Francesco Domenico Guerrazzi - Beatrice Cenci

14 BEATRICE MCI davanti al prete; e, fatto arco della persona verso il gen- tiluomo, con vocè ossequiosissima rispose: — Eccellenza! — Avrebbe il nobil Conte per avventura mal dormito sta- notte? — Non lo so — ma non credo. Gli furono portate parecchie lettere sul fare del giorno, massime di Spagna e del Re- gno: potrebbe darsi, ma non lo, so, che adesso stesse attorno a riscontrarle. In questo punto un latrato infernale intronò le orecchie degli astanti: poco dopo si aprono con impeto furiosissimo le imposte della stanza del Conte, e ne prorompe fuori un mastino di enorme grandezza tra spaventato e inferocito. Il Villano, giacente accanto la porta, in meno che si dice amen è balzato su ritto; e, sviluppatosi dal tabarro, dà di mano a un pugnale largo, e lungo bene due palmi, atteggiandosi a difesa. La giovane madre si strinse il figlio al seno, cuoprendolo con ambe le braccia. Il padre si parò dinanzi al figlio e alla sposa; schérmendoli col proprio corpo. I gentiluomini si scansarono com fretta decente, come chi non vuole a un punto incontrare il pericolo, e non mostrar paura. Il curato poi si mise a fuggire. Il cane, seguendo suo istinto, si avventa contro il fuggitivo, lo azzanna per gli svolazzi della tonaca, e gliene strappa un lembo i e gli faceva peggio, se due staffieri correndo non Io avessero' trattenuto a gran pena afferrandolo pel collare. 11 breviario era rotolato per terra. Il povero prete traeva dolorosi guai; e, stretto dalla medesima smania che spingeva lo ebreo Sylock a gridare « la mia figlia! i miei danari! » , esclamava: — La mia tonaca! il mio breviario! — Il cane infellonito abbaiava più forte che mai. Sopra la soglia apparve un vecchio. Questo vecchio' era Francesco Cènci. Francesco Cènci, sangue latino dell' antichissima' famiglia Cincia, annoverava fra i suoi 'antenati il pontefice Giovanni X, quel sì famoso drudo della bella Teodora, la quale per virtù

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