La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 5/6 - lug.-ago. 1995

come càpacità di ricercare il bene comune - è in crisi perché incapace di un'espressione globale in un'epoca dove la dimensione nazionale (che è ancora quella della politica) è fortemente insufficiente: oligarchie, gruppi di pressione, istituzioni transnazionali, determinano le sorti dell'economia e della comunicazione mondiale. In questo contesto un movimento per la pace che sia capaçe di ricostruire un patrimonio ideale e culturale per la sua azione deve porre accanto ad una mobilitazione per il disarmo e la smilitarizzazione, di fronte a questi tre muri, tre forme di impegno politico-culturale. per la pace: una dottrina e un'esperienza di soluzione nonviolenta dei conflitti attraverso la diplomazia popolare, il dialogo, la solidarietà; una pratica 'del lavoro sociale e culturale per la pace dal basso; l'elaborazione di un impegno globale dei movimenti, nel rapporto con la politica, di fronte alle sfide dello sviluppo, dei comportamenti quotidiani, del rapporto tra Nord e Sud. Il nuovo disordine mondiale Con la fine della guerra fredda sono emersi un vasto disordine internazionale e una rinazionalizzazione delle politiche estere dei paesi occidentali: l'unica istituzione mondiale che ancora resiste di fronte a queste sfide sono le Nazioni Unite, uscite dal frigorifero dalla guerra fredda; un'istituzione debole e scarsamente legittimata. Si impongono sempre di più una riforma e una democratizzazione delle Nazioni Unite che i pacifisti hanno con convinzione posto tra i propri obiettivi principali. Don Tonino Bello profetizzava l'Onu dei popoli; il 24 settembre prossimo ci sarà una importante marcia da Perugia ad Assisi per rilanciare questo obiettivo. Nel rivendicare questo ruolo delle Nazioni Unite i pacifisti indicano alcune proposte concrete: la riforma del Consiglio di Sicurezza con l'abolizione del potere di veto, la creazione di una Camera bassa con i rappresentanti dei popoli, la formazione di delegazioni tripartite (governo, parlamento, società civile) al Palazzo di Vetro, la cessione graduale all'Onu del monopolio permanente della forza in situazioni di guerra e di conflitti per le missioni di mantenimento (peace • keeping), costruzione (peace making), imposizione della pace (peace enforcement). Naturalmente per fare ciò sono necessarie la democratizzazione del funzionamento dell'Onu, la cessione di parti della sovranità statuale delle s'ingole nazioni, adeguati mezzi finanziari. Ma di fronte al disordine mondiale l'alternativa è tra l'interventismo nazionale e occidentale e una sede sovranazionale e globale di prevenzione e soluzione dei conflitti. Ecco perché l'Onu può· avere un ruolo strategico determinante: il terzo assente di cui parlava Bobbio deve uscire dalla nebulosa e dalla realtà magmatica e informe in cui è tuttora immerso. Questo, a maggior ragione, in una fase della riscoperta degli interessi nazionali nelle politiche estere dei maggiori paesi, in una ripresa dell'ideologia dell'interventismo (magari mascherato da ingerenza umanitaria), di una modernizzazione della filosofia militare ·a difesa del tenore di vita e dei privilegi dell'occidente. Che senso ha fare un'Euroforza del Me- . diterraneo o schierare i militari in Puglia se non la difesa della "fortezza Europa", sempre di più una "super-nazione'', sempre meno "casa comune".? Ecco perché per il pacifismo - a partire da un impegno contro l'aumento delle spese militari e del Nuovo modello di difesa che di questa ispirazione è una concreta conseguenza politica - è essenziale l'elaborazione di una politica estera di pace per un paese come l'Italia che è cerniera del Mediterraneo e tra Europa e Balcani. Anche in Italia la propaganda di una politica nazionale ha i suoi degni cantori: il primo fu Cossiga che proprio nella motivazione del rinvio della legge sull'obiezione di coscienza alle Camere usò tra i vari argomenti la progressiva denazionalizzazione dell'Italia per colpa dell'obiezione di coscienza(!). I più intelligenti e bra- · vi sono i politologi di "Limes": la geopolitica moderna - dopo la fine della guerra fredda - è quella fondata sugli interessi nazionali. Forse proprio per questo, in modo speculare, è necessaria una nuova geopolitica pacifista: il più importante interesse nazionale dell'Italia è vivere in pace con i suoi vicini e lavorare per lo sviluppo dei paesi più poveri, da dove arrivano gli immigrati alle nostre frontiere. Un'economia rinnovata e un modellò di sviluppo sostenibile per tutti si costruiscono solo in condizioni di pace e di convivenza. ( .1 •

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