Via Consolare - anno I - n. 9 - agosto 1940

Spedizione In AbbonamentPoostille ANNOI - Nel sangue italiano non vi sono tare barbariche Cabrata : I soli Pietro e Paolo Quinto Ghcrmancli Novecento letterario «Furore• Puntesecche Falò L•ecooomia Mondo cl' oggi: Moda femminile Mortaretto Paolo Cuùloui· Atl10s Carrara Luciano de Rosa Umherro 1Jla11.ifi11i Lanfranco C«recti Gastone Canes.ra Biagio Dradi Vittorio Bouicelli Guido Ari.storco Rino Vicentino lValter Ro11cl1i Flora Antoniani Antonio Strino Gianni Guizzarrli Mario Cù:og11ani l'omino dei funr/1i )1. ~ è d.e.d.ic,,.ti, o.il.a p~ di. ~ d.Jb scuitoM. ~ AGOSTO X VIII Fondazione Ruffilli - Forlì - NUM.9

Fondazione Ruffilli - Forlì

Anno I AGOSTO Num. 9 M. E M S I L E D I P O L I T I C À E D' A R T E D E L G U F D I F O R L I ✓t~~dei,, Veramente la Redazione di una rivista è uno dei punti Ùl cui affluisce di tutto un po; come una di quelle zone morte nella Jpiaggia marina, in cui si fermano schiuma e detriti trascinati dalla risacca. E talvolta la roma11zesc12bottiglia invocante aiuto per i naufraghi sperdu.ti tra le onde. Ci arrivano, dei giorn,; delle lettere che sembrano appunto messaggi abbandonati alle onde, uno sfogo di un 'anima in pena clze lza bisogno di esprimersi a tutti e a nessuno. Sono le lettere che preferiamo perclzè ci troviamo dentro, nella parola che talvolta è un po' più grossa del necessario, nel periodo un po' gonfio di errori di prospettiva, dei brani viventi di umanità. C'è l'isolato clze ricalca espressioni e ji'Gsi dell'ultimo «fondo», lieto di avere trovato qualcuno che dà ragione ai suoi interni ragionamenti; c'è il raxazzo !andato nelle attività pratiche, nell'indaj,, farramento politico che volg·e indietro uno sguardo nostalgico _agli orizzonti umanistici abbando, nati; c'è la schiera dei sincen; la turba .Jegh illus,; un campionario di tutta la gioventù che pensa (e ti viene fatto di pensare a quanti sono gli altri che certi problem,; oltre a non saperli risolvere, non se li proJpettano neppure ... J. Quello che colpisce, nella diversità delle forme, nella varietà delle impostaziom; è la som1> glianza degli interro;{ativi e, cosa ancor più significativa, la grande facilità di questi giovani di trasco,rere rapidamente dalla considerazione indiv,'dualisàca, al panorama sociale e alla sintesi politica; cosi che non sai mai se si preoccupino più di se stessi o del mondo elle li circonda; e se ti parlano di crisi del sentimento, non sapresu; in fondo, giurare se la loro sia stata una VIA CONSOLARE FondazioneRuffilli- Forlì

confidenza sulle intime vicissitudini d'amore o se si tratti invece di un esame acuto della com; plessa situazione morale del nostro tempo; e quando ti parlano dell'avvenire e ti p1ospettano la missione dell'Italia, come essi se la figurano, ti vien fatto di chiederti se, dentro, non ci sia an; che un certo sgomento per la vascità dei compiti che toccheranno a ciascun d'esst; individualmente. (}_yello clie si può assicurare è che tutte queste lettere testimoniano per una assoluta liberazione dei giovani dall'ossessione utilitaristica della posizione vista come fine a se stesso, e, d'altra parte, sono la prova evidente della impossibilità di prospettarsi oggettivamente la vita nazionale e i complessi avvenimenti mondt'alt; senza mescolare qualche cosa di personale e di vivamente pas; sionale. Mancanza di vero equilibrio, potrebbe sentenziare il solito he1Zeùiformato delle regioni dello spùùo; deficienza di vera maturicà interiore, quella maturità che permette di rilevare di ogni f Pnomeno il diagramma scientifico. Non ci importa: è stata tanto viltiJesa questa generazione di cosiddetti i1Zquiett; di interiormente ribPllt; qua1Zdo non erano dei falliti riconosciuti in partenza, che ormai non abbiano più suscettibilità per certe clejìniziom: Ci basta che ci salviate il cuore, ci basta che, insieme con not; voi dobbiate ammettere che questi giovani vivo/lo appassionatamellte la loro ora e, anche se non n·escono a cleji1Zù·e con esatta misura i modi della soluzione ciel vastissimo problema della 1Zuova civiltà europeo clze l'Italia deve costruire, pure comprP.ndono che tale problema esiste e che tutto fan/lo affinclzè esso possa, nella maturità dei tempi; essere risolto. Fino a qualche anntJ fa, d panorama della giovinezza, così come esso appariva dal di dentro, a noi stesst; giovam; era o di una completa abulia o cli un pratico orientamento a tutt'altre attività e meditazioni che noll si fossero quelle politiche. O il giovane passava la giornata al caffe, o pensava a fare il bravo medico o l'abile avvocato. (}_yesto, oggi, IZOn è più; per molti almeno, non è più. E l'osservazione a noi basta pPr garantire di tutto un avvenire. Poichè se oggi nuclei vivaci di /{iovinezza afferrano il segreto significato degli avvenimenu; se si appassionano al caleidoscopio della guerra non solo per un istinto battagliero e romanzesco, ma per senso storico, significa che la parte più sensibile, più fine detla nuova generazione ha avvertito la voce della vita tra le pieghe della polemica, e nelle circonvoluzioni del presente, lza saputo rintracciare la linea dell'avvenire. Se oggi sono dieci, domani saranno mille e poi tutta la massa che cammina e non si chiede perr:hè. (}_yesto, credetelo, è molto. (}_yesto avvenimellto di guerra, poiclzè è la guerra che lo ha pro; vocato e che mai nessu!l Bollettino registrerà, è uno dei più importallti della 1Zostralotta. Se 1Zon il pùì importallte e l'essenziale. Perchè, chiederanno i soliti santommast; avete atteso la guerra per decidere di tutto u/l atteg,, giamento, perclzè improvvisamente, da una posizione di decùnante pessimismo, avete ricomillciato a credere non solo ai motivi concreti dell'azione, ma anche . nei' presupposti etici di essa r nella possibilità di affermarli rivoluzionarmente in tutto il mondo? Ma perchè, mentre il passato aveva 2 VIA CONSOLARE FondazioneRuffilli- Forlì

mortificato le gio~ani intelligenze con la spettacolo di un mondo consunto, vigliaccamente mas, sonico, demagogicamente liberale, prostitutamente ebraico, contro il quale la ferma rivolta fascista faceva l'impressione di una !foccia d'acqua clie scavasse la pietra (scava sì, ma occorrono i md, lenm: e la nostra vita è breve/}, oggz; la raffica delle bombe aeree ha demolito l'annosa costru, zione e il mondo, anche se ingombro di detritz; ci si pre~enta aperto ad una feconda opera costruttrice. Anche se le ultime posizioni del mondo di ieri non sono cadute, poichè ci sono popoli che le difendono con le armi in pugno (ma il pugno comincia a tremare) e perchè ci sono individuz: anche in mezzo a noz: che le custodiscono in se stessi come in un tristo sacra1ù1, pure vediamo .ifolgorare le idee nuovissime con tanta luce che il resto ne viene abbagliato e che crediamo no, nostante tutto. Noi non siamo come i vecchiardi degli intelligenti crocchi radunati per l'aperitivo del mezzogiorno i quali dicono: «: Vinceremo; ma l'Inghilterra è ancora tanto forte e... »; noi sentiamo irrevocabilmente clie la Storia ha pronunciato una sentenza e non c'è