La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 5/6 - lug.-ago. 1995

Guido, educatore nella cooperativa sociale "La Testarda", fa parte della redazione della radio e ha lavorato con altri alla 'Stesura del progetto. Si occupa in particolare di informazione e formazione. E impegnato nel Centro Sociale dei Murazzi e nel Centro di documentazione "Senza pazienza" del medesimo C.s.a., che ha sede nello stesso edificio della radio, al piano terra. Ci incontriamo proprio nella sala del Centro di documentazione, essenziale, ma fornita di telefono, fax, computer collegato all'Ecn, la rete telematica antagonista. Sugli scaffali, opuscoli, libri, riviste e pubblicazioni della Casa editrice del Centro, "Velleità Alternative". "Per prima cosa - esordisce Guido - vorreì precisare che parlo a titolo personale perché la radio, intesa come organo, ha scelto di non rilasciare interviste. Questo perché la redazione non è omogenea e diversi.sono i punti di vista. Premessa alla nascita della radio è un seminario coordinato dal prof. Alquati docente di sociologia industriale, a Palazzo Nuovo, presso la Facoltà di Scienze politiche. L'epoca era quella immediatamente success_iva al movimento della Pantera, e al seminario partecipavano compagni che avevano preso parte a quella esperienza e altri che comunque ruotavano nell'orbita dei gruppi anta~omsti e dell'autonomia. Emersero due grossi nodi tuttora irrisolti come fondamento della trasformazione sociale: la comunicazione e la formazione. Su·queste categorie il nucleo originario che ha dato vita alla radio pensò di porre un presupposto per -ilproprio progetto. L'altro presupposto deriva da un'analisi interna al Centro Sociale dei Murazzi che verificava l'inadeguatezza dell'azione politica e sociale del centro, e in generale del movimento dei C.s.a. L'idea di una radio veniva perciò intesa come superamento di questo stallo in direzione di un confronto con il contesto sociale, con realtà che non fossero solo quelle "nostre". Nella prima fase della sua storia, all'incirca per un anno, un anno e mezzo, la radio pare funzionare b~ne. Diventa punto di riferimento per singoli e per micro-gruJ?yi, attirati dalla novità di un "media" accessibile, aperto, che parla un linguaggio oiverso. Dopo gli entusiasmi dell'inizio, sono però emerse alcune contraddizioni, si trattava di operare scelte di fondo. "Sorgono problemi di carattere gestionale - continua Guido -, si prosp~t!a la necessità di pensare ·se e quale ruolo politico debba avere la radio. Mettere in pratica i presupposti della comunicazione e della formazione da cui eravamo partiti si è rivelato più difficile di quello ·che pensavamo e sotto questo· punto di vista il mio personalissimo bilancio non è positivo, soprattutto se si intende la radio come momento di trasformazione e non solo di riproposizione dell'esistente. Oggi la radio non fa altro che riproporre il bene e il male di quello che già c'è, e non riesce a incidere nel tessuto sociale come vorremmo facesse. Queste mancanze io le vedo soprattutto peI" quanto riguarda la formazione, punto qualificante di questo progetto di comunicazione. Mi rendo benissimo conto che non è facile realizzare proposte formative via radio. Ghi formare? E soprattutto su che contenuti ·operare? Domande lapalissiane, ineludibili. I mass media fanno formazione di massa che, più o meno consapevolmente, è funzionale a questo tipo di società. Una radio antagonista dovrebbe fare una formazione in grado di favorire la nascita di movimenti, di evidenziare conflitti, di stimolare trasformazione, con un'attenzione molto puntuale al contesto con cui si va a interagire. Il momento formativo è stato, a mio parere, proprio quello più carente. La mia idea di ra- • dio vede tante diverse capacità e competenze che lavorano a un progetto comune, mentre mi pare che o&gici sia disorganizzazione, tutti fanno tutto e 11progetto di fondo non è assolutamente esplicito e condiviso. In queste condi21oni è evidente che sia proprio 11progetto formativo quello che più è stato penalizzato. La radio che nell'entusiasmo degli inizi era laboratorio e sperimentazione, si è via via 'sedimentata' lasciando spazio a•un gruppo che 'fa la radio', ma che ha finito anche con il chiudersi un po' su se stesso". La radio ha giocato un ruolo irnportante anche nei confronti dei ragazzi che c1 lavorano. Molti di loro, tutti volontari, hanno trovato in questo impegno un senso forte di identità. Se negli anni '60 possedere una motocicletta voleva dire libertà, ma anche privilegio, si può dire che la radio oggi ricopra un po' la stessa funzione sociale. Il gioco del programmare musica, l'entrare nelle case, essere tra i pochi che sanno operare con gli strumenti di trasmissione rappresenta uno status forte. Ra- . dio Black Out ha anche una capacità di richiamo a livello cittadino. All'ultim_a festa organizzata dalla redazione si sono contate circa 15.000 persone in quattro giorni. "Il rischio è che la diversità che noi perseguiamo alla fine si giochi sull'esteriorità, sul linguaggio, su una trasgressione 'povera', che può essere facilmente riassorbita dal sistema dominante ..Non serve al mantenimento dei meccanismi attuali della società una cultura monolitica, omogenea, ma anzi è utile che il senso di ribellione dei ragazzi si esprima nel modo di vestire, nei locali che si frequentano, nella musica che si · ascolta. Il salto di qualità è passare dalla tra~ sgressione formale alla costruzione di diversità. Anche nei concerti dei Centri sociali, ai quali talvolta partecipano tantissime persone, il meccanismo della comunicazione non è poi così diverso da quello che avviene nei circuiti dello show-business, non si crea aggregazione, ma, forse, passa solo qualche messaggio_che il · gruppo o la posse riesce a trasmettere. Il livello di consapevolezza di chi ascolta rimane in ogni caso basso. È per questo che attualmente il dibattito tra noi verte sul passaggio da una radio dei Centri Sociali, a una radio che si rivolge al sociale, per ritornare al progetto iniziale. Questo non è però solo un problema della radio. Anche chi opera nel sociale, a mio giudizio, fatica a rendersi conto del ruolo che può giocare, del potere di trasformazione che ha, rischiando così di ripiegarsi sul quotidiano. Ci sono educatori bravissimi dal punto di vista professionale, ma che non riconoscono la prospettiva più ampia del contesto in cui stanno agendo. Coinvolgere gli operatori del sociale, significa anche andarli a stanare, invitarli a esprimersi, costruire con lo strumento radio una rete di-rapporti, compiti che io penso propri di chi voglia fare il redattore in questa emittente". Radio Black Out nasce su iniziativa del Centro Sociale dei Murazzi che aveva impegnato molte energie in questo progetto. Subito furono còinvolti anche· gli altri Centri Sociali della città e i ragazzi che attorno a essi ruotavano. Problemi di coordinamento e di gestione erano e sono all'ordine del giorno. "Io la SUOLE DI VENTO

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