Spettacolo : Via Consolare - anno III - n. 1 - dicembre 1941

ClN lMA• TlATD• DOAPIO ~IVl~TA MlN~lllDli C~UPPI ~A~Cl~ll UNIV[~~ITA~I Fondazione Ruffilli - Forlì 1 D(IlMP ~l A. 'A'A P~[ZZOll~l,

Fondazione Ruffilli - Forlì

~ ANNO lii - NUMERO l DICEMBRE 1941 - XX ~=====-----~ PETTACOLO r/Uui:i.tamenailedei cine-- teatti -- tadi10gu/d' :Jtatia SOMMARIO ARMANDO RAVAGLIOLI: DELL'INTELLIGENZA. GIUSEPPE AI TONELLI: VITO PANDOLFI \VAGNl~R, I MF.:INJNGER. E: AN- 'l'OINE. DIEGO FABBRI: NECESSI'l',\ DELLE INTENZIONI. GERARDO GUERRIERI: UNA RAPPH,l<::SEN'l'AZIONE Ol "S'rURi\1 UNO DRANG ,,. ORAZIO COSTA DALLE" LB'r'l'ERE DI A~ILl~'l'O,,. E RICO PRAMPOLINI: RJVOLOZlONI E RF~AZlONl DEL LA SCENOTECNICA l'l'ALIANA. G. A.: CllONACRE DI •n;ATRO. CARLO LIZZA I 'l'Ril:: PUN'rl SUL CINEMA. TURI VASILE: NOTA A VENEZIA CINEMATO· GRAFICA '41. RUGGERO JACOBBI: CRONACHE DEL CINEMA. T U R I V A S I L E ·: TRA RADIO E 'l'EATRO. 3 atti di Tullio Pinelli DIRETTORE: ARMANDO RAVAGLIOLI LA REDAZIONE i TURI VASILE capo-redattore GIUSEPPE ANTONELLI - DIEGO FABBRI GERARDO GUERRIERI - RUGGERO JACOBBI ALBERTO PERRINI - WALTER RONCHL Fondazione Ruffilli - Forlì DirezioenAemm.•f•D:RL- ìPalazlzitotorio- lei.601•8C/CP.8/639-5RedazioRnOe:M- VAiaCrescenzio,'.43. lei.54-293 Abbonamento a nuo L. 30- semestraLl.e18• Unnumero L. 3 • DistribuzioDn.eI.LS1.Rom- aVias. Pan1e13e1o, (J)efl'Ullldli ' (Jlll21L C'è un ■ettore della molteplloe attività della polis che non si piega neppure alla totale ratio della guerra; può auumere dlveue forme, piegandosi alle constatate necessità contingenti, adeguandosi al ritmo del tempi, ma non cede. È la politica dell' intelligenzà. Rinunciare ad essa slgnUlcherebbe perdere Il controllo del motivi che sta11110 alle origini del combattere stesso, si tradurrebbe in uno svuotamento di conte,nuto del conflitto che ~ nonostante gli insegna.menti di certi maestri positivisti - ha nelle midolla cerebro di idee, dimostrerebbe in definitiva la incapacità di quel popolo e di quello Stato che lo facessero a bilanciare in ogni istante le esigenze equilibra.te ed umane del bruto e dell'angelo; in sostanza la loro impreparazione alla vittoria. Eocool perciò a plaudire dalle caserme dove, nella. eleganza surreale del grigioverde, maturiamo la nostra creta di uomini In macigno di comba.ttenit, ad ogni fermento, a.d ogni impresa, ad ogni volontà che dimostrino un trasmettersi della fla.ccola ideale ed uno stimolo al perpetuo divenire della interiore vita delle fantasie e degll spiriti. Ma, polchè permang-ono residui strati di gelosia ammantati di dlff\• denza per ciò che è esplicita.mente cultura, per quella che è sostanza di vita avverata da forme ideali, è indispensabile dimostrare che l'azione per la cultura non è dlsta.cca.ta o fuod fase con gli avvenimenti del!' ora. Non predichiamo un assoggettamento, al badi, un ancoramento al tempo di ciò che al tempo non potrà mal eHere condizionato perché rivelazione _di ogni epoca e dominatore di ogni spa.zlo. Ma noi richiamiamo gli uomini della. cultura e delle arti al loro fondamento umano, al loro tessuto connettivo etico e pretendiamo che la loro morale - legata nelle sue manifestazioni al tempo e alla storia - sta. assoggettata al categorici Imperativi che impegnano Il. pop.olo; pretendiamo che, in virtù di speciosi motivi blzantineschl, non vengano sottratte l'Ila lotta le energie migliori. Resta pertanto pacifico - a scanso di equivoci nell'uso delle parole - ohe per noi l' intelligenza implica Il concetto e la funzione di ''critica,,• ma ne resta esclusa la erosione; è sinonimo di individuo ma è negazione di lndlvlduaìlsmo gretto. Libertà di vena, quindi, di lsplrazlone, ma impegno sul tono e sul costume. Data questa nostra posizione, nessuno si stupirà se comprendiamo la politica dell' intelligenza nel quadro della politica di guerra. Alla ribalta, sullo schermo, attraverso le onde dell'etere, si deve creare non l' espediente di una distrazione -per un popolo tmmeuo nelle asprezze della guerra, ma si debbono fucinare ali per quello spirito collettivo che dal dramma del momento ha ragione di attendersi le vette di una spirituale catarsi. Sarebbe quindi ingenuo volerci fare colpa di qualche fra11e accesa o di posizioni d' estrema destra, quando di queste parole e di queste posizioni noi sapremo dare lnequlvooablll le ragioni in nome di un integralismo che per noi non è solo abito di gioventù, ma scheletro del nostro carattere e motivo di certezza nella persistente glovanllltà del nostro spirito; integralismo di artisti, dl appanlonati della politica e dl soldati. ARIIIANDO ll,t V..fQLIOLI 1