forza che possa trattenerla dall'ese!fuirla e, se qualcosa ne la impedisse, fra un anno, fra due, il mondo sarebbe di nuovo in piedi per fare giustizia. Ecco che cosa hanno sentito i giovani nel fragore delle cannonate. Il loro mondo si avanza. Non il loro, semplicemente perchè vi dovranno vivere; ma il loro perclzè è simile a loro, perchè è mondo di audacz: mondo clie vibra per le idee generose, mondo che afferma la gerarchia dei veritieri valori umani di intelligenza, di volontà, di capacità, mondo che dispregia l'oro e innalza il lavoro. Non ridete. Non dateci degli illusz> non fate facili profezie della nostra irritazione per le zone di ombra clie fatalmente resteranno superstiti anche dopo la grande pulizia-pasquale. Lo sappiamo anche noi che ci saranno sempre degli individui meschini; lo sappiamo che ci sarà sempre cl1i metterà in cima all'altare il proprio tornaconto e si prosternerà a adorarlo. Non è questo che importa. Qgello clze importa è che il vecchio mondo sia distrutto e che il nuovo parta da premesse tali da conciliarsi tutti ,1;li animi onesti annunciarsi con tale forza di idee che tutto lascia presumere farà servù·e ai propri fini di rovente giustizia anche gh scettici o i disonesti. Tale in, fatti è sempre stata la forza delle idee. VIA CONSOLA}{t; 3 FondazioneRuffilli- Forlì

LA RAZZA: UN PROBLEMADA NON DIMENTICARE Neslan~ituaelianovnisontaor~ear~aric Una bestemmia, que1la deLl'ebreo Cesare Lombroso, serpeggi.a ancora più o meno evainescente, più o meno falsamente iridata nei ,manuali scolastici: « la razza latina in decadenza completa nel basso impero non riuscì più a rialm.rsi se non riteunpra.ndosi con le vigorose r.az1ie barbariche >. Il temibile vezzo di considerare col Gebhardt l'Italia come una pista percorsa da Ga,lli, Spa,gnoli, Greci, Africani, Goti, Longobardi, Slavi, Tedescn1... arfeòti da un estetismo geografico, insinua una mostruosa idea d'un imbastard:imento g,enerale la cui falsità storica vogJiamo dimostrare richiarmandoci agli studi di c. Balbo, che già altrove illustrammo, e a quelli più recenti e sistematici di C. Cipolla. A. Fouilié ftantastioo un'Italia ecumenica ,nella quaie nel tempo si è dato « un reruct,ez-vous sécuilaire de tou,t:es les races humaines> per cui «du sang des Qui-ri<tes il ne reste aujourd'hui à peu près rien >. Attorno al superficiaUs,mo di quest'ddea si polarizzarono molti altri scribtori stranieri e nostrani che non osarono in vero negare una nostra continuità ideale, ma questa si concretizzava in un senso nazionale sperdentesi in un mareggi.tare di evanescenze. Questo atteg,gLamento antistorico 1ivive, purtroppo, ~n alcuni anfibi d'oggigiorno sebbene non abbia mali avuto cLttadinanza tra noi. Per esialta11ela terra sempre rifiorente con le azzurrità del suo cielo e del suo mare, secondo oleografie, vi si chiarmano i barbari delile steppe, delle turudr,e e delle foreste e si ripete la storia a orecchio. X La rivoJta di Odoacre, che ailcuni frettolosi necrofili hanno voluto narrare in pagine listate a lutto, non si compi senza spargimento di sangue. Ma la guerra nè lun,ga nè disastrosa 1110nmutò la nostra fisionomita etnografica. La tradizione che descrive la trasformazione del 476 come l'effetto di un'invasione forestiera è tarda: Eruil, Rugi, Turcilingi, formava4 FondazioneRuffilli- Forlì un'accozzaglia di genti germaniche il cui numero 1110npoteva essere moJto forte poichè si trattav,a di gen;t,es assoldate e non di popolazioni trasmigrate. 11 Dahn e J'Hasenstab ~imitarono, per il periodo della conquista a 250.000 anime circa, tutta intera la popoLa:zione che, per testimonianza di Procopio non si fuse per via di matrimoni con La stirpe indigena. Nella politica religiosa di Teodorico si trova la negazione del concetto di fiusione: questo imperatore infatti, mai propenso .a.d .alcun proseUtismo, desideroiva che i due popoli se- ,guissero le loro rispettive tra.diziond. La clvHtà romana che si insinuava tra i Goti era. da questi riguardata come un attentato alla Joro nazionailità: le loro violenti reazioni ai tentativi di romanizzazione pro=o come essi conserva;SSero la loro .autonomia civile e il loro lsolarmen.to etnico. Teodorico aveva sl espresso che i suoi • Romanorum prudentia.m et virtutem ,gentium possiderent > ma poi dovette seguire una politdca d'opposizione che però non appagò il malcontento ostrogoto che divenne generale e s'approfondi quando Amalasunta volle dare ad, AtaJarlco un indirizzo romano. Atal,a,rico g~unto al potere, ten111edivisi i due popoJi dal quali esigeva un ,giuramento in fomrnle diverse. Qu,esto spirito nazionaile g·oto che vibrava aincora in una compagine etnica resa possibile per una ,lunga pollitica dsolazlonistica s'arroventò ai1la elezione di Viitige. Quando l Goti, alla loro volta, dovettero assapora.re l',amaritudine della scon-fitta, pattuirono con Nar.~,e•te di uscire tutti d'Italia. Questo esodo goto accennatoci da Procopio, cl è confermato da un .anonimo latilllo: « tobius Ltaliae rpopulos, expulsis Gothis, ad pristinum red•ucit (Narsete) g,audium >. Sicchè dall'invasione e predominio dei Goti in Italia fi,no a1'1a loro uscita, pressoché totme, non ci fu e non cl poteva essere una tale mescolanza di sangue di PAOLO GUIDOTTI }tali.ano ed ostrogoto da lasciare traccie nell'etnografia nostra. Ragioni militari, religiose e clvili che mantenevano un assoiuto diistacco d'imparenta.mento. Subentrata 1(). dominazione bizantina, questa, che per il suo carattere militaTe e non colonizzatore e per ila sua fugace apparizione, non potè minima.mente influire sulla nostra fisionomia raz:>Jiale,fu sostituita da quel.Ja 1 longobarda. La gente longobarda, scrive il Baibo, fu senza dubbio poco numerosa, come apparisce ct,aLnon aver mai potuto occupare tutta La Penisola, non Ravenna, non Roma, non Na,poli e parecchie altre città minori all'intorno di queste tre magg,iori; d,al non aver potuto cacciare mai i Greci, daJ non ave·r mal potuto resistere alle scorrerie dei Franchi. A. Manzoni nel « Discorso sopra alcuni punti della storia longobarda in Italia> dimostra come tra Italiani e Longobardi divampasse un grande odio :e nega ai! Muratori che i Longobardi s'imparentassero coi Romani. Nell'opera citata non ,accenna se la fusione potesse essere a'Vvenuta qu,ando non c'eraJIJ.opiù vindtori e viniti ma gli uni e gli altri obbed,ivano ai Franchi. Nell'Adelchi però dà implicita.mente una risposta neg,ativa poichè parlaindo alla Nazione italiana le d1ice: l"un popo.o e l'altro che insieme si fusero: i! forte si mesce col vinto, sul collo vi sta. La fusione delle due stirpi germaniche intuita ilnicament,e dal Manzoni, fu un !atto stor:co come la separazione matrimoni.ale di queste con gli italiani. Dalle testimonianze di Paolo diacono che nel cap. 11 del I lib. deJ,la sua Historia Longobardorum ne ricoraa la paucitas exercitus e neJ 13° afferma come essi assai presto ut beUorum possint annpliare nttme:rum plures e servi/.i ingo creptos ad libertatis statum perducunt e da altre considerazioni storiche possha!mo concludere come ilil rea1tà: i Longobardi non .costituissero quella fiumana di popolo che comunemente si suol credere. Le tesbi:monianze di Tacito che nel cap. 40° delVIA CONSOLARE

