La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 5/6 - lug.-ago. 1995

uno dei punti su cui riflettere: uri ragazzo se mattrovasse un posto per andare a fare l'operaio si vergognerebbe di dirlo ai suoi amici; dunque il problema è quello delle aspettative e della costruzione dell'identità. Al tempo dei "ragazzi di vita" di Pasolini lo scarto tra quella generazione e quella dei loro padri era minima, la transizione sociale era lentissima; oggi tra i ragazzi del quartiere San Paolo e i loro padri c'è un abisso incolmabile di comunicazione, valori, aspettative: è come se appartenessero a due società totalmente diverse e reciprocamente incomprensibili. Quel vuoto ·che separa le due generazioni è il prodotto di una accelerazione spaventosa e finora ingovernata; non è tanto la realtà materiale che li rende così alieni tra loro, quanto piuttosto quella . mentale, quella costruita cioè da rappresentazioni, aspirazioni, illusioni, aspettative. Ciò che questa società propone quotidianamente ai giovani (con una forza persuasiva assolutamente sconosciuta solo qualche lustro fa) è un , mondo improbabile, fatto di professioni affascinanti e avventurose, di macchine stupende lunghe tre metri, di appartamenti qliforniani con piscine mirabolanti: una realtà onirica, virtuale, mentre quella possibile e tangibile tutti i ·giorni è miserabile, npetitiva, priva di emozioni e di seduzioni. Di qui la ne.cessità di astra~ zione, di decontestualizzare la propria esperienza esistenziale, di qui il bisogno di autismo. La passione per il rischio sempre più diffusa tra i giovani rappresenta e permette di realizzare questo viaggio impossibile. Qualche sera fa a Rimini un gruppo di ragazzi ha inventato un nuovo gioco: s1chiama "lo scatolone". Lo .si fa di notte prendendo una grossa scatola di cartone ·da imballaggio e ponendola in mezzo alla . strada nazionale, un ragazzo ci si chiude dentro e aspetta che qualche camion la sfiori a tutta velocità. Se, dunque, un ragazzo arriva a pensare che per dare un briciolo di senso alla prop_ria esi~te_nza_deve _arriv~re a p~ov~re l'~- moz10ne d1 rischiare d1 monre sch1acc1ato m mezzo a una strada, evidentemente la vita di quel ragazzo (e di tutti quelli che giocano con lui su quella strada) ha spaventosamente perso qualsias.isignificato e qualsiasi valore. Un altro dato mi ha colpito leggendo le statistiche prodotte dal settore minorile del Ministero di Grazia e Giustizia: una ricerca mirata infatti dice che allamaggioranza dei minori denunciati manca la figura di un padre, vuoi perché è morto o in galera o latitante, ma soprattutto perché non c'è anche quando fisicamente è presente. Questo dato ci richiama quello appena pubblicato in Gran Bretagna dal Family Council che ha denunciato che in media un padre sta con i propri figli cinque minuti al giorno. Buona parte degli studi psicologici sull'età evolutiva, le ricerche d'impostazione relazionale puntano principalmente sulla figura materna e sulla sua realazione con il figlio, eppure, come si vede, la figura paterna - la sua presenza, a volte .assillante, e la sua assenza - gioca un ruolo di primaria importanza nella vita affettiva di un adolescente soprattutto per quel che riguarda la sua relazione con il sociale, ovvero la formulazione e il riconosci~ mento delle regole. Il padre dunque rappresenta, almeno nella nostra cultura, il principio etico, la considerazione morale. La sua lontananza implica l'impossibilità per un adolescente di costruirsi quella componente dell'identità che è costituita dall'adesione (o dal riBUONIE CATTIVI fiuto che è concettualmente equivalente) al- ·l'ordinamento morale delle relazioni umane. Questo vuoto è stato ben compreso dalla malavita organizzata che infatti non si limita a offrire opportunità di lavoro ben remunerate, ma confensce ai propri giovani adepti un'appartenenza che si ottiene attraversò l'adesione a regole inflessibili e il conferimento di ruoli sociali (dunque identità). J,>eril piccolo criminale è dunque possibile orientarsi tra il bene e il male proprio m osservanza di quelle regole che gli sono state impartite: regole necessariamente semplici quanto rigide: La sua vita si rappresenta così in modo dicotomico e manicheo, se si vuole la sua è un'esistenza dove la necessità di diJ:>endenze affettive è permessa dalla sua stessa affiliazione criminale: tutto ciò conferisce all'adolescente un'.identità assai più forte di molti suoi coetanei che non frequentano il mondo della criminalità. Paradossalmente, si potrebbe affermare che i figli della borghes.ia - che ~vevano, fii:10a qualche tempo fa, come massima espress10ne di privilegio non solo un futuro più garantito, ma soprattutto un accesso a percorsi formativi in grado di costruire un'identità più solida - sono oggi più esposti dei loro coetanei, che provengono da contesti sociali apparentemente socialmente e affettivamente più precari, a un processo di profonda destrutturazione psicologica. Mentre, infatti, per un giovane criminale il percorso di ricerca di appartenenza è stato reso possibile prop_rio dalla malavita, ~e~ un suo coetaneo non dehnquènte tale necessita rischia di rimanere frustrata e negata. · Naturalmente non voglio certo affermare che vi si~no_desl(asp~tti p~sitivi nella :elazione tra cnmmahta e g10vam, quanto piuttosto che i processi riabilitativi per i piccoli criminali possono essere eiù facilmente evidenziabili e dunque affrontabili rispetto a quanto occorre fare per tutti quegli adolescenti che non riescono a trovare - pur ricercandole disperatamente - forme di appartanenza appaganti e adeguate alle proprie aspettative: l'identità di questi ultimi essendo lacerata e_impedita fin dalla sua prima formazione ed imbastitura. Queste considerazioni trovano il loro significato soprattutto dal punto di vista operativo, fattuale. Mentre, infatti, una comunità per giovani criminali deve porre al centro della sua filosofia d'intervento quella della sostituzione delle regole impartite dai loro cattivi maestri _conqueHe dettat: da una più ~isp~tt~- sa convivenza - ovvero. s1deve porre I ob1ett1vo di un'ortopedia educativa - per i ragazzi psicologicamente emplosi figli del privilegio economico il lavoro "riabilitativo" deve essere · improntato alla costruzione - e non alla sola ricucitura - dell'identità eerduta. Ciò non significa che il primo compito sia più se~pli<:e e banale del secondo, ma soltanto· che gli obiettivi e i metodi dell'intervento devono prevede-. re capacità diverse e più complesse. D'altra parte non si può non notare .che qualcosa sta cambiando nel panorama delle politiche d'intervento in campo giovanile. La nascita di centri di ascolto autogestiti dai giovani, così come · alcune esperienze di "tuteraggio" in ambito post-scolastico manifestano da una parte l'aperta consapevolezza dell'attuale stato di precarietà del mondo adolescenziale e dall'altra la necessità di intervenire con modelli creativi sia nella realtà scolastica sia in quella ambientale e territoriale. ♦

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