Francesco Domenico Guerrazzi - Beatrice Cenci

CAPITOLO XIII. IL TRADIMENTO. Poiéhè si vide il traditore uscire Quel che avea prima immaginato invano), O da se tono, o di farlo morire Nuovo argomento immaginosi, e strano. ARIOSTO, Orlando Furioso. La notte era alta, e don Francesco Cènci se ne stava ridotto nel suo studio, leggendo con molta attenzione il libro di Aristotele intorno alla natura degli Animali; e ad ora ad ora si soffermava meditando, ò notando sopra i margini con minutissima scrittura le riflessioni, che gli si affacciavano allo spirito. Ad un tratto batterono ,le due dopo la mezza notte: lo squillo percosse, P aria • acuto come una domanda superba. Pareva che interrogasse: « chi adisce vegliare in questo tempo di morte? » • — Veglio io, rispose don Francesco, ma senza pro, I misteri della natùra si tentanò itavano. - Gira, rigira io te lo do per giunta, se riesci a ritrovare la porta donde sei en-, trato. - Chi inventò a distinguere il tempo, che fugge in ore, in minuti e in secondi, io per -me tengo che fosse uno dei peggiori tristi che mai abbiano vissuto nel mondo. Capisco -ancora io che, viaggiando .per. Roma o per Napoli, P uomo possa mettere il capo fuori della carrozza onde procurarsi il piacere di leggere sopra le 'colonne migliarie.di quanto spazio ha accorciato . il termine del gio viaggio; ma quando la città o cui ci aVIICIDià1IIÒ è Necropoli, il Campo-santo , oh! allora

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