la sua Gennania pa,rua. della paucttas della schiatta longobarda, l'impossibilità di questa di assoggettare 1 Sassoni riottosi, la mobilità, per molto tempo, del popolo e dell'esercito, la mancanza di prolungate vendette costituiscono argomeinti a favore della scarsezza del numero dei Longobardi. Non bisogna credere che La conversione al ca btolicesimo segnasse la fusione del due popoll e La dlfferenza religiosa era un ostacolo. Ma levato pure questo ostacolo, la fusione non potev,a avvenire cosi facilmente>. (C. Cò.pohla).Alla fine del regno longobardo la fusione del vinti cot vincitori non era avvenuta sebbene si fosse determinato in qualche punto un ravvicinamen.to: i Longobardi si erano fatti ca,ttollcd; avevamo accettnto dai vinti principil giuridici; avevano dato alla organizzazione delilo stato a,icun che del- !' a.spetto romano ma la divisione razzLale dei due popoJ,i era rimasta netta, precisa. Le guerre col papi av,e,vano contribuito a conserv,are, ci.aseuna al suo posto storico le due nazlon,alLtà, le quail vivevano l' u<na accanto all'altra, ma rigidamente ferme nella propria indivldualiltà razziale. Ben presto s'affacciarono 1 Franchi. Ma PoiChè gl' indlgeni erano esclusi cta,LJ' eserclzlo oolle armi le guerre di Carlo Magno erain dilrette esclusivamente contro i Longobardli. i qu,all stretti d'assedio a Pa,via obsidione pertaem, civitate cum desiderio rege egrediuntur ad reoem che condusse via con se Desiderio• e la sua famiglia. Gli Annales Madimtani chiudono la storia longobarda con una riga d,i morte: multi ex Longobantis foras ductt, multique Per loca e:i;pulsi sunt. Era la fine nel nulla delJa più grande e invasione > nella nostra Penisola. La conquista dei Franchi con li suo carattere politlco-mllitare e non colonizzatore la.sciò Immutate ie condizioni etnogra.fiche della nostra Terra. Le marche e 1 comi:tatl si incentrono si in famiglie franche (Beren,g,a!1Ìo del Friuli, i Guidoni di Spoleto e Anscario d'mvrea eraino franchi) ma proprio in questo momento sorge, in un' ,aurora di sangue, quella continua alterna vicenda di stato d'allarme e di guerra che divenuta oggetto dellie meditazioni d' una grande anima ital!ana, C. Bailbo, apparve dipendere da ragioni etniehe. Un' rutro storico e dell' uJrt;i.mo ott,ocento, U Vlllari si soffermò giustamente sul c-amttere di nazlona.lltà che colorlsoe la ~otta tra fondatori e VIA CONSOLARE FondazioneRuffilli- Forlì vassalli rendendola ancor più profonda ed umana. Questa opinione pur avendo caricato le tinte in funzione d'un carabtere politico (si formò durante gli entusiasmi e le l0Jgrime delle gue·rre per !' indilpendenza) rimane pur sempre indiscussa nella sua enucleazione fondamen- ,tade. Da queste lotte sorse il senso dell' i!Il.dividuadl.tà italiana: l'Italia dell'uomo colto non S' identifica va con l' Italia del politico polchè la plÙlila, affinatasi nella. Jl,tta, s' era aureolata d' un orizzon,te più vasto che sl basava su un concetto razziale. Un poema anonimo, composto agli inizi del sec. X in onore di Bere,ngario I, accenna al Latini con un respiro madido d'un senso ltruldco: ..... Tandem optimus atque. Lambertus properat, ubi fertilis ttnda Ticini. Alluit egregiam fluvii cognomine dictam. Urbem, tn qua soliti regem spectare Lattiit. Un passo, e sarà l' ultimo, che citiamo, della Legatio Const•antinopolitana, cl assicurerà della coscienza di quegli antichi della loro individualità. Quando l' impern tore nel desiderio d' urrulllare Il vescovo LludPTando gll rinfacciò: Vos non Romani, sed Longobardi estis questi rispose. rammentando che i RomaJlli erano ftg,11di Romolo fra trlclda ed illegittimo, (quos nos, Longobardi, ... tap.to dedlgnamur > che contro al nemici non sappiamo lanciare altro tLtolo che quello di Romano). Nel sec. XI si combatté con disperazione ma non più per u;na preponderanza etnografica. La resistem~a che il pontlfica>to oppose alil'impero giovò a rialzare le sorti del!' ita:!Lanità: si squarcia la scorza esteriore della società e questa apparisce come fu sempre, essenzialmente latina. <JOl nascere dei Comuni il popolo riaffiora nelle pagine della storia, elimma -1' e!Jemellllto straniero chà prelClomina negli strati superior! e mostra il suo vruto secolare al nuovo sole d' 1'talia. Le variabili proporzioni delle professioni di legge indicano questa lenta f,aticosa e pur vincitrice parabola ascenderute dell'elemento indigeno. Un cenno a sè merita l' Italia merldlon:ale. I greci fur-0n sempre riguardati come nemici e come stranieri: il lonta,no 900 lo ,testimonia con le amare parole di ErClhemperto: geTIIUS per/{dtssimum. Non è dunque il ca.so dl fantasticare ad una fusione qu&- siasi dell' elemento greco con la popolazione indigena. Dall'arte blzantlma che fu ,tutta nell'Italia meridionale e che si spinse fino a Roma e vi slgnoreg,giò, non si deve dedurre, come pur troppo ancor da molti con gran disinvoltura si deduce, una prevalenza de11'elemento etnografico greco: Ll suo valore intrinseco e l' oblio delùe ridenti forme classiche spiegano peT se quel predominio artistico. « Nei sec. x,r e XII nel!' Italia meridionale vennero a reciproco corntatto razze molte,plici, diverse per abitudini, costumi, civiltà, credenze religdose, razze che giungono dall'Oriente e dall' Occidente, dal!' Afr!oo e daLla Normandia. La supremazia longobarda si alterna con la supremazia bizantina. Talvoi.ta vincono i Saraceni. Evvi li giorno del trionfo dei Normanrrti. Ma dalla prevalenza pol,itica, e daJla superiorità intellettuale, non possi:amo i!ITlmedia,t,amen<te dedlurre la vilttoria etnografica> (C. Cipolla). L'elemento germanico non fu mai prevalente nelil,'Italia meridionale, nè impedl che il nostro volgare sorgesse con la sua primitiva, forestale freschezza. Arrivarono anche i Normanni, conquistatori non colonizzatori di JJ,a'eSi: i cronisti con temporanei non ne parlano mai come di un popolo :numeroso. Che la popolaOuinto Ghermdndi: Ritratto di Stefano Piacei

