Luigi Cortesi ... [et al.] - Il Psi e la Grande guerra

« [ ... ] La pienezza del concetto sindacalista si realizzerà soltanto allorché la classe operaia sarà cosi largamente organizzata ed avrà raggiunto un tale grado di consapevolezza morale e di capacità tecnica da potersi sostituire con vantaggio alla borghesia nella gestione del patrimonio sociale. Ciò non può avvenire di colpo ma necessariamente per gradi. Se anche sarà fatale che le ultime resistenze borghesi debbano ssere superate con un atto rivoluzionario, lo sciopero generale espropriatore, pare evidente che tale atto avrà la sua efficienza solo quando il proletariato sia giunto alla maturità necessaria. Ma ,se possiamo riconoscere che né oggi né in un domani prossimo, qualora la rivoluzione federalista non ritardi troppo, il proletariato risulterà cosi maturo da avere diritto alla assoluta pienezza del suo imperio non è men vero che tale maturità né gli può essere data per mezzo di provvedimenti legislativi, né può essergli, come che sia, riconosciuta da un governo ». La rivoluzione ·sindacalista appariva,. quindi, una conquista possibile al proletariato, ma solo dopo una lenta maturazione e soJo se preceduta e preparata da quella politica. « Noi dunque non dobbiamo chiedere o sperare che una rivoluzione federalista aumenti il valore reale del sindacato operaio conferendogli attributi ch'esso non ha saputo conseguire con la sua azione diretta. Ciò sarebbe artificioso, quindi socialmente amorale ed economicamente ingiusto, come ogni forma di protezionismo. Quello che dobbiamo chiedere -e sperare dalla rivoluzione federalista è che il valore «esistente» del sindacato operaio venga riconosciuto senza menomazioni; e che essa crei un ambiente politico in cui l'ulteriore sviluppo integrale del sindacato operaio abbia i minori impedimenti possibili, di modo che possa man mano allargare le sue attribuzioni in ragione della sua capacità risultante dai fatti». Il ,sindacato doveva organizzare il proletariato affinché partecipasse nella maniera piu vasta alla rivoluzione. Cosi soltanto esso avrebbe avuto un valido riconoscimento della rivoluzione stessa e ottenuto, nella misura della sua partecipazione, e condizioni di maggiore libertà per il suo sviluppo integrale. « [ ... ] Perciò noi crediamo necessario ed utile che l'organizzazione non si disinteressi del fatto rivoluzionario che si sta maturando, e vogliamo nell'interesse del proletariato, che risulti da quel fatto la maggiore diminuzione possibile dello stato». Ponendo quindi come meta un cambiamento delle strutture politiche era possibile la collaborazione fra e di tutti i rivoluzionari. Dei repubblicani, perché vedevano riconosciuta la innegabile superiorità della forma politica per cui si erano battuti, dei socialisti che nel « Comune, reso capace di diventare l'amministratore del bene collettivo, e nella repubblica, divenuta una libera federazione di comuni, devono riconoscere la possibilità di integrare i loro ideali comunisti senza cadere nella statolatria », degli anarchici che nella diminuzione del potere statale vedevano il realizzarsi di una maggiore libertà da essi giustamente concepita come la meta ideale dell'umanità, e infine dei sindacalisti che riscontravano l'eliminazione di molti. impedimenti che ostacolavano il libero sviluppo del sindacato operaio. Per De Ambris, dunque, la « settimana rossa» ha indicato realmente come tutti i rivoluzionari fossero disposti a combattere un'unica lotta, contro gli stessi nemici: il capitalismo e lo stato. « L'esperienza dimostra, conclude De Ambris, èhe fra i rivoluzionari sinceri qualunq~e sia la r 76 BibliotecaGino Bianco

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