Francesco Domenico Guerrazzi - Beatrice Cenci

392 BEATRICE CÈNCI ' guzia del motto. Il Vicerè b1andito, pèendendo 'una penna stava per firmare senz' altro la proposta del vicario; ma si fermò: — Per Santo Yago! ella è cosa da nulla firmare una sentenza di morte? Tra firmarla, e patirla una tal quale differenza ha da essere. - Passare di un tratto da un mondo doye risplende così luminoso il raggio del sole, ad un altro dove la cosa più chiara, che io possa comprendere, è un buio eterno... parmi un brutto passagsio in 'Verità. - E qùi intingeva la penna nello inchiostro.- Comprendo eziandio, aggiungeva-, ,che deve riuscire più facile levare l' ancora da questa vita in un domo di gennaio a Stokolrna,'clie a Napoli in un giorno di aprile. - Alzatosi si approssimava al balcone, e, muovendo discorso al cielo, continuava: - Occhio. del Cielo, perché apparisci sì bello ai nostri occhi, se poi dobbiamo così presto lasciarti? Il tuo raggio divino dovrebbe illuminare cose degne della sua divinità. La .notte dovrebbe vedere i supplizii delle colpe che si commettono nel guo grembo, ed io non so con quale senno o giustizia il giorno ha da contristargi col castigo del delitto, eh' egli non ha illuminato; l' uno e l' altro rimangano al buio... Questi pensieri uscivano, lambiccati dal cervello.del Duca; imperciocchè non gli partissero mica dal 'cuore, ma gli ostentasse, quasi per far dimenticare al cortigiano la parola turpe con la quale in bocca lo aveva sorpreso educante il pappagallo: cotesti pensieri tenevano officio d'incenso bruciato intorno ai cataletti per vincere l' odore del morto. Avrebbe piuttosto desiderato sfogarsi a danno di qualcheduno, ma .1a fortuna non gli presentava l'orecchio. Intanto il pappagallo, per aumentargli la confusione-e il maltalento, ripetè con voce sonora la oscenità imparata; e parve che di lui si prendesse a dileggio e della sua mentita filosofia. Allora si pose in fretta nuovamente a sedere, e per liberarsi dal testimone importuno si accinse a firmare. — Che se il ribaldo merita commiato... via... lanciamolo nella eternità. — Ma il pappagallo, o percosso dalla nuovità dell'oggetto, o cruccioso per non vedersi più vezzeggiare, .con una beccata trasse la penna .di mano al Vicerè. Montezuma non vuole che muoia... o piuttosto Montezuma rimprovera il Viceré di firmare proposte di morte senza pure esaminare le carte del processo. Il pappagallo ha ragione; il Viceré torto. Grazie allo avvertimento, Montezuma. Se io fossi re, forse, chi sa? in premio dei lunghi ed onorati servigi, potrebbe darsi che un giorno tut ti trovassi premiato con una immagine di bestia come te, o di santo, e non posso dire come

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