zione della nostra ultima Pendsola non fosse normanna o normaniz:rata è detto e presupposto più volte. Goffredo, contemporaneo di Roberto Guiscardo, nena sua Historia Sicula discorrendo d'una carestia che vagolò nell'Itaaia meridionale circa nel 1058 dice che a maggior danno delle popo !azioni, la car-est'.a s' .accompagnò alle spade dei Norman111i: evidentemente l'eguaglianza: popolo• uguale n"ormarnno era sconosciuta. Pietro Cassinese, Gu©lielmo di Puglia, Ottone di Frismga, cronisti dell'epoca normanna o poco posteriori, colgono con minuziosità analitica, le distinzioni etniche che rimasero nel sangue e sulla carta. Se si riuscirà ad imparare una buona volta a saper distin,guere l'azione politica e mdlitare dalla etnografia solo allora si saprà ravvisare nella nostra storia quella continuità ideale e spirituale che non può trovare ila sua ragion d'essere se non nella indefettibi!Ltà della nostra fisionomia etnica. Solo entro questo spirLto è possiblle pensare con serie,tà a una nostra storia; poichè se in un secolo ci trasfol'IJilarnmo corporailmente, In quello morimmo. La toponomastica, l'arte, la lingua costituiranno nel prossimo articolo !a seconda parte di questo nostro studio. PieterPoaolo di LUCIANO DEROSA Gli ultvi amano terra tn decltvio e odore di marine. Del resto, Pietro non voleva credere che alberi eletti non possedessero ocohi e braccia e bocche come tutte le creature fatte ad immagine di un Dio. Di notte alta sgusciava a tradime11to nella piantata, e rizzava le orecchie a percepire brevi passaggi .di vento chiairi e meravigliati traverso il fogliame carbonizzato e qualche crepitio annunciante il volo di uccelli piccoli e invisibili. Sulla terra, soffice e bruciante polenta, i vermi sPostavano con lentezza una foglia secca. « Ah> egli soffiava con sotJere11za, e procedeva toccando i tronchi distanti l'uno, dal!' altro, ~i che lo strano passo gonfiava la giacca a un pazzo o a uno spirito senza requie. Giungeva al confine segnato da biaal La nostra venuta ci si presenta sempre come una novità. SOLI Una novità libera e improvvisa come un dono. E come un comando. E diventa, nella mano, la spada lucente dell'ordine. Una spada ,e:enerosissima e in1pietosa. Tutta la Gla dei secoli ci appare un groviglio di errori. Con cui soltanto nasce l'epoca felice, pel nostro gagliardo intervento. Questa creduta certezza, che si ripete io tutti i giovani, c1 fa ribelli e violenti. Si adoperano parole du.re, scambiandole per atti di forza, e s, mortificano le opere di chi ci ha preceduto nella fatica. Senza sapere, di solito, che la nostra novità è inavvertita assimilazione del valore dei maestri. E che soltanto l'esperienza, nella marcia, ci addolcisce e ci inquadra al posto limitato e illimitato del nostro potere. ~est' ascesa che godiamo è fatica di mille generazioni: noi possiamo, ma dopo l'esperienza, portare il contributo, anche grande, anche decisivo, impossibile all'improvvisazione. La posizione dei giovani offre questo generoso contrasto della spavalderia d'indipendenza in clima di grande dipendenza. E' diflicile che un giovane sappia lavorare da solo. Ed è difficile che sia solo. C'è sempre chi dà alla sua opera l'alimento della comunione e del planso. E' una necessità dalla quale soltanto i migliori sanno svincolarsi. Sono quelli che ne avvertono il pericolo sottile. La conlidenza giova se è attiva, c,oe se è ascoltazione e dono di sè. T raclisce se è passiva, nella dispersione delle parole e del valore. Chi incontra comprensione larga e ha nuvoli d' estimatori non è sulla buona via: rimane su un piano comune, forse mediocre. Più si sale, più si rarefà il sostegno delra comunione d'idee. Finchè ci sono i quasi soli. Poi i soli. La grandezza dei migliori, ignorati o contrastati, o anche amati, è in questa solitudine, che ba l'inestimabile privilegio di poter donare senza Forfa'~~leh'lir~lff1E-'f95tlì ATHos CARRARA u11 tosso lunare, e sostava. Avvertiva i soliti pensieri viaggiargli nell'animo. E le labbra si muovevano a interminabili di$corsi senza voce. Davanti a sè uli ulivi di Paolo scendevano giù per il fianco più aperto e sereno del colle, in corsa verso il mare. Il mare, 1011tano una notte di buoi, st adagiava per miracolo ai piedi di quegli alberi privilegiati, con le luci ferme dei pescherecci al largo per le reti notturne. Paolo era un uomo fortunato perché la loro madre aveva detto una volta che s'erano accapigliati: « Paol-0 è sangue reale>. Erano natt nella stessa casa, sullo stesso letto e dallo stesso uomo. E il sangue reale glielo aveva i11fuso il prete o il diavolo. Ma, con questa storia, la piantata più nobile gli era andata in sorte. Passava la gente e si incantava ai fila'ri: « Non temi il malocchto, Pietro? >. RiSpondeva acido: « Non è roba mia. Sono di mio fratello•· E avrebbe voluto aggiungere: « I miei so110 dall'altra parte, sono belli lo stesso>, ma si dileguava ratto verso la casa. Sulle pareti bianche di calce, cicale cii carta venivano a sbattere impazzite. Ma il respiro di pianto che· gli urgeva, si soffocava all'aleggiare alto dell'ora meridiana. Paolo non amava terra e ulivi, e spesso Pietro aveva sorpreso nel lago chiaro delle sue pupille l'affiorare rapid'o di isole lontane e il cavalcare dei sogni. Specie nelle 110tti d'estate, quando nel cieio venivano a naufr(IJgare grandi orse colme di desideri SQvrumani. « Non rtmarrò qui con voi>, diceva. E occupava silenziosamente la vigilia con l' amore di una ragazzetta di pecorai, a cui s' era fitto in me:rite di togliere via il profumo aspro di greggia con certe sue acque preziose di città. Perché eali capitava con frequenza in città a causa di alcuni uomini ohe non erano di campagna VIA CONSOLARE

e guardavamo la sua piantata con occhi freddi e spregt,udicati. « Che vogltono? • borbottava Pietro; e si agitava al pensiero che essi venissero a preannunciare un funere. Aveva sentito dire di misteriose speculazioni che Paolo azzardava con costoro per arricchirsi con ra,pf!di,tà. No.n lo ca,piva. Qual:e bisogno ha un uomo più di u11 albero ? Un tozzo di terra e uno di cielo. Ma un giorno Paolo parlò chiar,amente di imbarco. « In Brasue • disse. Approntò i grossi bauli degli emigranti, alti e squadrati sarcofagi. Pietro tacque per zungo tempo, ragionando tra sè stupito di paesi irra,ggiungibili e di uomini e donne gra]!di al pari di bestioni, infine gli chiese degli ulivi. « E' giusto• rispose Paolo, « è giusto eh' io li venda al fratello piuttosto che li getti in mano d'altri. Dammi quanto vuot ,. Gli toccò una miseria. E parti con un'alba in cui luci e CU<ienaviga.vario avvolte nella nebbia, trascinando in corsa le ultime costellazioni. Pietro chiuse la porta con le sbarre e attraverso le finestre scardinate stette a spiare gelide acque bianche che fiuivano lungo il cielo da oriente. QUINTO GHERMANDI Quinito Ghemiandi ha 23 anm ed è scultore. E' facile e naturale, per chi trascorra sia pure pochi momenti in sua compagnia, conoscere il suo profondo temperamento artistico; è facile perché Ghermandi ha il dono di comunicare agli altri l'entusiasmo da cui è anln1ato quando pa.11la dell' ATte se accompagna il dire con quei nervosi movimenti delle dita che sembrano voler modellare il pensiero e l' attenzione dell' a,scoltatore. E' nece;sario dire che per Ghermandi l' wte non si ferma al concetto e al senso della scultura. Ghermandi è un artista perchè, al pari della scultura, vive neH' arte della pittura, della poesia, del teatro e del cinematografo; è particolarmente scultore perché l' assidu-0 studio e il sensibile tatto lo hanno rero capace di far sorrddere nella creta la sensibilità del suo animo aper-to a tutta l'Umanità. sono i fatti della vita che muovono il suo pensiero e il suo cuore alla scultura. Perchè Ghermandi non è un artista che vive in disparte dal mondo. Egli ci vive in mezzo perché prima di tutto è un giovane e come tale nulla di quanto è nuovo e d.i.na-- mico può essere estraneo alle sue conoscenze. Quinto non è l'artista del passato. Conosce aJ!a perfezione le armi; · va a cavallo con i:rande