La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 7 - settembre 1995

STATO E MERCATO IN ANNI DI SVOLTA Giorgio Trentin Giorgio Trentin, sinologo, collabora a "l'Unità". Nel 1994 ha realizzato per Rai Tre un documentario sulla Cina:,Ai confini dell'impero. • Dal 1980 ad oggi il Gdp (Prodotto interno lordo) della Cina è cresciuto con una media del 9.4% annuo e con punte, come quella del primo quarto del 1994, del 13.7%1 • Questo equivarrebbe, secondo studi della Banca Mondiale, ad un reddito pro-capite di 370$ per il solo 1990 (cioè un anno dopo i fatti di Tiananmen, cui ha fatto seguito un periodo di forte contrazione degli investimenti in Cina). La cifra è anche superiore se si tiene conto del reale purchasing power dello yuan: sempre secondo le stime del1a Banca Mondiale, in base al potere d'acquisto, il reddito pro-capite cinese sarebbe pari 2.000$ l'anno 2 . In altri termini, se moltiplichiamo questo reddito pro-capite per un miliardo e duecento milioni di cinesi, sarebbe come dire che le dimensioni globali del- !' economia del Reg_nodi Mezzo siano simili a quella giapponese. E solo un paradosso? Qualsiasi sia la risposta la Cina costituisce un caso politico ed economico davanti al quale ogni soluzione possibile è un azzardo .. Sono in molti oggi i paesi a chiedersi se avranno a che fare con una Cina padrona assoluta del mercato internazionale, e quali saranno le variabili più appropriate per esprimere un giudizio di merito. La Cina pone oggi al mondo tre eni·gmi fondamentali sul proprio assetto: 1) quello economico; 2) quello politicO; 3) quello culturale. Tre quesiti che in realtà. si presentano come una struttura complessa in cui tutti i fattori sono legati insieme da corde tessute di una materia abbastanza sconosciuta alle dottrine politiche ed economiche del pensiero occidentale. Lo sviluppo cinese è un dato certo, incontestabile nelle sue dimensioni macroscopiche. La Cina si sta dunque sviluppando, ma in che cosa? La domanda sembrerebbe più o meno banale se posta in un qualsiasi altro contesto nazionale guidato da chiare direttrici economiche, liberiste o protezioniste, di mercato o "stataliste". Questo metro di giudizio non sembra valido per la Cina. "Lì dove una volta i funzionari di partito fucilavano i possidenti terrieri, oggi cenano con loro in grandi simposi celebrativi che fanno sembrare la conclusione della Fattoria degli Animali un reportase piuttosto che un'allegoria"3. La frase del g10rnalista dell'Economist è_ un po' forte, ma coglie nel segno nell' evidenziare la contraddizione tra i principi economici-che la Cina si sta dando e la dottrina politica sulle quale questi principi vengono ad operare. Non è solo una questione di rapporto fra sistema socialista e sistema di mercato, è una contraddizione che va a toccare alcuni cardini cruciali della cultura e della storia della Cina. Osservando i rapporti stato-attività privata nel corso dei secoli, si può riscontrare come nella grande tradizione dell'etica confuciana l'attività mercantile sia sempre stata considerata quasi blasfema rispetto al porsi a servizio del paese seguendo la carriera di funzionario statale. Nella gerarchia sociale che, in tempi diversi, si venne formando in Cina sulla base dei principi confuciani, i commercianti occupavano solo la quarta posizione dopo funzionari imperiali, coltivatori e artigiani. Il motivq fondamentale di questo disprezzo dimostrato verso il commercio era insito in un'economia che si poneva come unico traguardo l' "assenza di bisogno" 4 • Questa autosufficienza economica doveva essere garantita da un sistema di scambi fra le comunità rurali attraverso un sistema di 1;11ercati,distribuito su tre livelli territoriali, con la soprintendenza e la "protezione" (attraverso ad esempio la creazione, via imposte, di granai pubblici che fungevano da riserve alimentari) del governo imperiale. Secondo i filosofi confuciani, in un sistema politico che operasse a liveJli ottimali, il commercio (inteso come attività volta all'accumulo di beni) sarebbe stato sicuramente reso inutile dal "buon agire" dei sudditi del Celeste Impero. Se ogni cittadino si attiene scrupolosamente alle leggi morali e giuridiche della Cina, se l'Impero sa gestire il paese con accuratezza e frugalità, nulla può in akun modo funzionare male. "In questi giorni tutte le classi, elevate o inferiori, sono cadute in basso e sono preoccupate della nostra povertà. Il servo di Vostra Maestà non trova alcuna ragione di lamentarsi. Senza cercare ulteriori mezzi di prosperità, si faccia sì che ciò che lo Stato possiede sia amministrato correttamente, e allora quale sofferenza ci potrebbe mai essere dalla povertà?" 5 • Così un magistra- .to provinciale· consigliava il proprio imperatore. Solo se e dove ci fosse stata cattiva volontà si sarebbero create cattive condizioni per il governo. Un commerciante cinese era l'esempio incarnato della cattiva volontà: egli pensava solo a,llapropria ricchezza e non alla stabilità del paese. Nonostante il disprezzo sociale di cui i commercianti erano oggetto, che si è tradotto nella completa assenza di politiche mercantili a livello centr;ile fino alla seconda metà del XIX secolo, la loro categoria è sempre stata particolarmente attiva in Cina sin dai primi secoli della nostra era. Francesco Sisci descrive bene, nell'articolo qui riportato, le prerogative commerciali che caratterizzavano le esplorazioni marittime europee nel xv secolo. Il seppur "tenue legame fra mercanti-colonizzatori e la struttura del loro Stato" fu la base dello sviluppo di queste colonie commerciali che hanno fornito l'esperienza economica e le ampie risorse necessarie per l'economia dei paesi cui facevano rif erimento. I commercianti cinesi, contemporanei dei vari Alfonso de Albuquerque o Francis Drake, non potevano contare nemmeno su quei "ten~i le~a~" co_n!a loro_madre patria. Le_var~e dmasue impenah che si sono succedute m C1PIANETA TERRA

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==