Francesco Domenico Guerrazzi - Beatrice Cenci

CAP. IV. - LA TENTAZIONE — E non sono uso a fare 'del bene io? Ed anche adesso non ti benefico? Non aggiungere la ingratitudine agli altri tuoi peccati, perchè egli è quello che più dispiaccia all' angiolo custode. — Domani notte... — Non posso servirvi: sono impegnato col signor Duca... non rammentate? — Farò le tue scuse... — Abbiate pazienza ; l' onore del mestiere non permette che io manchi. . — Procurerò che egli ti dia licenza di propria bocca... — Oh! allora va bene. — Domani notte, dunque, t' introdurrai come potrai nella bottega del falegname. Prendi gli arnesi e i legni che troverai là dentro, ed alzane una catasta: poi mettivi sotto i fuochi lavorati, eh' io ti apparecchierò; e verrai per essi domani dopo l' Ave Maria, presentandoti alla porta del chiasso: accendili, e vientene via dopo aver chiuso di nuovo la porta della bottega. Avrai per questa opera pia cento ducati. Servi fedelmente, chè in breve intendo farti ricco. In vero, dove potrei impiegare il mio danaro meglio che con te? — E tu devi convenirne 'meco. Allontanati per la via del giardino, e procura che nessuno ti veda all' andare, nè al tornare. Olimpio obbediva. Francesco Cènci rimasto solo, forte si stropicciava le mani in segno di profonda soddisfazione, e con parole rotte favellava: - Stamane fu pasqua. Questo si chiama vivere davvero! Un parricidio tramato, un ratto ammannito, un furto ed uno incendio apparecchiati; poi i traditori traditi, e per giunta fatto cascare un santo. Finchè io sto in questo mondo il diavolo può andarsene in villeggiatura. Io sono il rovescio di Tito: costui gemeva se passava il giorno senza fare qualche bene; io arrovello se non ho commesso una ventina di mali. Tito! Cerretano di umanità, gesuita del paganesimo! Giu- dea lo dica, e lo incendio spento dalP onda del sangue umano; e la moltitudine dei crocifissi, per cui mancava il terreno alle

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