passione, nuota ed è uno sportivo equilibrato. Quinto Ghermandi andò ali' Accadeinia di Belle Arti in BO'Jogna a 17 annà. e fu accolto nelle severe aule della scuola di scultura del faentino Ercole Drei, del quale doveva divenire uno dei migliori e più amati alVIA CONSOLARE FondazioneRuffilli- Forlì lievi. Dirò subito, non potendo parlare a lungo della scuola, che Quinto apprese ben presto dall' ooservaz10ne personale e dai coru5ig11di el maesko che sarebbe stato tanto inutile e dannoso lasciarsi trasportare da malsane teorie e da acrobatismi mentali quanto invece, utile e necessario andare alla ricerca di quella verità, di que,la sana interpretazione delle cose che, secondo il suo temperamento diventava, e resterà sempre il suo tormento d' arttsta. Lavorando in silenzio Quinto è giunto al primo successo e alla prima notevole soddisfazione vinoendo la borsa dell'Accademia Olementina che ogni anno viene posta in concorso fra i migliori alllievi dell'Accademia stessà. Questo fa;tto permetteva al Ghermandi di poter guardare con maggior fiducia e .minor preoccupa,- zione all' awenire dellla sua arte, e fu da allora che egli vi si dedicò completamente. I suoi progressi nel campo della scultura in questi lllllni hanno stupito tutl:.i ed anche i professori delH'Accademia hanno volutQ riconoscergli i pregi diplomandolo a pieni voti in tutte le materie dopo sei anni di continua applicazione scolastica. Dopo varie prove positive sono di questi ultimi due anni alcune sue noteve/li affermazioni in Bologna. Ha partecipato nel 1939 al Concorso Curlandese di scultura presentando una « Vittoria Legionaria» concepita con criteri di modellato moderno e un'applicazione d'indole classica alla soluzione del soggetto. Nello stesso anno si è classificato primo nel concorro prelittoriale di bassorilievo presentando un trittico dal titolo « La Bonifica». In quest-0 lavoro vibrante di umanità è ìl Ghermandi più commosso e più sensibile, è ili poeta al quale la tragedia deJ!a miseria risanata dal Javorn degli uomini à ispirato un canto dolce e sublime. Il lavoro fu da•lla critica molto apprezzato. Sempre nello stesso periodo un 'altra opera illustre era creata da Quinto: « L' appisolato» lavoro di una perfezione tecnica quasi assoluta, di un modellato così fine da rendere veritiere •le membra dell'atleta che, stanco, si abbandona al ristoro del sonno. Una così sicura promessa di tanto lavoro non poteva andare delusa, e finalmente, nell'anno XVIII Quinoto doveva cogliere il maggiore e clamoroso successo. Da tempo egli andava studiando la composizione di un' imponen,te bassordlievo rappresentante un'allegria della G.I.L. Anche se 11 titolo litoriale non gli venne concesso, il bassori1ievo non poteva sfuggire al vero riconoscimento: il Se- . gretario del Pa11tito, in visita alla M06tra d' Arte dei Littoriali, ammirato del notevole lavoro, ne decideva l'acquisto per una cospiOuinto Ghermandi: L'appisolato cua somma e •lo assegnava alla Casa deJla Gil di Bologna dove ora ricopre una parete della sala d'entrata. Il successo ottenuto dall!l'c,pera è il miglior commento. Comunque giova ripetere che il bassorilievo, che è di una superficie di 10 metri quadrati con diciotto figure al vero, dimostra anche il ccmcetto architettonico che l'autore si è preoccupato di dare al! bassorilievo le cui figure in parecchi punti sono soffuse da una morbidezza tale da richiamare alla mente saggi di scultura classica. UMBERTO MANGINI 7

Novecentloetterario Giuseppe Ravegnani ha provve'd-uto, di recenJ;e., a far ripubblicare un suo nutl'ito volume di saggi lebterari ( « Il N ovecemo letterario> - ed. Testa - XVII). Si tratta della ristampa di un libro ormai da tempo esaurito (Ravegnani: « I Contemporanei>. Bocca, 1930) ; ristampa di cui si sentiva da più parti la necessità dato l' Impulso che hanno avuto In questi ultimi tempi gli studi sul!la letteratura contemporanea e in considerazione soprattutto delll' ampiezza, dell' ln!ormazione e della scrupolosità che caratterizzano U lavoro del Ravegnani già, a suo tempo, salutato dal pieno consenso della critica ac-cademica e della cronaca ,giorn11-llstlca. Ma questa ristampa, oltre ,a.l,le ragioni d'essere sopra esposte, ne ha un'altra più importante e, in un certo senso, deolslva al fini di una sua completa ,gh1stlftcazlone. E' che l'autore si è proposto di analizzare, in una «serie> di volumi, tutte le fi~re più rappresentative del!' odierna letteratura (da D'Annunzio, cioè, al giorni nostri), e di questi volumi ,•attuale viene a costituire una specie di Ideale introduzione, la premessa esempllftcata di quel concetti estetici che determineranno, di volta in volta, I '\'ari giudizi critici. L'ordinamenrto del volume obbedisce a criteri più dii sostanza poetica che di cronologia. Ad una pr!m~ parte. Infatti, dedicata agli autori di fine secolo (Martini, BeltrameUt, Brocchi, Pira,JU1eUo, Vivanti, Aleramo, Gotta, Deledda, Negri, Guido da Verona, Angelo Silvio NovMoJ, segue una seconda parte In cui l'attenzione di Ravegnani s'appunta su quegli scrlttorl che, pur appartenendo cronologicamente alla stessa epoca letteraria degli scrittori della prima parte, se ne distaccano spiritualmente per anticipare, con le loro personalità fortemente risentite, la flslònomLa della nuova letteratura del secolo ventesimo (Borgese, Papini, Govoni, Soffi,ci, Puccini, Zanfrognini, Via:,ii, Cicognani, Oietti, Farinelli, Mastri), mentre la terza ed ultima parte è dedicata agli scribtori 'Ciel novecento, tra cui fanno spicco: Angioletti, Linatt, Comisso, BacchelU, Ono/Ti, Saba. 8 FondazioneRuffilli- Forlì di LAN FRAN eo e A RETT I E sempre a proposito dell'ordinamento del volume non sarà inutile ricorda.re che l'origine stessa del libro (raccolte di saggi qua e là stampati, su giornali e riviste) non pretende ad una solida armonia costrubtiva, ad un organico schema di svolgimento; si rtratta di un ordine occas!orui,le, imposto da necessità pratiche di pubblicazione, e che pur testinonla nella sua precarietà l'indole strettamente storica della crlitica del Ravegnani. Storica nel senso di un giudizio artistico che non esula da,J «tempo>, ma che sa far giudiziosamente rifluire l'opera d'arte (prodotto autonomo) nel quadro della cultura e del gusto di una età, concedendone l'esMta (anche se empirica) collocazione nello sviluppo storico delLa nostra letteratura. CIO ha permesso all'autore di imporre al propri saggi, nati indipendentemente, una serie di accostamenti i quali, anzichè forzare i singoli scritti a slgnlftcati arbitrari, spiegano di essi le ragioni più intime e li -colregano 1.n un Ideale flusso di coerenite •storicità>. L'ordiruamento d.unque del volume non obbedisce che molto limitatamente a criteri cronologici. Se dovessimo infatti attenerci a.I dati an~gra.ficl, ,un Cecchi ed un Saba, ad esempio, dovrebberc- essere seguiti, e non preceduti, da un Gotta più giovane di loro di qualche anno. Ma per Ravegnani, come si è detto, non è l'età che conta per classificare uno scrittore, bensi il vigore, l'attualità delle sue pagine. Ed è ben giusto che il testo sciatto