Francesco Domenico Guerrazzi - La torre di Nonza

LA TORRE Dl NONZA 67 Seduto che fui a mensa, ed invitato a fare lo stesso il vecchio, egli t•ieusò partecipare alla cena pet· due ragioni, ch' io non potei astenem1i di trovare buone, e la pl'ima fu, nella sobrietà stare riposta la salute del v~cchio; la seconda , che avendo a discorr·et·e non avrebbe potuto al punto stesso mangiare : bagnò, unicamente, come disse, le parole bevendo mezzo un bicchiere di certo vino prelibato cui chiamano raspo , cosa che non gli accadeva di frequente, essendo colù come altrove, comparsa la crittogama a crescere il fa· scio delle miserie umane. Bevuto il vino e' si asciugò col tovagliolo di Adamo, io voglio dire il dorso della mano, dipoi intendendo a me, che pure col volto gli ordinava: incomincia, egli prese a favellare quasi in pretto toscano : = Perchè il pr·ete Agostino da Silvareccia avesse nome Settembrino io non vi so contare; di membra em scarso, c nella vita minuto più di una zitella di sedici anni, e non pertanto fatto di verghe di acciaio ; gli luccicavano gli occhi vet·di mare lampanti come quelli del gaUo; nè in questo solo si rassomigliava a cotesto animale, che del color·e del gatto soriano aveva i capelli mescolati di bianco e di nero , e come lui spiccava salti mm·avigliosi; t·iarsa dal sole la pelle ulivigna, le sopracciglia it·te peggio che le setole del cignale: dormiva poco, mangiava meno. parlava rado, dal naso al mento pnreva fallo di un pezzo, che usava ripiegat·e le labbm dentro la bocca, c la bocca teneva stretta più della morsa: figuratevi questa noce per traverso (e.pt·ese la noce del piatto e me la pose dinanzi agli occhi) mirate il colore, le rughe, la commettitura dei gusci, tale e quale -la pat'te della facc.ia di prete SeUembrino dal naso i11 giù.

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