflitto in guerra popolate fu verbalmente accettata dal Salandra, il quale però lasciò cadere in seguito l'accordo per il timore di valorizzare ai propri danni forze democratiche filo-giolittiane. Ma il « piaXVIII BibliotecaGino Bianco

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