Francesco Domenico Guerrazzi - Beatrice Cenci

248 BEATRICE CÙNCI — Orribile! Far morire un cristiano di fame, e senza sacramenti! L' anima di cotesto scellerato è come l' inferno, di cui non si trova mai il fondo. 'Olimpio, per ora non posso aiutarti: abbi pazienza , presto tornerò per te; adesso mi manca la chiave. -- E voi chi siete? — Sono Marzio. — Tu sei venuto a godere della mia agonia? — lo non ho mai tradito nessuno sta' di buon animo. . . addio. — Una volta fra noi non ci tradivamo. Aspetterò... spererò... .soffrirò in silenzio; ma deh! Marzio, torna presto se vuoi trovarmi vivo.., ho fame... ho freddo... la sete mi consuma. Il sangue acceso dalla ira, e _il moto violento avevano gon- fiato Conte .Cènci la gamba offesa per modo, che non poteva muoversi da giacere. Aveva chiuso gli occhi a torbido sonno; quando si svegliò si provava 'ad alzarsi, ma la doglia acerbissima non glielo- concesse. Digrignava i denti per rabbia, e fra le bestemmie esclamava: e mi bisognerà fidarmi di cotesto traditore! Allora chiamò Marzio, e questi accorse pronto e taciturno. -2- Marzio, vedi se di te mi fido; prendi la chiave del car- cere di Beatrice, e portale pane e acqua... — Altro? _ — No... Marzio, mettiti -addosso qualche santa medaglia per cacciare via gli spiriti, se mai ti apparissero. Dove qualche voce ti giungesse all' orecchio, non la badare; coteste sono illusioni del demonio: soprattutto scansa i sotterranei a mano manca... lì moriva di fame il nemico di mio nonno... — Eccellenza, perchè non andiàmo insieme? — Non vedi, morte di Dio! che non posso muovermi?. — Se vostra figlia fosse ferita l' ho da medicare? — No. Ma la credi ferita? — Mi sembra, e la sua bellezza potrebbe rimanerne guasta. — Io non voglio, per ora, che perda la sua bellezza; più

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