Spetttacolo : Via Consolare - anno IV - N.s. - n. 2 - gennaio 1943

FILM ALLA MOVIOLA~,---- "J2a WUJ-Fll einile,, JL film " La morte civile,, tratto dal notissimo dramma borghese di E. Giacometti, si può seoz' altro cOnsiderare come l' opera conclusiva del ciclo produttivo di cui è autore una rlei nostri più sensibili e personali registi, F. M. Poggioli. lu due soli anni Poggioli definisce un suo stile, una sua tendenza e una sua validità narrativa in senso strettamente cinematografico attraverso poche opere forse discutibili sul piano estetico ma di iunegabile interesse critico-storico. u. Addio Giovinezza ,., (CaIlJasio-Oxilia) Sissignora ( Flavia Steno} - La morte civile,., (l"i', Giacometti): la trilogia di Poggioli nasce e si afferma nello stesso tempo in cui tanti nostri registri continuano a perdere il loro tempo nel produrre film in serie al di fuori di ogni finalità che oltre ad essere ben lontana da qualsiasi intento· poetico, è soprallulto priva di quel minimum di elementi di buou senso e buon gusto, di cui il cinema J'"' ars societali ,, per certo filisteismo contemporaneo divenuto "ars societatis ,,, ha il compito precipuo e inderogabile di servirsi. Doude è opportuno dedurre che nuu svno le creazioni e le po• sizioni estetiche a tutti i costi, qudle che formano e sviluppano I' ossatura di una industria cinematografica, ma che piuttosto è la produzione media quella che conta nel campo della reitltà critica, cioè dell'ar• te-industria; produzione media intesa sul piano della plausibilità e dell'intelligenza, che col tempo viene a costituire l' elemento presupposto essenziale per J' affermazione l'efficacia della narrazione per immagini e la fluidità del rhmo puntualizzate nella mirabile e personale funzionalità che il re• gista dà agli esterni, e nella recitazione di due ottimi attori di cui uno espertissimo, la Fefida, e l'altro debuttante o quasi, Ro. Jando Lupi, una rivelazione di Poggioli, volto espressivo, sintesi originale di alcuni classici " tipi " del cinema americano e francese. Con " La morte civile,, Poggioli fissa anche più chiaramente i limiti della sua · posizione 8rtistico • culturale di fronte al suo cinema ·e cioè alle riduzioni drammatiche o letterarie. L'ahitudiue che caratterizza Poggioli di ispirarsi ad opere prive (del tutto o in parte) di qualunque validità o intenzionaJità poetica, considerali i notevoli risultati che i suoi film danno, è da defi• nirsi evidentemente " casuale ,; ricca di di possibili intuizioni, in un certo senso tecnica. Infatti opere di poco impegno nar• rativo o drammatico che presentauo perso• napgi letterariamente falsi o mal definiti, possono offrire forse ad una' sensibilità sviluppata grandi possibilità di autentica ispirazione cinematografica eia da un pun. to di vista strettamente formale, che da un punto di vista contenutistico, cioè a dire più agevole liberazione da eventuali echi letterari che rischiano di reeta~re nell'occhio (spirituale) del regista come in quello materiale dello spettatore con poco vantaggio ai fini della creazione del filw e del suo eventuale successo di criti• di un'autentica produzione artistica che ca e di pubblico. E tanto è avvenuto nel necessariamente e logicamente non può identificarsi che nella realizzazione di un limitato' numero di opere d' arte, cui un clima di maggiore selezione (pul,blico•pro• duzione) conferisce un'eventuale più valida effieacia ai fiui spettacolari e estetici nel tempo stesso, cioè ai veri e propri fiui del fenomeno cinematografico. Con " La morte civile ,, si poò fare il punto sulla migliore produzione di F. M. Poggioli il cui lavoro non è seguito da quell' intelligente e in• dispensabile fervore di critica, che in que• sto caso anche attrave~so i migliori dei suoi rappresentanti si mostrò assai timida 'nel1' affrontare un giudizio estetico più rigido di quanto non sia solito avvenire per il cinema italiano, a dir di alcuni per certe cause che si giustificherebbero però solo in parte nella mediocrità qualitativa della nostra produzione. Poggioli ci ha dato ultimamente u Ge• losie,, tratto dal « Marchese di Roccaver• dina • di Luigi Capuana e non v' è chi non riconosca anche tra quanti accusano Pog• gioJi di decadentismo o di borghesismo 46 Fondazione Ruffilli - Forlì " La morte civile ,, ove la traduzione è di• venuta " ricreazione ,, attraverso un rac• conto organicamente alternato, attraversa una recitazione sobria e intima contenuta e profooda, che copre lutti i personaggi di un velo di triste astrazione,· di una fredda JDa partecipe drammaticità, elemento primo di quel pathos. ambientale necessario iu qualunque opera ai fini d.i una sana impostazione corale della vicenda. Il dramma cinematografico, il " conflitto in una idea ,, nella definizione Eisenstein, è sviluppato e compiuto sino alla risoluzione tragedia in una sua sofferta e trasfigurala veridicità (solo in qualche momento sfiorerà i limiti del lirismo antifilmico e del melodrammismo) per sboccare nella coralità e nell'epica finale e raggiungere nella scena della chiesa prima e poi nell'esterno dei paesaggi il suo diapason di commozione. Questo diapason d·opo la calma sempre drammatica dell'incontro Ira Corrado e la figlia si risolverà con la fuga dell'uomo in corsa verso H bur• rone della sua vera morte. A fianco a ques• te indimenticabili r1•stano la scena dell'uc• cisione per una sua raggiunta potenza drammatica, quella dell'arrivo al paese per una intelligente introduzione di personaggi e di ambiente e quella iniziale per una sua originalità ricavata formalmente, cioè au• tenticamente, da una vecchia e notissima situazione. In questa come anche in altre scene il regista si serve (e si tratta qui in buona parte di un vero caso di collabora• zioue) di una recitazione di gran rendimento che il più delle volte realizza auraverso una precisa identificazione fra per• souaggio e attore esattamente cinematografica in quanto fisica e intima al tempo stesso. Nincbi ha all'inizio degli sbandamenti "teatrali•• di cui è da incolpare anche l'incostante sceneggiatura, ma ritrova poi se stes• so confermando tutta Ja fiducia che oggi il cinema italiano ripone in lui, mentre la Sassoli cui, grazie anche ad un intelligente operatore si risparmiò la prospettiva•pro• filo ricordo della Lucia di Camerini, e la prospettiva frontale adatta alla sua con• formozione facciale, trova una candida e fortissima espressione che regge per tutto il film. La noslr; segnalazione al di là di una necessaria precisazione in merito a Poggioli e a questa sua ultima opera, non può concludere che con l'auguflo che il regista resti in futuro all'altezza della cifra raggiunta e che alcuui sintomi di deteriorità e di commercialismo che pofrebbero notarsi in certe sequenze minori di " Gelosia ,, u girate ,, e recitate con negligenza e nel recente accelerarsi della produzione del Nostro siano un puro frutto contingente di qoeHa crisi che il cinema italia• no attraversa e per il cui superamento F. M. Poggioli resta uno dei pochi registi sui quali domani si potrà ancora contare. , MAURIZIO BARENDSON * " . . . Una supervalutazione della visività del cinema come composizione dell' immagine, è un corrispondente errore li quell' amor del(a parola che nella dolcézza fonica della parola esaurisce l' intima vitalità della poesia. Ma il messaggio del poeta è, idealmente, al di quà della mia voce e il giudizio valga nel mio significato metaforico, anche per il cinema . . . ,, VITTORIO FROSINI

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