La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 4 - giugno 1995

Il testç da cui siamo partiti r:isale, abbiamo detto, al 1929. Allora Bonhoeffer aveva solo 23 anni. In Germania sopravviveva- faticosamente la repubblica di Weimar, e ancora in questa fase preterminale della sua parabola per un tedesco era più vivo il ricordo della I guerra mondiale e della "ingiusta" pace di Versailles, con il conseguente desideno di riscattare i torti subiti dalla Germania, che il timore di una seconda futura ~uerra mondiale - anche se le due cose sono evidentemente' collegate, addirittura da una relazione genetica. Dopo pochi anni, con l'avvicinamento di Hitler al potere, il quadro cambia sostanzialmente. Nell'entourage familiare di Bonhoeffer - che appartiene alla grande borghesia culturale nazionalconservatrice, con venature liberali ~ il giudizio sul nazismo è di condanna radicale fin dall'inizio. Nel 1933 in questo ambiente è chiaro che "Hitler significa guerra". Bonhoeffer stesso ha affermato nel 1934 che qualsiasi forma di collaborazione al regime significava rendersi corresponsabili dellà prossima guerra (Gs, I, 43); e nel 1934 molti credevano ancora, anche all'interno delle chiese, che Hitler significasse invece il riscatto della Germania. Bonhoeffer si misurerà perciò, d'ora in avanti, non con il problema teorico della guer,- ra ma con il pericolo imminente di essa. Ci sarà poi una terza fase, abbiamo detto, in cui dovrà fare i conti con una guerra in corso. Altro dato nuovo è il collegamento che ora viene stabilito tra pace ed ecumenismo: questo collo- - ca il problema in una dimensione sovranazionale, anzi planetaria. Davanti alla guerra imminente La fase della minaccia dello scoppio delle ostilità è quella in cui il giudizio di Bonhoeffer . sull'uso della forza e sulla guerra assume la forma più radicalmente negativa. E ciò attraverso due tappe. . La prima consiste nel considerare la pace internazionale, o "pace esterna" (la pax gentium), come volontà di Dio, per noi oggi. Ciò sta a dire, da una parte, che la pace internazionale, il superamento del rischio della guerra, non è la realizzazione della pax prufunda, della pace evangelica legata all'idea veterotestamentaria di shalom, non è·un'anticipazione del Regno. Dunque ha un valore solo relativo. Dall'altra, questo valore relativo può però divenire assolutamente vincolante in un determinato momento e in una determinata situazione, cioé "per noi oggi". Compito del cristiano e della Chiesa è discernere quando questa situazione si dia. Che conseguenze· deriverebbero dal disconoscere questa distinzione tra pace e pace, considerando la pax gentium stessa un'anticipazione del Regno? Comporterebbe pensare che la pace, per il fatto stesso di esserci e anche intesa come semplice assenza di guerra, realizza la migliore salvaguardia della verità e della giustizia. Se la pace internazionale è valore assoluto, essa non può essere messa in discussione per motivi di verità e giustizia. Questa prospettiva, sostenuta a quel tempo soprattutto dalle correnti pacifiste anglosassoni, è considerata da Bonhoeffer una pura illusione (GS I, 154). Il comandamento della pace non ha una cogenza sovratemporale, ma temporalmente condizionata. Per difendere verità e giustizia la pace può essere infranta, e può essere necessario passare dalla pace alla lotta. La lotta ne esce così giustificata, e con essa la rotLEZIONI tura della pace internazionale. Ma con una precisazione subito aggiunta: giustificazione della lotta non significa giustificazione della guerra. La guerra non è più un mezzo accettabile di lotta in vista della verità e della giustizia (dove va rivelato che Bonhoeffer lascia però nel vago in che cosa possa consistere concretamente la lotta sul piano· internazionale). Non lo è oggi , perché la guerra odierna significherebbe - Bonhoeffer scrive questo nel '32-33 - annientamento di entrambi i contendenti. Annientamento non solo fisico. La guerra moderna è la guerra che nasce dalle fabbriche e dall'industria, è la guerra-macchina, e come tale è una realtà essenzialmente occidentale (anche se esportata con successo). La tecnologia che partorisce guerra produce annientamento fisico, non produce quella che è stata poi chiamata "precisione chirurgica" nell'intervento armato. Ma essa annienta l'uomo anche nella sua dimensione interiore, ne requisisce non solo il corpo ma anche l'anima. Qui non ci sono vincitori e vinti, perché tutti sono perdenti. L'alternativa dunque secondo Bonhoeffer non si pone più tra essere a favore della guerra e del ristabilimento della giustizia da una parte ed essere a favore della pace e tollerare l'ingiustizia dall'altra, ma nel determinare se la guerra sia o non sia strumento possibile del ristabilimento della giustizia. È uno schema argomentativo conforme nella sostanza a quello che verrà utilizzato nella Pacem in terris (1963 ), dove si afferma che considerare la guerra come mezzo adatto a riparare i torti e a ristabilire il • diritto è "aetate hac nostra", cioè oggi , "alienum a ratione" (cf. GSS 1599): oggi, cioè, non in astratto, ma nella nostra epoca, che si vanta di possedere uno strumento di guerra come l'atomica. La differenza - dovuta solo a motivi cronologici - sta nel fatto che Bonhoeffer parla non di atomica, ma della "macchina" cometale; cioè della tecnologia. La seconda tappa consiste nell'affermare che la pace non si difende attraverso la politica della sicurezza, perché la pace è qualcosa che si ottiene solo se si è disposti a rischiare per essa. Questa tesi è stata sostenuta çlaBonhoeffer nel 1934 in un convegno ecumenico a Fano, ed' è stata ripresa nel 1985 da Cari von Weizsacker nell'invocare un Concìlio per la. pace - quello che poi si è parzialmente realizzato nell' Assemblea ecumenica di Seoul su giustizia, pace, salvaguardia del creato çlel 1990 (e Basilea 1989). Questa tesi rappresenta l'apice "pacifista" del discorso bonhoefferiano sulla guerra. La politica dei trattati, delle alleanze militari e della deterrenza non produrrà la pace. La pace è il grande rischio, è il contrario della sicurezza. Chi ci sa dire - chiede Bonhoeffer - quali conseguenze si avrebbero per la storia del mondo se un popolo attendesse disarmato, forte solo della preghiera, il suo aggressore? (Gs I, 218). Siamo qui lontani dall'interpretazione clas- .sica del non uccidere, che abbiamo visto all'inizio. In questo momento Bonhoeffer abbandona ogni argomentazione storica, e fa suo uno stile radicalmente profetico. Ora egli sostiene che la volontà di Dio può essere compresa solo attraverso una lettura semplice, ingenua, sine glossa, del Discorso della montagna. · L'unica argomentazione dotata di rilevanza realistico-politica di cui egli si serve riguarda

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