di {J,iu(J,eppe, {!/,v,,t,o nelli, Alla rinnovata serie di una rivista in rapporto ai mutati indirizzi polemici più o meno corrispondenti ad un avvicendarsi di uomini, è consuetudine far pre• cedere un avvertimento che di quelli e di questi renda in sintesi quella che con termine ca,ro alla critica letteraria potrebbe dirsi la cifra (dicendo cifra naturalmente intendiamo non soltanto un nucleo di interessi culturali e spirituali ma anche ogni punto di vista assunto volta per volta e qualsiasi presa di posizione che in essi è possibile ridurre e definire). E purchè l'assunzione del nuovo titolo seppure significativo può soltanto indicare, e molto approssimativamente, la materia che sarà oggetto della rivista, è necessario pertanto riassumere i criteri in base ai quali saranno trattati i problemi inerenti a quel nome collettivo che è teatro. Alla quale ultima definizione poi riduciamo ogni possibile impegno teoricamente assoluto. (Con tutte le conseguenze che ne derivano.) Perchè se la trattazione teorica non esorbita dai nostri compiti non è precisamente a quella che noi tendiamo ma è piuttosto a un modo di comunicare assai più immediato, a un modo in cui il riferimento concreto sia evidente, calzante, puntuale. In sostanza non intendiamo isolarci in una sdegnosa, aristocratica sdegnosità culturale, ma, sia pure attraverso una severa impostazione tecnica, affrontare questioni di tutti i giorni, relative magari a fatti singoli e contingenti. Ovvio dire naturalmente che non è al particolare per il particolare che vogliamo J ermarci. Premesso questo, alcune distinzioni, le nostre distinzioni data la complessività del fatto teatrale e, date le esigenze di una individuale polemica si rendono necessarie. ••• Il testo letterario. Che è un certo dato ben defi• nito e staccato ; la cui natura, così decisa, a nostro avviso, non dovrebbe lasciare possibilità di soluzioni illogiche e di contaminazione nei confronti degli altri dati, degli altri elementi che hanno concorso a for- 'mare il risultato ultimo e unitario di uno spettacolo. In quest' ultimo quei vari elementi perdono il loro significato individuo, ma non prima e perciò un testo rimane quello che è ; una notizia letteraria. Attualmente, anno millenovecentoquarantuno, si può giurare sull'inesistenza di un testo teatrale italiano, cioè di un "qualcosa,, di storicamente calcolabile. Se però si prescinde, ed è cosa assai strana e curiosa, da questo mancato valore storico e ci si contenta per necessità pratiche di inventariare secondo un certo criterio allora in esso conviene distinguere i due aspetti più larghi; aspetti non eccessivamente diversi, in.quanto ambedue derivati da premesse assai affini che consistono più o meno nell' etichetta generica eppur elfi2 FondazioneRuffilli- Forlì cace del cosidetto " teatro borghese ,,. Il primo, il " teatro commerciale ,,, il secondo, tutto il resto, oppure " teatro poesia ,, . Il teatro commerciale è una specie di combinazione eterogenea risultata dal vecchio teatro borghese filtrato attraverso la casistic(l pirandeliana, il peggiore estetismo di Rosso di San Secondo e i " gioc]ietti ,, del teatro del grottesco. Non è poco, ma si aggiunga a ciò che mai nessuno interesse culturale e letterario ha potuto inquietare i cieli fermi e meccanici della sua tradizione, che nessun sommovimento estetico nazionale od europeo (e ce ne sono stati) è riuscito a determinare se non superficialmente in qualche modo i suoi interessi stilistici o di contenuto, e si vedrà come la sua esistenza sia legata esclusivamente a un fatto pratico e contingente e come ogni giustificazione spiritiiale sia da un pezzo scomparsa potendosi ridurre qualsiasi altra giustificazione al persistere di un pubblico di sensibilità pacchiata, esempio lampante di un povertà intellettuale e culturale delle generazioni più vecchie e di una mentalità e di an senso della vita non abituati alla feroce, continua macerazione degli ultimissimi giovani di vent'anni, e sopratutto al persistere di una formiila di organizzazione spettacolistica fondalmentalmente utilitaria, capitalistica, democratica. Quest' ultima è infine la ragione decisiva e si riassume nella formula della Compagnia