Francesco Domenico Guerrazzi - Beatrice Cenci

CAP. X. - IL CONVITO 167 la restituisca dicendo: « Badate, v'è caduta un' amara rimembranza dal cuore; rimettetela al suo posto ». E poi a veruno è lecito maravigliarsi di ciò, meno che a Monsignore, il quale nelle cose divine è quella cima di uomo che noi tutti sappiamo. Infatti non ho io imitato re David ? Voi vedete, che io tolgo i miei esempi da buona famiglia; come lui, morto il figliuolo, ho esclamato « Digiunai, e piansi finchè Visse)) pensando: forse chi sa non me lo renda il Signore! Ora poichè è morto, perchè digiunerei io? Forse potrò revocarlo indietro? Io andrò sempre più verso di lui; ma egli non verrà più verso di me.... (4) La pelle di Beatrice a cotesta tremenda ipocrisia fremè di un brivido doloroso. — Ma dunque, via, gridarono a coro tutti i convitati: toglieteci dall' ansietà. Ci tarda entrare a parte della vostra allegrezza con conoscenza intera. — Nobili amici! Se voi aveste detto ci tarda soddisfare questa nostra curiosità, che ci arrovella, voi avreste favellato certamente più credibile, forse più sincero. - Comunque sia, voi vi affaticate invano; chè io non intendo guastare la mia buona notizia sopra corpi digiuni. Mai no; Iddio manda le rugiade a mattino e a sera sopra i calici dei fiori disposti a raccoglierle, non già a mezzogiorno sopra pietre riarse. Preparatevi prima co' doni di Cereré e di Bacco, come direbbe un poeta laureato, e poi udirete il mio annunzio, l' evangelo secundum Comitem Franciscum Cincium. A mensa, dunque; nobili amici, a mensa. — Signora Lucrezia, sussurrò Beatrice nell' orecchio alla matrigna, - oh qualche terribile infortunio ci pende sopra la testa! - I suoi sguardi non ischizzarono mai tanta malignità quanto oggi. Egli rideva come la faina, quando ha cacciato i denti nella gola del coniglio per succhiargli il sangue. — Dio mi perdoni; non so neppure io da che cosa provenga, ma le gambe tremano anche a me. — Chi vi ha detto, signora madre, che mi tremino le gam- be? A me le gambe non tremano, nè l'anima. — E sedettero a mensa: il Conte Cènci a capo della tavola,

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