Una città - anno IV - n. 32 - maggio 1994

di geografia, politica e altro Bi p Nazionalismi, razzismo, guerre di religione, il rimosso del progresso che ritorna, il mondo che trema lungo le sue frontiere, il grande impero russo che ritorna a premere a sud, il baricentro dell'economia mondiale che si sposta da un oceano all'altro. E' il grande ritorno della geopolitica, bandita come dottrina dello spazio vitale. Il peso della geografia sulla storia ma anche i rischi di nuovi determinismi. Intervista a Gianni Sofri. Gianni Sofri insegna Storia deipaesi afroasiatici all'Università di Bologna. Possiamo partire da una definizione della geopolitica? Non è semplicissimo, perché l'uso di questo termjne è molto incerto. A volte lo si identifica, in maniera abbastanza neutra, con la geografia politica, e cioè con lo studio delle dimensioni spaziali di alcuni fenomeni politici o economici o sociali, dal tipo degli insediamenti ai comportamenti elettorali, dalle divisioni linguistiche al reddito pro capite o alla quantità di giornali letti. Più specificamente, la geopolitica non è tanto una materia quanto una dottrina nata nel secolo scorso e diffusasi soprattutto in Germania e nei paesi anglosassoni. Tra i suoi padri ci sono più o meno illustri geografi, alti ufficiali (soprattutto ammiragli) studiosi di strategia, uomini politici: il primo a usare il termine "geopolitica" fu uno svedese, Kjellen, nel 1899. Che cosa accomuna questi "padri fondatori", pur molto diversi fra di loro? Possiamo dire che si tratti di queste cose: 1. Sono studiosi che assegnano un ruolo fondamentale alle basi geografiche nel definire comportamenti e destini storici di comunità umane, stati, imperi. Si può dire che siano più o meno determjnisti -con variazioni e correzioni-, e che in questo senso si iscrivano bene nell'atmosfera positivista della seconda metà dello scorso secolo e dell'inizio di questo. 2. Quando sono geografi, sono anche molto engagés (in questo riprendendo antiche tradizioni della geografia, da Erodoto ai "cartografi del re"), nel senso che non si limitano e descrivere il mondo, "oggettivamente", per il piacere puramente conoscitivo che ne traggono, ma perché mossi da preoccupazioni politiche, nazionali o imperiali. Nascono, in questo ambito, teorie sulla opposizione storica (ma anche "naturale") tra potenze marittime e terrestri. Al geografo Ratzel, per esempio, risale la teoria, destinata a nuova fortuna anche recente, sulla successione storica Mediterraneo-Atlantico-Pacifico come teatri privilegiati della storia mondiale. fece da supporto al nazismo, ma il fondatore si suicidò Fin qui siamo ai precursori (forse più ai nonni che ai padri) della geopolitica. Che vede invece crescere interessi e consensi, e si consolida come dottrina, soprattutto nella Germania del periodo tra le due guerre. E' qui che troviamo un generale-geografo, Klaus von Haushofer (nato nel 1869), che è il leader di questa nuova fase, e che alcuni considerano il vero fondatore della geopolitica. In che misura si può dire che la geopolitica sia una dottrina nazista? Lo diventa certamente, ma non subito. Sarà essa, infatti, ad offrire il supporto teorico alla teoria dello "spazio vitale", pretesto e giustificazione per le conquiste naziste. Ma prima di allora, negli anni venti, la geopolitica si diffonde in Germania in ambienti intellettuali-studenteschi (con un forte apporto di professori di storia e di geografia), come reazione al trattamento che era stato riservato alla Germania a Versailles. In altri termini, subito dopo la prima guerra mondiale, sull'onda della delusione per i trattati di pace, molti giovani intellettuali alimentano il loro "revisionismo" di considerazioni di natura geografica (o geopolitica): essenzialmente, il fatto che i confini non rispettino la carta etnica e culturale dell'Europa (molti tedeschi restano fuori dalla Germania). Non si tratta, in origine (non