e ap1>rossimato d'un Gotta (nell'esempio Ida noi portato) venga relegato tm gli ultimi relitti d'una letteratura in dissoluzione, mentre la pagina misurata e intelligente, tutta castiga,tezza ed equilibrio Interiore, d'un Cecchl sia studLata accanto a quelle degli scrittori giovani (giusto per misurare sino in fondo certi contll.tti e certe eredità). Ma appunto perchè l'ordinamento è ideale (e già di per sè costituisce giudizio) non sappiamo rassegnarci a vede,re releg,ato Pirandello nella prima schiera di scrittori, tro la psicologia elementare di Brocchi e !.a f-emminea istintività della Vlva,ntl. Ciò per l'alto concebto che noi abbiamo dell'arte pirandelliana in contrasto con quanto ne ha scritto lo stesso Ravegnani nelle sue pagine sul 1>reteso « nichilt&mo > di Luigi Pirandello Per ·noi ln!a tti 11 pessimismo di Pirandello, logiclzzato fino all'esasperazione ed aUa beffa, qu,and'anche sembri creare il vuoto nello spirito e dlswuggere ogni forma d'idealità e !dii senrtimento, afferma pur prepotentemente la ver'ltà di questo squallore, 11senso trogico di una pena che, ripiegata in se stessa, cerca di attingere nella su.a vana dialettica una qualche certezza. Ed il Pirandello degli ul,tlmi anni, anche se artisticamente in chia-ro declino <• Non si sa come> resta un tentativo non riuscito, in sede estetica, di risolvere per via di ,azione dramm,atlca il problema morale della responsabilità), ha lasciato tuttavia chiare testimonianze della sua asplrozione a un mondo e- -ticamenrte costruito, aperto al soffi gagliardi di una « socLalltà > profondamente umana (• I .giganti della mrmtagna >). Tolto questo motivo di dissenso, diremo che la critica di Ravegnani è sem1>reallena da qualsiasi rlsen tlmen to, da qualsiasi rissosità polemica: serena nella scelta dei testi (accanto, per esempio, ad un Bacchelll ecco un Gutdo da Verona: stili opposti, personaUtà fortemente dlfferenzlJate), precisa nei riferimenti, ricca di un gusto non d'accatto, ma assai bene esercitato anche sui classici (cfr. G. Ravegnani: « Dieci saggi> - Genova 1937) e soprattutto vigilato da un controllo che resplillge le espansività effusive della slmpa,tJ!a non motivata, per calarsi in forme misurate di ragionato linguaggio. Le pagine migliori Ra,vegnanl le ha indubbiamente scritte per gli autori giovani, quelli più vicini a noi nel tempo e nelle opere. Ed erano, diciamolo subito, le pagine più difficili in qu,anto « costruttive>, impegnate cioè a chiarire la ragione· di certi successi, di cer,ti privilegiati consensi. Chè se brilla.no infatti per arguta severità anche le pagine dedicate ,alla letteratura femminile (all'Aleramo in specie) o al Soffici neoclassico dell' Elegia deU' Ambra, non possiamo non afferma.re che era facile su testi cosi scaduti e prevent\v.am-;nr.e condannati esercitare una critica che, per essere esclusivaniente c0rros1v,a, tiene più all'esercizio brillante delle qualità dialettiche che all'esatta precisazione di un"arte in divenire. Soprattuitto dunque quando «costruisce >, cioè delinea fisionomie di scrittori fortemente personali e ne indaga La formazione cultuVIA CONSOLARE

rale e ne determina i limiti e ne presagisce gli sviluppi, Ra vegn.ani ha la mano particola11mente felice e conosce la via per giungere al giudizio perentorio e definitivo. Vedete, per esempio, come già 111el 1930 egli punt-asse .per una rivalutaZione serena del D'Annunzio •maggiore• sulle Faville e sulla Leda, per giungere sino al Nott1irno (il che ora viene fatto con clamore di novità da molti giovani dell'ultimo bando) ; e vedete ancora come egli, dieci anni or sono, avesse limitato l'estrosa fantasia di Comisso a!dJ una felicità impressionistica d'annotazioni, diffidando sulle possibilità che la • cronaca> comissiana pot,sse farsi storia, -l'impressione mutarsi in romanzo (e illl questo senso il falJimento del recente romanzo d! Comisso: « I due compa,gm • ~ il successivo ritorno con • L'italiano errante per l'Italia• alla narrazione breve, confe,rmano chiaramente la giustezza delle osservazioni di Raveg,nani); e vedete infine con quanta chiareziia venisse precisata l'origine dolorosamente inquieta della poesia di Mon'.ale, la sua essenzialità aspra e penosa. Da notare, per concludere, che i nomi al qu1lll!Ravegnani faceva risalire, or è un decennio, il meglio della nostra nuova letteratura, sono ancor oggi fra i più validi: dico di Angioletti e di Llnatl, che ci hanno anche recentemente donato pagine bellissime di prosa aerata e leggera, di 0all11))Q.Ilad,ivenuto U vessi!, lifero di tutta la poesia giovane, di Bacchelli e di Cecchi, di Saba e di Titta Rosa. V'è in questa puntuale corrispondenz,a del fatti letterari con le più remote premesse della critica di Ra.vegnani il segno di una singolare felicità di intuizione e di u,na capacità non comune di cogliere con esatteziia il vero timbro delle voci poetiche. Che è poi ia prova più sicura delle disposizioni critiche di un -temperamento. "" FURORC ,,,, T,ra la merce varia e molteplice - c'è da trovarvi dal fazzoletti di cotone al fagioli da semina, ai dischi vecchi, come sulla bancarella del rivenditore che gira nei paesi di montagna - che l'editore Valentino Bompiani mette fuori, ormai da vari ailll1etti anche lui, è uscito quest'anno un romanzo che merita di non essere passato sottogamba. Si tratta dell'opera più impegnativa di John Steinbeck, uno scrittore nordamericano già famoso a.i suo paese per due romanzi d'ambiente paesano: « Uomini e Topi•• tragico e quasi pirandelliano, e « Pian deUa Tortilla>, colorist.dco e pessimista. La nuova fatica - ed è veramente una bella e nobhle fatica condurre a termine un romanzo del respiro di « Furore> - ci fa rivivere - è il vero caso di dirlo - l'epopea dolorosa di una famiglia di contadini dell'Oklahoma. sloggiata dalla propria te11ra dalla razionalizzazione dell'agricoltura e sca:r,a,vent.ata, assieme a centomila altre famiglie, nelle opime ma infide vallate californiane, ove dagli uomini al temporali, alle be, stie, tu.tto sembra congiurare conVIA CONSOLARE ,Fondazione Ruffilli- Forlì di GASTONE CANESSA tro l poveri emigra ti e volere ad ogni costo la loro fine. I Joad, nè Tom, nè la mamma, che pur predomina con la sua saggezza e dedizione, nè il babbo, nè Al, nè Rosatè, Connie o Casy, « i Joad •• l'intera comunità cioè, sono i veri protagonisti di questo romanzo, La cui ossatura è tanto vigorosa, quanto in$olitamerute vigorosa. L'arte di far parlare pochi fatti scheletrici, i fatti di pochi indivldUi per mettere in evidenza tutta una tragedia sociale, ver tutto ,un popolo di sofferenti e di derelitti, trova in «Furore> 11 suo caso più specifico. Ecco perché non esitiamo ad 8/ffermare che Steinbeck è riuscito con esso a situarsi tra i più grandi 111arratori 'di tutto li mondo e di ituttd i tempi: perchè «Furore• è un romanzo che testimonia di tutto un popolo in un' epoca delle più critiche che 1a storia abbia viste per i complessi proletari dell'umanità. Quelle doti di colorista, di lirico paesaggista o di ,troppo spieta,1,Qsturatore di umane piaghe, che già erano risultate evidenti negli ultimi altri due lavori, in « Furore • trovano tutta la loro adeguata e massima funzione: perché ,tutte vengono asservite ad un solo probiema che è finalmen- ,te e coraggiosamente illimitato, universale, perennemente urgente per chi è al moil'do e specie per chi è indigente: la lotta per la vita. E « Furore • è un romanzo che fa bene, che, raccontando e denudando. lamentando, edifica, nel senso cris~iano della parola; costruisce. Si potrebbe rimproverare all'educa;t-Orela crudezza e la spudora- .ezza di certe frasi, non sempre indispensabili, di certe sLtuazioni. Forse Steinbeck se ne compiace ta101a. Ma li più delie volte ti accor,gi che son pennellate necessarie all'insieme, che fanno parte del quadro d'assieme, intenso, profondo, vivissimo, appunto anche per quei tocchi gettabi là senza ritegno nè ri.