di prosa, alla quale è possibile far risalire per gran parte la responsabilità dell'involuzione in cui si dibatte tutta la scena italiana. Si assiste così al fatto sconcertante di uno stato che mentre afferma teoricamente i suoi principi etici e totalitari li rifiuta in pratica davanti ai disintegrati ma troppo comodi metodi di una civiltà che considera sua nemica mortale. L'impotenza congenita di questo teatro infine è dimostrata dal fatto che quando ha voluto parlare della "passione ,, che agita l' animo degli ultimi ha creduto di attualizzarzi e di esprimerla, comprimendola in certi ridicoli schemi di vita e di mestiere oltre i quali la sua sciocca e . meschina mentalità non poteva certo sconfinare. D' altra parte, poichè la sua importanza spettacolistica non supera affatto quella letteraria, cioè, dato che non presenta alcun interesse anche dal punto di vista puramente scenico in quanto vive su una compromesso una volta sopportabile ma adesso per lo meno ridicolo, di esso non ci occuperemo in queste pagine, se non per quei riferimenti che il nostro lavoro di cronisti od altro ·ci imporranno di necessità. Riguardo all'altro teatro, il teatro di poesia, il nostro impegno più che propriamente letterario e quindi critico, dovrebbe essere di natura morale, in quanto con questo interessamento si intenderebbe riconoscere la serietà di lavoro e la dignità di propositi che di esso sono state costanti caratteristiche. Tuttavia per quanto la giustificazione estetica cioè l' esistenza vera di un fatto artistico possa sembrare problematica o per lo meno assai rada perchè non è con le sole buone intenzioni che si scrive di teatro la nostra considerazione sarà soprattutto critica, e la benevolenza in que-

sto fatto starà nel trattare da un punto di vista molto relativo e nazionale cose che andrebbero trattate invece da un punto di vista assoluto ed europeo. Questa carità è almeno nelle nostre intenzioni migliori ma non è detto che la si debba interpretare nel senso di un giuramento. Questo teatro ha una definizione storica c11riosa. In realtà non è un vero teatro o per lo meno lo è meno di quanto le correnti drammatiche e11ropee da cui è in parte derivato lo fossero o lo siano. Diciamo in parte e intendiamo una derivazione piii che di intuizioni (sebbene anche in ciò la cosa sia evidente) di tecnica drammatica, cui le avventure del " decentramento,, e de{" silenzio,, hanno dato una profondità di echi e una serietà di soluzioni assai notevoli. Ma sopratutto la derivazione si scopre nelle correnti puramente letterarie sia italiana che europea. Oggi non c' è autore di teatro, italiano, che non si possa anzi che non si debba riaccostare a un qualsiasi movimento letterario e il male, in ciò, sta proprio nel fatto che l' accostamento non è un potenziare sto_ricamente quel teatro ma precisamente un limitarne la natura tea- • trale riferendogli delle qualità estranee._ . Cioè gli scrittori nel teatro di poesia sono quei tali che allenatisi su un mezzo tecnico drammatico hanno portato al di sopra di esso degli interessi già risolti altrove assai più brillantemente e poeticamente. 1'utto ciò potrebbe sembrare ri1Jolto alla conclusione dell'inesistenza di un fatto teatrale, ma anche qui una distinzione si rende necessaria. Una simile conclusione è da avvallare quando si voglia valutare rigorosamente l'effettività estetica di questo teatro, e qui saremo tutti d'.accordo nel sostenere che una sua artisticità storica non troverebbe pezze d' appoggio sufficienti neanche nel più benevo'lo critico, ma 'non è altrettanto accettabile quando voglia significare la negazione di 11naconsistenza teatrale come mezzo tecnico. Non c'è dubbio, e l'abbiamo già detto, che la l'etterarietà ha pesato con danno ma solo quando ha imposto. troppo esclusivamente le proprie soluzioni tecniche ad una f ornutla che' nell' evoluzione teatrale dell' ottocento europeo pur essendosi allineata ad Ima concezione letteraria manteneva tuttavia all' interno le premesse inderogabili della sua differenziazione. , La teatralità del testo drammatico di questa epoca ha una fisionomia storica diversa da quella del testo del seicento per dire, onde un cambiamento impressionante di p11bblico, ed essa si avvicina per affinità fortissime a• tutta la letteratura in genere ma continua per suo conto nella ricerca della tecnicità del dramma, distinguendosi quindi da quella. Concludendo