Francesco Domenico Guerrazzi - Beatrice Cenci

CAP. XVI. - IL MEMORIALE 267 persistereste a rendermi la femmina più desolata del mondo macchinando togliermi il padre... — Dite un carnefice... — Mio padre... però che da lui ebbi la vita, o per lui senta, e per lui spiri... — Vi diè la vita per contaminarvela, e per togliervela. — E sia così; ma se egli dimentica le parti di padre, dovrò io obliare quelle di figlia? — No; dunque ognuno la sua parte: a me spetta quella di vendicatore. - Cessate... vi ripeto, Signora.., voi vi affaticate invano; voi potreste trasportare più prestamente con le vostre mani gli obelischi di Papa Sisto fuori di Roma, che rimuovere me dal mio proponimento. — Di voi non sono signora, di me sì. - Nè io ve lo contrasto... — Guardate, chè io mi dispongo ad avvertire il Conte ond' egli stia su lo avvisato. — Avvertitelo. Non sarò io la volpe, che insidia la galli- na: - prima di rovinargli addosso io ruggirò, perchè senta che il leone si accosta. — Ma s' egli uccidesse voi? — Ho sentito raccontare che, antigamente , nei giudizii di Dio era tratta una bara sola; uno dei due combattenti la doveva empire. Se la Provvidenza giudica delle cose umane, vi pare che debba essere io quegli che la riempirà? Poche più ore mi avanzano a starmi qui in casa vostra: - avete nulla a raccomandarmi, signora Beatrice? Io per me niente sono; una moneta di rame; pure, se data di buon cuore al poverello, frutta una di quelle preghiere che fanne, proprio diritta la via del paradiso. — E notate ancora, che io vi attraverserò con ogni mia possa. — Voi? — Anche la formica salvò il colombo pungendo il piede allo arciere. - Ed ora che vi ho detto tutto questo, non vi sentite sdegnato meco, Marzio? — Niente affatto. Non ve lo espressi pur dianzi? Ogni uomo è forza che fili la stoppa che gli pose in mano il de-,

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