La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 8 - ottobre 1995

ontrasto - il rischio di una contaminazione adiaottiva dell'ecosistema - diventava seconario rispetto alla guerra tra Rainbow e Mari1afrancese, e i giochi d'acqua del "guerriero", • sue astuzie, l'incursione dei gommoni, l'asalto dei paras, si facevano parti di un più omplesso fronte di lotta, che portava diretta- '1ente in campo il processo di formazione del- . decisioni istituzionali. È stata tanto incisiva prepotente, questa trasformazione genetica, a arrivare a invadere perfino gli spazi di quelautonomia della politica che costituisce un attore fondamentale di equilibrio nella vita ei sistemi democratici. Il confronto non è chiuso. Greenpeace ha >erduto la prima parte della guerra, SJ>arendo ai media per sopravvenuta sottrazione del 1roprio copione (il sequestro delle due navi di lainbow). Però il forte grado di consenso che e sue operazioni si erano guadagnate in ogni >aesedel pianeta apre comunque una crisi sule legittimazione del potere. Ne sortisce un di- >attito che società mediatica e istituzioni poliiche devono sviluppare. Alain Leroux, in Reour à l'idéologie. Pour un humanisme de la •ersonne (P.u.f., Parigi), ha scritto di recente he "le ideologie sono morte ed è meglio co- ,i", però ha anche diretto un invito "a riconsilerare le finalità della politica". E Jacques Deors, se pur rifiuta categoricamente di "cercare .libi possibili per spiegare una certa miseria !ella politica", dice anche che "oggi i media ono nel cuore della società dell'informazione, ·d emotività ed emozioni stanno dentro le notre società. Ma il dovere di tutti è farsi consaJevoli del pericolo che c'è dietro, il dovere è di are uno sforzo d'innovazione intellettuale e di igore politico che dia spessore e \Ualità alle nostre avventure collet1ve". Non pare che si vada ancora I di là di un procedere incerto su m terreno che si indovina stimoante e però anche pericoloso; ma 'individuazione del nuovo territoio di ricerca è già una sfida aperta, Jer la quale il nschio delle scorciaoie ingannevoli e delle delegittinazioni sta soprattutto in quella orma nascente di "videocrazia" he Paul Virilio descriveva un anno a al momento dell'elezione vittoiosa di Silvio Berlusconi. Who'safraidof big badwolf? La sicura convinzione che l'atonica francese vada attribuita al ge1erale De Gaulle - e alla sua ela- )razione di una dottrina della farce le frappe - è riapparsa congiuntanente alla decisione nuclearista di Chirac. Ma l'uso di quella convinlione è possibile soltanto parzialnente, e cioè per quella parte che ✓Uole attribuire al nuovo presidene francese un orgoglioso progetto li riportare la Francia - attraverso 1uesto suo mandato appena avviao - a un ruolo centrale negli equiibri internazionali. Su "Le Figaro" I primo ministro Alain Juppé ha ,critto di recente: "nessun nuovo >rdine mondiale ha ancora rimpiazzato il vecchio ordine della ,;uerra fredda. Sulla scena si fanno vanti nuùve potenze, e non sempre si mostrano ben disposte verso di noi. Occorre serenità diplomatica ma anche preparazione. La Francia ha il dovere di ammonire i sui alleati europei che nuove minacce rimpiazzeranno, o già hanno rimpiazzato, le vecchie di un tempo ormai finito". In queste parole il dovere di un ruolo di guida appare come una scelta implicita che spetti alla Francia: e la scelta è in concertazione con gli "alleati europei" se questo è possibile, ma resta ugualmente come una solitaria consapevolezza illuminata se gli "alleati:' non ~apran1:10as_colta~e. Il prof ilo politico d1 Chirac, 11suo carattere, la sua stessa storia personale, lo proiettano all'interno di questo progetto comunque di grandeur; e danno ragione della spregiudicatezza con la quale si è mosso nella decisione di rompere la moratoria nucleare. La sua affermaz10ne individuale era anche l'affermazione dela Francia, in un contesto che - come ha scritto Kissinger nel suo Diplomacy - "è decisamene ostile ad accettare la perpetuazione di un ruolo di Parigi come centro della politica europea". In realtà la Francia è fortemente impegnata nel processo di integrazione europea e resta decisamente ancorata alle frontiere diplomatiche e militari dell'Alleanza Atlantica; ma, almeno per quanto riguarda una Nato in fase di ?rofonda trasformazione ideologica e strategica, l'impegno francese non può essere considerato a nessun titolo come una scelta asso- .luta e immodificabile. È infatti convinzione comune a tutti gli inquilini dell'Eliseo che le divergenze con Washington, non sotlanto sono sem?re possibili, ma siano anche a rischio di farsi msanabili. Permane dunque sullo sfondo il problema di una organizzazione autono- ~ PIANETATERRA

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