Francesco Domenico Guerrazzi - Beatrice Cenci

306 BEATRICE CÈNCI che mi sbrighi del segretario. Ora vuolsi sapere come, tornato a casa, egli dicesse al figliuolo, che gli andava incontro tutto festoso: « Figliuolo mio, facciamo le nostre valigie e ritorniamo in Ispagna, perchè qui in Napoli l'aria non tira più buona per noi ». Signore! rispoSe il figliuolo, che cosa vi è mai accaduto di nuovo? Avreste per avventura mancato di rispetto alla nostra santa religione? « Peggio, figliuolo mio, peggio ». Avreste, 'ohimè! ucciso in duello qualche gentiluomo di corte? e Peggio ». per sorte, avreste ardito inalzare i vostri affetti fino alla Serenissima Viceregina? a Peggio ancora ». Voi mi spaventate; ma clic, •dunque? « Ho 'sorpreso il potentissimo Duca di Ossuna sciupando il tempo a insegnare parole oscene al suo pappagallo ». misericordia! è finita per noi. — Adesso torniamo al Vicario. Egli giunse ansante, bagnato di sudore alla vicarìa: si 'pose a •sedere con il Cotlaterale al fianco, nOtari, e copisti; fece rientrare sbirri, Valletti, carnefice, e vittima, che fu portata a braccia col capo spenzoloni giù come ubbriaco. Il Vicario levò le ciglia in su, e quando li vide tutti attenti passeggiò i suoi sguardi allo interno nella miseria del suo orgóglio, poi ruppe il suggello e si pose a leggere. — Come? Come? qual tradimento si è questo? -- Che , avvenne? Che fu? Che cosa è stato? - si udiva a coro replicare dintorno. — Sono tradito peggio di Cristo; - e piangendo si coperse gli occhi con le mani. Il Collaterale, che gli stava al fianco Come lo jakal alla jena, gittò lo sguardo obliquo su le carte; t, vedendovi scritto il suo nome, con un baleno di malignità indovinò il mistero: onde in un punto, postergato ogni rispetto, allungò le mani bramose; ed arraffando le carte si accinse a leggerle, `rovesciato il capo su la 'spalliera del seggiolone. Nel conoscere ch' era stato promosso alla carica di Vicario in luogo di don Gennaro Boccale fu per ispiccare un salto, prorompere 'in pazze risa, battere palma a palma, fare cose insomma da spiritato; ma si contenne, e, col collo torto più lòiolescamente che potè, con un l'isolino sbpra le labbra sottile quanto il filo del rasoio gli favellò : • — Avvocato Boccale (di secco in piano gli toglieva il titolo di Vicario) credete che mi sento proprio trafiggere il cuore per la Vostra disgrazia; molto più che, dentro domani, avrei a pregarvi di lasciarmi sgombra la casa... — Ed io credo che non vi devo credere nulla, signor Collaterale. Intanto io me ne vado per le scale: badate che voi, don Ciacchero, non abbiate un giorno a uscirne dalla finestra. - E

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