solo, per lo meno), di ambienti di destra, ma, assai spesso, patriottico-democratici. La stessa vicenda personale di Haushofer è quanto meno ambigua. Animatore, dal 1924, della Zeitschrift fur Geopolitik, Haushofer accettò in seguito che il nazismo al potere si appropriasse della sua opera (e ne facesse una "scienza tedesca"): il tramite fu Rudolf Hess, suo allievo e amico. Haushofer fu un grande propugnatore del patto tedesco-sovietico, perché aveva fatto proprie le tesi ottocentesche di MacKinder sul1' opposizione di una potenza Terra (I' Eurasia) a una potenza Mare (I' impero britannico). Tuttavia, Haushofer non fu mai veramente nazista. Sua moglie era ebrea. Dopo la fuga di Hess in Inghilterra (un episodio rimasto per molti versi oscuro), il figlio di Haushofer, anch'egli apprezzato geopolitico e diplomatico, fu coinvolto nell'attentato a Hitler del 20 luglio e assassinato dalla Gestapo. Dopo la guerra, ci fu chi ritenne che anche Haushofer dovesse essere processato come criminale di guerra, ma la cosa tramontò subito. Ciò nonostante, nel 1946, Haushofer si suicidò insieme a sua moglie. Ma, quale che fosse la posizione particolare di Haushofer, la geopolitica fu uno dei puntelli ideologici del regime. Tutto questo aiuta a capire l'eclissi della geopolitica dopo la seconda guerra mondiale? Certamente. Il suo coinvolgimento con il nazismo spiega l'ostracismo che le venne dato un po' dovunque, ma soprattutto in Germania e Francia, dopo il 1945. Tra gli anni dell'immediato dopoguerra e la fine degli anni Settanta, la geopolitica, le frontiere, ma anche la considerazione delle costanti, delle permanenze storiche, lenazionalità, i gruppi etnici, le differenze linguistiche e anche religiose sembrano tutte cose passate di moda. Naturalmente, sarebbe sbagliato fare di ogni erba un fascio e mettere insieme tutti questi fenomeni. Le ragioni di questo declino dei problemi ora indicati sono molte e diverse, anche contraddittorie. C'è l'atmosfera plumbea di un mondo diviso in due (con una sola frontiera, quindi, "di ferro", la cortina di ferro, che è una linea di ostilità, di divisione e separazione totale). C'è però anche l'idea, comune a entrambi i blocchi, che la politica, le alleanze militari, la volontà di costruire e di trasformare un mondo diverso rispello a quello che precede la seconda guerra mondiale, debbano decisamente prevalere rispetto ai dati naturali, e ai problemi "vecchi" (tra virgolette) come le nazionalità, ecc. Attenzione: la guerra fredda fa sì che l'aspetto militare repressivo appaia come l'aspetto decisivo, e questo è certamente giusto soprattutto per quanto riguarda il blocco dell'Est, dove un coperchio imperiale copre ogni tipo di contraddizioni. Ma c'è anche, sia all'Ovest sia all'Est, una sorta di nuovo progressismo, innovatore e ALIMENTI NATURALI di PATRIZIA FERRARA viale Il GIUGNO, 62 tel 53063 Prodotti freschi (pane, biscotteria, torte, pizze, MUSTIOLA eccetera) e confezionati ~❖],a.,I1~l :f1~:m,I.~iifrl frutta e verdura biologica alimenti macrobiotici NEGOZIO AFFILIATO integratori alimentari ottimista. La democrazia trionferà sulle forze oscure. Le frontiere sono barriere destinate a cadere, e con esse i vecchi nazionalismi. Questi ultimi sono un residuo dell'ottocentesca "epoca delle nazionalità", e riguardano solo ormai fatti micronazionalistici (Paesi Baschi, Ulster, Sud Tirolo, ecc.), che possono essere in buona parte vinti con un'adeguata politica di concessioni e di autonomie. (In realtà, ci si potrà accorgere dell · impossibilità di risolvere alcuni almeno di questi problemi: vero è, invece, che nei primi decenni dopo il' 45 avanzano sia la coscienza europea sia quella nazionale in paesi di recente unificazione come l'Italia: grazie alle migrazioni interne e alla televisione.) la geopolitica risorge con la guerra fra Cina e Vietnam E ancora: il razzismo, dopo avere raggiunto il suo orrido apice con la