Lo Stato Moderno - anno IV - n.3 - 5 febbraio 1947

- LO STATO MODERNO nabile un esame di coscienza delle sinistre. Poiché gov~rnare senza la democrazia cristiana non si può, e poiché abbandonare il potere sarebbe follia, occorre decidersi a darsi non dirò un programma ma un rit– mo, una volontà, una serietà, una adeguazione alla situazione reale del paese, senza di che necessaria– mente ogni tentativo di costituire un governo effi– cente apparirà (e sarà) un colpo diretto contro le si– nistre. Si rischia insomma di far coincidere la nozione di governo efficente con un governo da cui siano escluse le sinistre. La volontà di costruire e di camminare (ed entrambi i verbi postulano una presa ben salda della realtà) trascinerebbe la democrazia cristiana; continuare nel gioco puramente formale di rapporti tra partiti disinteressandosi sempre più dei problemi effettivi del paese, trascina solo Giannini. Chi si do– manda se andremo o se non andremo a Parigi il 10 febbraio? E che cosa ci andremo a fare, e se non ci andremo, come intendiamo utilizzare l'assenza? Chi si domanda che cosa pensa il paese dei democri– stiani accusati di essere venduti a Washington e dei socialcomunisti di essere venduti a Mosca, e ,chi si preoccupa se tra gli uni e gli altri il paese non finirà sciaguratamente con lo scegliere qualcun altro, di cui tutto si dice, magari che é fesso o forcaiolo, ma vi– vaddio, fesso e forcaiolo di casa nostra? E chi mostra· di palpitare se le condizioni tecniche della difesa della lira sono andate peggiorando nel corso del 1946? Siamo all'alba di un nuovo governo. Come e per– ché é morto il vecchio? Ecco una pagina di storia non ancora del tutto chiara. Quel che si sapeva era che il vecchio ·gabinetto trascinava più le sue magagne che non le speranze di servire il paese;-e questa era storia vecchia. Quel che si vide fu che i repubblicani volevano condurre alla chetichella una manovra di sganciamento iniziata sin da quando ebbero persa la colossale occasione della crisi Corbino; che la scis– sione socialista poneva le condizioni tecniche della nuova crisi, e che De Gasperi fu fulmineo nel cogliere l'occasione. Il congresso repubblicano era stato piuttosto cauto nel porre il problema della partecipazione al potere. Meno, in verità, lo era stato nel riproclamare certe ineffabili proposizioni programmatiche che fanno proprio tutta la sua debolezza e inefficacia. E fu un peccato, perché il congresso era sembrato vivo e vi– gile; e la composizione della direzione lasciava spe– rare un esecutivo più ammodernato e più capace di assumere posizioni politiche. E' sembrato che si aprisse una porta, e forse si é aperto solo uno spira– glio. Comunque, che i repubblicani mostrassero una certa voglia di passare all'opposizione, non poteva es– sere né una causa né un pretesto di crisi dell'intero gabinetto. · Altro discorso é da farsi per i socialisti. l socialisti erano uno dei tre pilastri fondamentali dell'equili– brio governativo. E, si badi, i socialisti così com'erano, con una destra e con una sinistra. La loro convivenza determinava impotenza politica del partito, ma al– meno la prima garantiva la democrazia cristiana, la seconda i comunisti. Erano iri realtà non tanto un pi– lastro, ma l'arco che lega le_•colonne e le riduce ad unità. Lo spezzarsi dell'arco rompe l'unità. Fuor di metafora, la scissione socialista pose allo scoperto, una di fronte all'altro, la democrazia cri– stiana e il partito comunista. Il tripartitismo è morto; ci si avvia al bipartitismo? E cioè all'urto, più o meno coperto di parlamentarismo? Può darsi che De Gasperi si fosse fatta qualche il– lusione sulla rapidità con cui Saragat avrebbe occu– pato le posizioni socialdemocratiche. L'errore di tar– danza di Saragat non giustificherebbe l'errore di va– lutazione di De Gasperi. In ogni modo resta il fatto che la scissione socia– lista fu veramente un episodio capace, più che di de– terminare, di imporre la crisi ministeriale, perché essa é una tappa fondamentale nella crisi dello schie– ramento politico italiano. E' questa un'osservazione su cui converrà ritornare con maggior pacatezza, ma basta qui accennarla a confutazione di quanti han par– lato di inutile crisi di gabinetto. Resta la fretta con cui De Gasperi ha colto l'oc– casione. Fretta figlia di compiacimento e presunta ma– dre di rafforzamento democristiano. Battere sul tem– po Togliatti e organizzare il governo senza i comu– nisti, è sembrato il primo « soupir d'amour » di De Gasperi toccando il suolo della Patria. Ma il sospiro si é spento sulle labbra. Del resto sarebbe stato un errore miope, e non l'abbiamo mai taciuto; anche se apparirebbe grave che a spengere il sospiro fosse istato il viaggio di Togliatti a Milano. Appare tuttavia strano, e in certo senso allarman– te, che ogni girondinismo sia regolarmente battuto, che non si riesca a frenare la corsa agli estremi, che le posizioni mediatrici non trovino né uomini né forze per impedire alleviare o ritardare l'urto. Eppure non sembra ancora che la situazione sia già entrata nel circolo infernale che mena alla lotta diretta. Ma l'al– larme va gettato, perché c'è in realtà qualcosa di oscu– ro e di inafferrabile in questa incementabilità di una posizione democratica senza mitologie totalitarie. A questo proposito é opportuno accennare che in questi giorni si va svolgendo nel paese, anche a mezzo di pubblici ufficiali, una insidiosa campagna clericale la quale si volge non solo contro quelli che normalmente si chiamano « libelli », ma anche contro ogni seria po– sizione 'politica che si richiami a fonti culturali extra– cattoliche. Su quali forze si può contare per arginare queista offensiva? Non certo sui comunisti, e lo abbiamo già visto, senza contare che si tratterebbe di una difesa polemica, di una prtodossia contro un'altra ortodos-. sia; non più sui liberali i quali hanno rinunciato alla primogenitura laicale probabilmente per un piatto di lenticchie poi non servito alla mensa della crisi, o forse per un pezzo di torta nelle misure finanziarie, sempre minacciate e mai attuate. Ed ecco rispuntar fuori le grosse possibilità del nuovo partito socialista dei lavoratori; ma qui preoc– cupano le perplessità, le incertezze, il buridanismo di

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