Spetttacolo : Via Consolare - anno IV - N.s. - n. 2 - gennaio 1943

LAFESIA del IPARADDSO di LEONARDO DA VINCI e BERNARDOBELLINCIONE L' JDEA della festa l'aveva avuto Lodovico il Moro . che voleva, con essa, dare a Gian Galeazzo Sforza ed aLla di lui moglie Isabella l'illusione di una sovranità che in realtà non era che nominale: Leonardo e il Bellincione porta,rono il loro validissimo contributo. Leonardo fu maestro di apprestamenti scenici e ad essi, come a tutto ciò cui pose mano, giunse col suo vasto ingegno, con la sua fervida immaginazione, con la sua abilità cli grande artigiano (artigiano nel senso che egli sapeva far di tutto pro,prio da operaio, conoscendo ogni lato deJ mestiere, più mestierante, forse, a un certo momento, che artista vero e proprio: un tecnico, insomma). La relazione, scritta dallo stesso Leonardo (Bibl. Estense, Cod. ital. n. 521, a J. 4, 21) che qui di seguito riproduciamo, fa pensare, inevitabilmente (per tutti gli elementi che in essa sono mossi - battute di spirito, apparato scenico e coreografico, tutto un muoversi di simboli, un agitarsi di figure e di cose, uno sfarzo abbagliante tutto teso a comporre nell'aria dell'ambiente una sensazione euforica che trae ragione di vita e dai motivi che l'hanno eiettata e - in particolare - dallo sviluppo che vengono prendendo) a tutte le manifestazioni del teatro d'oggi e in particolar modo a quel genere di spettacolo detto rivista. In questa « festa del Paradiso » ritroviamo infatti tutti quegli elementi che compongono gli odierni avanspettacoli ed in particolar modo le riviste americane come ce le ha fatte conoscere il cinema d'oltre Atlantico. Leonardo, di questa «festa», nata per assecondare gli scopi di Lodovico il Moro, se,ppe fame con il testo, con l'apparato scenico e coreografico un insieme talmente vivo e valido, spettacolistiéamente parlando, che esso superò la necessità del momento. In questa relazione che ripubblichiamo su « Spe_t-. taco/o » noi vediamo i germi di quel teatro che vogliamo. Di quel teatro che non vuol essere piatta e stolida rappresentazione delle solite miserelle cosette borghesi, ma che vive d'una sua vita fatta di astrazione e di capacità immaginifica. Non generico e neppure simbolico: astratto. Anche se per giungere ad esso oc.cor.re pai.sa'l'e (pel' contentarle) attraverso le esigenze le più disparate. « El Paradixo era factto a la similitudine de uno mezo ovo, el quale dal lato dentro era tutto messo a horo, con grandissimo numero de lume ricontro de stelle, con certi fessi dove steva tutti li sette pianiti, segando el loro grado alti e bassi. A torno l'orlo de sopra del dillo mezo tondo era li xlj signi con certi lumi dentro dal vedro, che facevano un galante et bel vedere: nel quale Paradixo era molti canti et soni molto dolci et suavi. Trete certi schioppi, et ad un tratto cade zoso el panno de razo che era dinanti al Paradixo, dinanti al FondazioneRuffilli- Forlì quale remase uno sarzo fino a tanto che uno putino vestito a mo' de Angelo have annuntiato la ditta representatione. Livro de dire le parole cade a terra ditta sarzo, et fu tanto si grande ornamento et splendore che parse vedere nel principio uno naturale Paradixo, et così ne lo audito, per li suavi soni et canti che v'erano dentro. Nel mezo del quale era ]ove con li altri pianiti apreso, segando el loro grado. Cantato et sonato che se have un pezo, se fece pore scilentio ad ogni casa; et ]ove con alchune acomodate et bone parole rengratiò el sum· mo Idio che li avesse conceduto de creare al mondo una così bella, legiadra, formosa et virtuosa donna come era la Ili.ma et ex.ma M.a duchessa Isabella. Apollo, che era disopto, se ma [ ra) vigliò de le parole che disse love, et se dolse che havesse creato al mondo una più bella et formosa creatura di lui; Giove li rispose che non se ne doveva maravigliare perchè, quando lo creò lui, se reservò de potere creare una più bella et formosa creatura di lui, et che fin qui la haveva reservato per concederlo et donare a la Ex.ma M.a duchesa I xabella, et che voleva discendere in terra per exaltarla et gloriarla. Et così discese del Paradixo con tutti li altri pianiti, et andò in vetta de uno monte, et de grado ditti pianiti se li poseno a sedere apreso. Come furno tutti aseptati, mandò per Merchurio a noctificare a M.a preditta, coma era disceso in terra per honorarla ed exaltarla et magnificarla et per donarli le tre gratie et acompagnarla da le sette virtù cioè iustitia, temperanza, fortezza et altre sito compagne; et così Merclwrio andò da sua ex., et con molte bone parole li noctificò la venuta de Giove in terra; et poi retornò a Giove la risposta. Audito questo li sei pianiti, et inteso la raxone perchè era venuto in terra, tutti a uno a uno rengratiorno J ove della revelatione che li haveva Jactto de una tanto bella et virtuosa donna che haveva creato al mondo, confermandolo ne la ma volontà de doni li voleva fare, et zaschuno de loro, per hordine, li offerse la virtù et posanza sua Giove comandò a Merchurio che andasse per le tre gratie et per le sette virtù. Ne Io andare che fece, Apollo se dolse a Giove, et concluxe se pur haveva deliberato de farli un tanto dono che a lui concedesse gratia che el fusse quello che glie le presentasse; et Giove li concesse la gratia. Retornò Merchurio con le tre gratie ligate in un capestro con sette nimphe et sette virtù, le quali nimphe havevano zaschuna de loro una torza bianca in mano. Giove comandò Apol- •lo che le menasse a la !Il.ma Ex.ma duchesa lsabela, et per sua parte glie ne facesse un presente. Apollo andò da M.a et con mqlte parole dolce et suave ie apresentò la sua Ex. per parte de Giove et ditte le parole li donò uno libretto, nel quale contene tutte le parole che se sono ditte in ditta representatione; nel quale libretto era A lchuni soniti facti in laude et gloria de potentati suoi de li horatori, che li erano presenti, et così de loro proprii, et a tutti ditti horatori ne fu dato uno per zaschuno de la sua ex. Le tre gratie comenzorno a cantare in laude de la preditta Ili.ma M.a Isabella per rasane. Finito de cantare, cantò le sette virtù in laude pur de sua ex., et acompagnorno quella in camera insieme con le tre gratie. Et fu finito la festa; la quale fu tanto bella et bene hordinata quanto al mondo sia possibile a dire: di che tutti qui/li che si sono trovati presenti a vedere ditta festa ne hanno a refferire gratie al nostro S.re Dio et a lo Ex.mo S. M. L [ udovico J, che li ha dato tanta gratia et piacere di havere visto una tanta festa così triumphante et bella ". GIANNI RATTO 21

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