Shoah, è solo un fenomeno da ricordare religiosamente. Per un po', nessuno pensa che possa tornare d"attualità. Per non dire della religione, o meglio del suo ruolo sociale (non quindi, ovviamente, del suo aspetto di rapporto dell'individuo col sacro), che si ritiene in definitivo declino: non ci saranno mai più, si pensa, guerre di religione, né pesanti interferenze della religione sulla politica, soprallutto dopo la svolta di Giovanni XXIII e del Concilio. Tutte queste rimozioni ottimiste riguardano soprattutto l'Occidente. Ma se ne trovano tracce anche nel blocco sovietico, dove si pensa ad esempio che sia relativamente facile controllare le nazionalità interne all'Impero e quelle dell'Europa orientale (anche sequi l'aspetto repressivo -ripeto- resta decisivo). Quando, e dove, nasce la crisi di questo ottimismo? Quando si torna a usare una versione, sia pure più blanda e "realistica", della geopolitica; a riprendere in esame la funzione importante delle frontiere come movente di fatti storici e loro criterio interpretativo? Secondo me (ma anche secondo altri), con due eventi che si verificano negli ultimi anni Settanta in Estremo Oriente, e che sono per certi aspetti simili. Sono le guerre tra Vietnam e Cina, e tra Vietnam e Cambogia. Trattandosi di paesi comunisti (sia pure di diversa ispirazione), ideologie, analisi di classe ecc. appaiono insufficienti a spiegarle, sicché si ricorre alla geopolitica, ad ambizioni imperiali o subimperiali, all'inadeguatezza delle frontiere, a tendenzee rivalità secolari, pre-comuniste. E' interessante che questa rivoluzione avvenga in un angolo di mondo comunista e orientale, quindi remoto. La crisi inizia, ma si tenta ancora, inconsapevolmente, di confinarla altrove. Ben presto si vedrà che motivazioni e tendenze analoghe valgono in molti altri casi, dal Medio Oriente (la rivalità millenaria, ad esempio, tra Iran e Iraq) ai cosiddetti confini coloniali delr Africa. E più tardi ci si renderà conto drammaticamente che la favola narra anche di noi, che la stessa Europa non è al riparo. E come si spiega la ripresa d'interesse degli ultimi anni? Si spiega per l'appunto con iIpresentarsi (o il ripresentarsi) di problemi nuovi a livello internazionale. Da molti anni un geografo francese che si chiama Yves Lacoste ha avuto il merito di tentare una ripresa degli studi di geopolitica con una rivista che si chiama Hérodote, una rivista molto seria e utile. Lacoste ha anche curato, di recente, un grande Dictionnaire de géopolitique. Nel l'introduzione, che limes sta traducendo a puntate in italiano, Lacoste fa anche un po' la storia del problema, e della dottrina. Si tratta di lavori che io considero molto utili, così come considero importante che si riprenda questo genere di studi. Tuttavia, devo aggiungere che per ora (e anche nello stesso Lacoste) il livello teorico mi pare piuttosto povero: più povero, decisamente, delle acquisizioni di fatto, delle ricerche che la riscoperta della geopolitica va stimolando (in Italia ne abbiamo qualche buon esempio in limes). Le dottrine della geopolitica conoscono quindi una lunga eclissi dopo la seconda guerra mondiale. Ma si può dire che nello stesso periodo non fossero in azione le "forze" della geopolitica? No di certo, e questo ancor prima della "rivelazione" offerta dai conflitti già ricordati tra Cina e Vietnam e Cambogia. Negli anni della guerra fredda, dietro le schermo delle ideologie e della diversità dei sistemi e degli interessi economici (si combatteva per il mondo libero o per il comunismo, per il libero mercato o per l'economia socialista), era già possibile scorgere, assai spesso, le ragioni della geopolitica. Non si spiegherebbero altrimenti le forme e le direzioni dell'espansionismo russo. Per esempio, il suo tentativo secolare di raggiungere l'Oceano Indiano. O il suo comportarsi da "superpotenza" mandando in giro truppe e tecnologie e consiglieri (in