>.petto umano, nè misericordia. Eppoi non va dimenticato che chi scrive è di quelle parti. E là, la vita si svolge cosi, primitiva, rude, libera negli istinti. E con tutto ciò quale semplicità e quale umaino candore non riscontri alosa in quelle scene patriarcali della famiglia riuni,ta la notte a deliberare, della mamma che prende con energia -le redi!Ill, quando nessuno le sa più tenere, e a cui tutti, anche il babbo, sentono di dover obbedieniia; infine dei sacrifici che i profughi sono disposti a compiere l'u.n per l'altro, in nome della disgrazia che li affratella, anche se mal incontratisi prima d'allora, con una generosità che, in questi americani dalla vita materialistica, .troppo pratici quindi e troppo egoisti, non avresti sospettato. Insomma, il rom=o è realistico, e quindi tanto più lo è dal lato del maile - è facile comprenderlo, se si pensa alla levatura morale di questi americani, ma di un realismo che, - strano caso, dacchè reali.smo è stato detto quello di un Hugo e di uno Zola, di un D'Annunzio e di un Pirandello - che onon accascia, che non sconforta soltanto, ma se talora - e ripeto, non si poteva esi, gere altrimenti - arriva a farlo, più spesso e più incisivamente incita a con.tinuare a lottare, a continuare ad amare, e ad amarci, a correre a tutti i più immaginabili ripari, a continuare a sperare. La vetta, l'autore non ce la fà raggiungere nel romanzo, ce la 1'1.scia Intrave'Clere, ma in un mOdo cosi bello e cosi indovinato, cosi pieno, che dico,. talmente unico che stolto e disgraziato sarebbe chi alla fine volesse ancora concludere negativamente. E il latte d~lla sposa aborZiente 9

e -abbandonata, ma ancor donna e quindi ancor capace di amore e di sacrificio, impedisce alla morte di ripor-tare una vittoria, per altro ingloriosissima, 1n quella stalla perduta, ove i profughi riescono a stento a mettersi a-1 sicuro da,11'1nondazlon.e. Questo giublllamo nel mettere a verbale, nel vedercelo detto da un poeta che ha già sacrificato allo scetticismo e al.la negazione; e questo il grido del cuore umano, che, a chi non spalanca gli orecchi alle risa sarcastiche di Belif'agor, per tamponarseli poi al suo risuonare ammone;n.te, annuncia la luce e •la indistruttibile verità. Che importa ormai, detto questo, indicare per elogiarli, i pregi formali e stlilisticl del roman:i:o? Questi scommetto ch·e si ritrovano pressappoco identici, se non talOuinto Ghermandi: l'Atleta volta più liberi e più calcati, negli altri 1avori di Steinbeck. Senonchè in « Furore • acq-ulstan rillevo solenne e inrctimentlcablle alcune pa,gine di lirica descrittiva. Qu,ando Steinbeck cl fa sentire l'onima delle cose, del paesaggio, deg.Ji animaletti, la cui vita e li cui moto nascost-1 s'indugia a descrivere minuziosamente, quasi a rivendicare la loro oppartenenza al creato; quando stende tragici veli di morte e di desolaz;ione sopra Il destino dei propri eroi che accanitamente combattono, evo- . candoli su dai cieli tempestosi e dalle sabbie riarse dei campi asseta,ti. Qui egli è un eletto poeta impressionista. E qui egli è per giunta uno dei pochi conitemporane1, veramente ·contemporanei, nel quali cioè impressionismo e espressionismo, verismo o decadentismo non son rimasti delle etichette messe a dar lustro ,aJd opere che non lo meritano. Poeti nei quali la scuola, ila fede artistica professata scaturisce logicamente, naturalmerute, poeticame,n.te dalla loro esperienza di vita. Qualche volta, è vero, ho avuto l'impressione che 1a sciatteria e la levità del racconto fosse non. più voluta a-i fini dell'arte, come spesso accade nello stile di Steinbeck, ma che derivasse da effettivo rilassamento dàla penna. Ma si finiva sempre col rialzar ila testa alla prima vollta di capitolo, e cioè quando si passava da un capitolo ;narrativo ad uno descrittivo-impressionistico, che l'autore intercala a bella .posta e col quali completa magistralmente il quadro umano-sociale. E non è vo1uto e ricercato, come qualcuno potrà pensare l'avvicinamento del pezzi più >lirici di questo •romanzo, veramente e fin:almenrte comple_to e moderno, con il modo di descrivere per impressioni visive del fenomeni ~ delle rivoluzioni della natura, che l: proprio del cinema. Chi ha un po' di conoscenza in materi;, ctocumrr,1,aria, nel leggere Steinhe~k più di una volta se ne ricorderà. Segno ancor questo, e tutt'altro che trascurabile, della vlta!Ltà dell'azione del ciillema sulla coscienza nuova. E adesso, per concludere, chi si sentirebbe di ne!!Qre che se abbiamo :potuto Tiferlr tutto questo, qui da noi, dobbiamo l'occasione al bravo Va-lentino di Milano, che sa far tanto bene, proprio e aLl'a- .merlcana •, i suol affari editoriali lil voliume infatti è in vendita al non modico prezzo di L. 18). Puntesecche Puòt>liehia110:) il seguente « sfogo » di un giovanissimo, perché sappiamo che non è dettato da personalis11ii, ma dalla stessa nostra acuta insofferenza cte/.la mediocritt1. Chi vi sa leggere tra le righe? E' una cosa che fa impressione come e quante,, oggi, si scriv-a in Italia. Viene spontaneo pensare a ciò, solo che si stia w1 poco al corrente delle novità letterarie e si sfoglino le innumerevoli riviste, bianche rosse gialle, che si vanno pubblicando. Sintomatica è la posizicne dei «giovani». Molti di costoro, appena usciti dal Liceo, muniti di un bagaglio più o me no ristretto di cognizioni e di idee più o meno originali, si credono de, padreterni e si sentono in, diritto e in dovere di blaterare a proposito, ma più spesso a sproposito dello scrittore Tale o del Poeta Tala~tro. Il guaio maggiore è che queste ccse le scrivono. E scrivono, di tutto scrivono, con una costanza e una prolificità impression,ante, dandosi d'attorno in mille modi, chè sempre c·e il giornaletto o la rlvistucola. dispo~ti a pubtilicare. Ma si potrebbe obbiettare che ciò sta a dimostrare la vivacità dell'ingegno delle nuove generazioni. Affatto. Per lo più si tratta di gente <¼rma- .ta di molta presunzione e di poca cultura; che si trincea e si maschera dietro la parola «rivoluzione» per dire le scemenze più variopinte che siano state mai dette. Credono sia sufficiente andare contro corrente per crearsi una. personalità, una originalità, che nulla, in effetto, ha di personale o di origina.le In questo modo imbrattano carta, spropositando nella critica, facendo v,irtuosismi nella narrativa., balbettando in poesia, sgrammaticando in tutti i campi. Cc;n la scusa che la moderna letteratura deve consistere in qualche co,;a di assolutamente nuovo, di « rivoluzionario», consono ai nuovi tempi (quando poi siano riusciti ad esprimere 1o spirito dei nuovi tempi, essi soli lo sanno) essi disdegnano tutto ciò che, a sentir loro, sa di vecchio e di antiquato. E cosi trascurano lo studio dei clas-- sici, di farsi una cultura umanistica, perché l'arte del secolo XX non deve aver nulla di comune coi tempi passati. Ma, se questa è l'arte moderna, l'arte giovane e dell'avvenire, io, coi miei vent'anni, ml sento molto più a mio agio coi vecchi bavosi, quelli del tempo passato, che della -letteratura ita-liana feoero la prima dei tempi moderna. BIAGIO DRADl · VIA CONSOLARE

