Via Consolare - anno I - n. 9 - agosto 1940

rale e ne determina i limiti e ne presagisce gli sviluppi, Ra vegn.ani ha la mano particola11mente felice e conosce la via per giungere al giudizio perentorio e definitivo. Vedete, per esempio, come già 111el 1930 egli punt-asse .per una rivalutaZione serena del D'Annunzio •maggiore• sulle Faville e sulla Leda, per giungere sino al Nott1irno (il che ora viene fatto con clamore di novità da molti giovani dell'ultimo bando) ; e vedete ancora come egli, dieci anni or sono, avesse limitato l'estrosa fantasia di Comisso a!dJ una felicità impressionistica d'annotazioni, diffidando sulle possibilità che la • cronaca> comissiana pot,sse farsi storia, -l'impressione mutarsi in romanzo (e illl questo senso il falJimento del recente romanzo d! Comisso: « I due compa,gm • ~ il successivo ritorno con • L'italiano errante per l'Italia• alla narrazione breve, confe,rmano chiaramente la giustezza delle osservazioni di Raveg,nani); e vedete infine con quanta chiareziia venisse precisata l'origine dolorosamente inquieta della poesia di Mon'.ale, la sua essenzialità aspra e penosa. Da notare, per concludere, che i nomi al qu1lll!Ravegnani faceva risalire, or è un decennio, il meglio della nostra nuova letteratura, sono ancor oggi fra i più validi: dico di Angioletti e di Llnatl, che ci hanno anche recentemente donato pagine bellissime di prosa aerata e leggera, di 0all11))Q.Ilad,ivenuto U vessi!, lifero di tutta la poesia giovane, di Bacchelli e di Cecchi, di Saba e di Titta Rosa. V'è in questa puntuale corrispondenz,a del fatti letterari con le più remote premesse della critica di Ra.vegnani il segno di una singolare felicità di intuizione e di u,na capacità non comune di cogliere con esatteziia il vero timbro delle voci poetiche. Che è poi ia prova più sicura delle disposizioni critiche di un -temperamento. "" FURORC ,,,, T,ra la merce varia e molteplice - c'è da trovarvi dal fazzoletti di cotone al fagioli da semina, ai dischi vecchi, come sulla bancarella del rivenditore che gira nei paesi di montagna - che l'editore Valentino Bompiani mette fuori, ormai da vari ailll1etti anche lui, è uscito quest'anno un romanzo che merita di non essere passato sottogamba. Si tratta dell'opera più impegnativa di John Steinbeck, uno scrittore nordamericano già famoso a.i suo paese per due romanzi d'ambiente paesano: « Uomini e Topi•• tragico e quasi pirandelliano, e « Pian deUa Tortilla>, colorist.dco e pessimista. La nuova fatica - ed è veramente una bella e nobhle fatica condurre a termine un romanzo del respiro di « Furore> - ci fa rivivere - è il vero caso di dirlo - l'epopea dolorosa di una famiglia di contadini dell'Oklahoma. sloggiata dalla propria te11ra dalla razionalizzazione dell'agricoltura e sca:r,a,vent.ata, assieme a centomila altre famiglie, nelle opime ma infide vallate californiane, ove dagli uomini al temporali, alle be, stie, tu.tto sembra congiurare conVIA CONSOLARE ,Fondazione Ruffilli- Forlì di GASTONE CANESSA tro l poveri emigra ti e volere ad ogni costo la loro fine. I Joad, nè Tom, nè la mamma, che pur predomina con la sua saggezza e dedizione, nè il babbo, nè Al, nè Rosatè, Connie o Casy, « i Joad •• l'intera comunità cioè, sono i veri protagonisti di questo romanzo, La cui ossatura è tanto vigorosa, quanto in$olitamerute vigorosa. L'arte di far parlare pochi fatti scheletrici, i fatti di pochi indivldUi per mettere in evidenza tutta una tragedia sociale, ver tutto ,un popolo di sofferenti e di derelitti, trova in «Furore> 11 suo caso più specifico. Ecco perché non esitiamo ad 8/ffermare che Steinbeck è riuscito con esso a situarsi tra i più grandi 111arratori 'di tutto li mondo e di ituttd i tempi: perchè «Furore• è un romanzo che testimonia di tutto un popolo in un' epoca delle più critiche che 1a storia abbia viste per i complessi proletari dell'umanità. Quelle doti di colorista, di lirico paesaggista o di ,troppo spieta,1,Qsturatore di umane piaghe, che già erano risultate evidenti negli ultimi altri due lavori, in « Furore • trovano tutta la loro adeguata e massima funzione: perché ,tutte vengono asservite ad un solo probiema che è finalmen- ,te e coraggiosamente illimitato, universale, perennemente urgente per chi è al moil'do e specie per chi è indigente: la lotta per la vita. E « Furore • è un romanzo che fa bene, che, raccontando e denudando. lamentando, edifica, nel senso cris~iano della parola; costruisce. Si potrebbe rimproverare all'educa;t-Orela crudezza e la spudora- .ezza di certe frasi, non sempre indispensabili, di certe sLtuazioni. Forse Steinbeck se ne compiace ta101a. Ma li più delie volte ti accor,gi che son pennellate necessarie all'insieme, che fanno parte del quadro d'assieme, intenso, profondo, vivissimo, appunto anche per quei tocchi gettabi là senza ritegno nè ri.>.petto umano, nè misericordia. Eppoi non va dimenticato che chi scrive è di quelle parti. E là, la vita si svolge cosi, primitiva, rude, libera negli istinti. E con tutto ciò quale semplicità e quale umaino candore non riscontri alosa in quelle scene patriarcali della famiglia riuni,ta la notte a deliberare, della mamma che prende con energia -le redi!Ill, quando nessuno le sa più tenere, e a cui tutti, anche il babbo, sentono di dover obbedieniia; infine dei sacrifici che i profughi sono disposti a compiere l'u.n per l'altro, in nome della disgrazia che li affratella, anche se mal incontratisi prima d'allora, con una generosità che, in questi americani dalla vita materialistica, .troppo pratici quindi e troppo egoisti, non avresti sospettato. Insomma, il rom=o è realistico, e quindi tanto più lo è dal lato del maile - è facile comprenderlo, se si pensa alla levatura morale di questi americani, ma di un realismo che, - strano caso, dacchè reali.smo è stato detto quello di un Hugo e di uno Zola, di un D'Annunzio e di un Pirandello - che onon accascia, che non sconforta soltanto, ma se talora - e ripeto, non si poteva esi, gere altrimenti - arriva a farlo, più spesso e più incisivamente incita a con.tinuare a lottare, a continuare ad amare, e ad amarci, a correre a tutti i più immaginabili ripari, a continuare a sperare. La vetta, l'autore non ce la fà raggiungere nel romanzo, ce la 1'1.scia Intrave'Clere, ma in un mOdo cosi bello e cosi indovinato, cosi pieno, che dico,. talmente unico che stolto e disgraziato sarebbe chi alla fine volesse ancora concludere negativamente. E il latte d~lla sposa aborZiente 9

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