proprio o attraverso la mediazione dei cubani) in luoghi considerati strategicamente rilevanti. Ancora. Quando si dice che gli Stati Uniti sono stati sempre impegnati in Medio Oriente perché interessava loro il petrolio, quindi per ragioni economiche, si dice certamente una cosa giusta ma incompleta. Quando si dice che gli Stati Uniti appoggiavano Israele per una necessità ideologica ed etica, si dice una cosa incompleta ma certamente giusta, perché sarebbe del tutto sbagliato pensare che lo facessero soltanto per il petrolio, e che Israele fosse soltanto una specie di capitolo del libro del petrolio. Ma il Medio Oriente era anche un teatro di scontri geopolitici, che riguardavano Usa e Urss ma non solo. Per esempio, la guerra fra Iran e Iraq fu qualcosa di simile alle guerre tra paesi comunisti: perché ci fu un lunghissimo (e sanguinoso) conflitto fra due paesi musulmani, una guerra durata più di otto anni fra un paese musulmano sciita e uno a prevalenza sunnita, fra un paese musulmano arabo e uno musulmano non arabo, cioè persiano. Fu un conflitto legato a frontiere e al possesso di territori, e anche a un'antica ostilità reciproca. Un altro caso particolarmente significativo, che sarebbe bello poter esaminare accuratamente, è quello del Como d'Africa, dove i singoli stati (Etiopia, Somalia) non hanno fatto altro, nel corso degli anni, che cambiare alleanze a seconda dei casi (non certo per ragioni ideologiche o sociali). Quanto agli strateghi del Pentagono, usavano tranquillamente e regolarmente criteri geopolitici. Semplicemente, se ne parlava poco. E si nascondevano e travestivano la politica di potenza, e le ragioni della geopolitica, sotto veli ideologici. Ma, attenzione, sarebbe sbagliato ridurre tutto a malafede. Buona parte dei protagonisti dei due blocchi (anche ai livelli alti) credevano nelle loro motivazioni ideali, fossero queste il socialismo o la lotta al totalitarismo. Bisogna sempre guardarsi dal supporre le persone o i movimenti soltanto in malafede: nel nostro caso, l'intrico era assai complesso. Possiamo fare un passo indietro e tornare alla domanda iniziale? Che cos'è, oggi, la geopolitica? Ho già detto che non è facile rispondere, e che il livello teorico finora raggiunto mi pare piuttosto basso, e contraddittorio. Credo che leggendo dei saggi di geopolitica ci si trovi essenzialmente davanti a due impostazioni, a due accezioni del termine. La prima è un'accezione piuttosto generale, per non dire generica. Lo stesso Lacoste parla non di una scienza ma di un approccio scientifico a certi problemi, che consiste nel l'accentuazione dei rapporti tra condizioni geografiche e scelte politiche. Lacoste parla di rappresentazioni politiche, diciamo pure di costruzioni di modelli, di progetti che presuppongono un legame tra dati naturali e politica. Senza che questo arrivi però a posizioni determjniste, che erano invece in molti casi tipiche dei padri della geopolitica, e anche di molti geografi dell'800 (nei quali si trovano anche frasi - ma cito a memoria-come "datemi il rilievo di un paese, il suo clima, la sua posizione e le sue dimensioni, ecc., e io vi dirò il carattere dei suoi abitanti"). Oggi si è più Qualche esempio dai nostri listini preu1 x sot.x 1.000 Prenotazioni Grecia individuali Sun Lìght 30 2.300 1.850 1.300 Olympyc Sea 42 4.000 3.500 2.700 I Crociere di agosto I Venus 16 7.000 6.650 6.300 Turchia GRECIA TURCHIA Forst 325 2.470 2.040 1.360 $un Odyssey 39 3.720 3.530 3.260 Sun Odyssey 47 5.780 5 390 4.320 Grecia (Cicladi): 2 sett. Caraibi imbarco Atene G1bSea 352 2.900 2.650 1.890 Lit. 1.900.000* Sun Odyssoy 44 5.630 4.830 3.450 Atlantic 49 6.200 5.700 4.500 Turchia: 2 sett. Corsica imbarco Marmaris Oceanis 320 2.800 2.340 1.820 Lit. 1.850.000* Voyage 12.50 3.920 3.730 3.540 Sulla base di 6 persone con barche d, 39' . 40' Sun Od sse 51 8.140 7.750 6.760

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