NOTE Molti anl1li sono passati dal1a scomparsa di Tozzi. Oggi il suo nome non è più conosciuto di allora, quando sembrò che la morte lo avesse svelato. Ed è ingiusto: Tozzi fu grande artista. La sua opera merita d'essere più avvicinata e conosciuta; moltissimo può darci ancora oggi, sia come i.rJISegnamen_to·.artistict\, ohe come profondo genuino patrimonio dello spirito. Lontana ormai dai rumori 'delLa crùtica, poco letta, essa a,cquista sempre più l' originario va1ore, perfetta e compiuta in se stessa; povera d' apparenze, muscolosa e nuda, come la sua stessa vita e la su.a II)arola. Queste note vogliono soltanto in,vitare alla conoscenm. di Federigo Tozzi, senza scoprire nulla di nuovo, nè ag,gdungere nulla alie molte parole che un tempo f,urono dette in•torno a lui. Ma il. silenzlo che circonda oggi Tozzi non lo avvilisce, perché non è ·ia conseguenza che deila nativa castità e purezza della sua. arte, che non può essere certo a,pprezza:ta da troppi; oppure il proseguimento ,del suo destino, oltre i l:imiti della breve esperienza terrena. Strano e 'doloroso il suo destino; seguire passo passo la sua vita fa pena. Una vita dolorosa, chiusa, dove spesso sembra che venga meno l' aria per respirare. Da principio un' adolescenza to:- bida, a,pparentemente sorda. Poi contrasti, dispiaceri, ombre nate forse da una sensibi!lltà eccessiva, accresciute dalla mancanza di comprensione e di affetlto. Nella sua opera è ,profondo il segno di questa triste giovinezza esasperata: come se fosse intervenuta a troncare per sempre un respiro più vasto e più puro, che fu soffocato entro i limiti dell' esperienza dolorosa, 'della libertà fisica venuta a miancare al ragazzo. A volte tuttavia i suoi dolori ha'llilo il sospetto d'essere 1Più che altro pensati. Il suo stesso dissidio col padre flu tanto grave, che è difficile, ,in un certo senso, trovarne un' origine proporzionata. C' è qualcosa insomma che ra pensare ad una adolescenza malata; che avrebbe votuto perderlo, senza la sua grande fede nell' ideale artistico. VIA CONSOLARE FondazioneRuffilli- Forlì su TOZZI di V I TTO RI O BO N I C EL L I Tozzi camrunò sulla sua strada dura, senz;a un consenso d' uomini, un pò cupo, testardo, consapevole di se stesso. Si tenne lontano da qualsiasi corrente letterana, q'U·asl inspiegabilmente, apparendo tardo, poco sensibile: e in.vece ciò era frutto, oltre che della sua natura, di un ,preciso severo programma, che, giusto o ingiusto che fosse, indubbiamente g,iovò alla sua formazlone. Non venne mai ad un compromesso artistico, non subi l'influenza di nessuno. Lavorò faticosamente, aspramente, e curò la sua formazione a[la maniera compiuta di i\ln cl0SSico, sui classici. Oggi forse questo può parer usuale; non lo era allora. Ebbe chiara e cosciente una ,elettiva affinità coi mistici e i primitivi del1a su.a Siena, prima fra tubti la grande Sanba Caterina, che 'depone per la schiettezza del suo lavoro. Costituì infine, forse senza saperlo, la reazione più sana e ,più sincera alle falsità ,letterarie dell suo tempo. Dico senza saperlo, perché probaibilmente egli non .volle affatto ,polemizzare. Il suo stile, arte e vita, furono determinati principalmente dalla sua coocienza arblstica: il suo mondo è quello; è visto in quella data prospettiva e in quel tal modo è raiipresentato. Il suo valore pdlemlco è del resto ormai sorpassato; oggi non si sente nemmeno più la necessità di reazione di allora, e quasi non si comprende più ,La reazione stessa, pure cosi importante e necessaria, a quella tale letteratura, che era principalmente derivazione corrotta del francesi e di D' Annunzio. Ma come non avrebbe potuto scrivere per seguire una 'data corrente, cosi Tozzi non avrebbe ce·rto potuto seguire la via opposta, di semplice rreazlone. Tozzi è un puro; ebbe una ,grandissima probità artistica, che veramente meravi.gl!a, deg,na. di un grande spirito. capitolo a sè costituisce la tecnica di Tozzl: la struttura della !rase e del racconto. Nella maturità eg,11conosce ormai profondamente l' al'te dello scrivere, aUa quale è giunto attraverso un lavoro lungo ed aspro sui classici. Il suo stile è asciutto, preciso, estremamente espressivo: rappresenta forse la qualità sua piu perfebta, più matura. Lavora In profondità: è una serie di solchi e di segni vigorosi. Soltanto in Verg,a è possibile trovarne un modello, e nei primitivi toscani, verso i quali Tozzi sentiva tanta .affinità; ma certamente assai più che in loro la parola, qu,ale elemento a sè, ha in Tozzi il suo valore. La sua importanza è grandissima; forse arriva a soffocare lo stesso tessuto lirico, come se la ricerca stilistica si fosse compiuta a detrimento del contenuto. A volte la sua lingua è profetica; gli stessi fantasmi son tradotti in maniera immediata, senza perdere nulla della loro ll)Oetlca lontan,anza. A volte è terracobta ad alto rilievo, un pò rozza, ma composta e viva. La maniera di raccontare mostra una nativa capacità di sintesi, sviluppata a volte tino al sacrificio de1lo spazio per respirare. Nel giro 'della novella o del romanzo, la vicenda è intessuta in modo armonioso, equil.tibra<to.Tozzi veramente sa come si costruisce un racconto. In più ha la capacità di delineare figure umane con scarsi trat.ti, come pochi nella letteratura italiana moderna. Le sue figure son distaccate, dal contorni netòi, precisi; La mancanza di chiaroscuro, la scarsa prospettiva (primitivismo), se pure li irrigidisce, aggiunge loro in. nettezza. I suoi personaggi son poi tutti disperatamente umani: parlano, vivono e soffrono; sono presenti, sono cosi vicini a noi, che ci sembra di pote-rii toccare, solo volendo. In ciascuno di essi è racchiuso un proprio contenuto drammatico, Intensamente sentito dall'autore, che è sempre presente nel personaggio. L'aderenza di vita è raggiunta attraverso l'aderenza lirica al soggetto; è chiaro che Tozzi rivive nel sog,getto, risoffre in Uui le proprie pene, vi si rlconduce e vi si riconosce. Credo sia inutile ogni citazione. Più che l romanzl, ml piace di rùcorcLare certe novelle, che sono perfetti frammenti di vvta. Un bell' esempio ne è la prosa .auto11

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