il testo cosidetto di poesia in Italia ha una validità e un' importanza quasi trascurabile e la sua fisionomia men che originale si compone di alcune linee sommarie e generiche prese dall'ultimo teatro e dall' ultima letteratura europei. ••• La questione dello spettacolo è di impostazione_ diversa e vi concorrono elementi e ragioni di natura pratica e sociale. . E' be~e però distinguere che parlando di spettaFondazioneRuffilli- Forlì colo non intendiamo per ora di parlare di quel com• plesso di fatti preliminare allo spettacolo cioè della organizzazione ma proprio dello spettacolo come risultato finale, come dato artistico. La vita del teatro europeo di q1iesti ultimi cinquant' anni è una vita assai densa difatti ed esaurisce con tutta probabilità un periodo molto significativo della storia teatrale. Ma una sna importanza decisiva questo teatro afferma proprio con l' evoluzione della tecnica dello spettacolo. Il significato dei Meiningen, di Staninslawky di Nemirovic Dancenko trascende i limiti delle singole personalità e afferma varie esigenze tutte importantissime nella storia del teatro tra le quali, secondo quanto ci serve di dimostrare in questo scritto, alcune inpegnano u11 ri11novamento dello stile spettacolistico e u11adiversa organizzazione pratica che questo rinnovamento· renda possibile, cioè un nuovo spettacolo da una parte, e (proprio così) il teatro di stato dall'altra. E non speculiamo sul fatto che quello dei Meiningen era un teatro di stato nel senso vero e proprio perchè ad esso occorre riferire i limiti, per noi varcati, di una data dell'altro secolo addirittura. Tuttavia resta vero che una svolta importante in questo senso si ebbe in quegli ultimissimi anni dell' '800 ; quando Antoine rappresentava lbsen in Francia per la prima volta, scopriva Becque, Portoriche e scandalizzava con certe, oggi ingenue, trovate veriste e quando Adolfo Appia scriveva certi capitoli sulla regìa del dramma wagneriano che assurgevano a teorica della regìa in generale. Teorica che si venne conquistando un equivalente pratico impressionante nelle realizzazioni sceniche dei primi vent'anni del novecento ed oltre: L'abbrivo dato in Russia dal " Teatro cl'Arte .. fu semplicemente formidabile se si pensa a Meyerhold a Jevreinoff, a Tairov, abbrivo che sfocia nel teatro della rivoluzione bolscevica cui, accettando u11a certa definizione di teatro, occorre riconoscere la vitalità più moderna che la scena del mondo possa vantare. Comunque, è un fatto che lo, sganciarsi dello spettacolo dal testo costituisce il segno più puntuale e infallibile di un ;innovamentò tecnico dello spettacolo, ed_ è <J,uesto che ci inte~es~a in definitiva. ·un Reinhardt, un Piscator, un Craig, e tutta la schiera di registi europei, pii'!, o meno celebri da Vaktangov a Pitoej{_ a Bàty a Firmin Gemier stanno a testimoniare di questo rinnovamento. Jacques Copeau che se;,.bra ign?rarlo o ne15arlo, ne afferra invece gli elementi più interni gli echi più n0;scosti. Nei cieli di Montecarlo e di Parigi potevarw vivere assieme alla musica cli Stravinsky il balletto di Diaghileff, la scenografia cli Bdkst. Sono testimonianze importanti anche se non si voglia parlare di visfoità dello spettacolo di prevalenze visive o altro ; tutte cose q11este ultime perciò che q11i non accogliamo pofomica"!-ente, In Italia i riflessi furono piuttosto marginali e sperimentali e nemmeno determinati da necessità ideali qu_anto piuttosto da spirito snobistico e intellettualistico. Troppo pesava una allora pur viva tradizione girovaga, guitta, e scapigliata. 3

Lo spettacolo italiano ha appreso soltanto la lezione del naturalismo scenico, e nel peggiore dei modi; il resto, e in Europa sono successi dei fatti alquanto pesanti, è -.estato in superficie : il risultato ne è il mat• tatore, il capocomico, che a loro volta sottintendono implicita~ente la Compagnia di prosa. Da considerare · qui non come f ormola di sistema pratico ma come indirizzo spirituale e interpretativo dello spettacolo. La individualita del/' attore che dovrebbe scomparire nel tutto unitario dello spettacolo viene potenziata, esaltata, scoperta infine nei suoi piiì nascosti difetti. Il grande attore soffoca i suoi compagni, forza l'equilibrio (derivato dal testo) scenico, crea un q,~alcosa di abnorme di falso, una volta in qualche modo comprensibile nei riferimenti con lo spettatore e con la sua sensibilità ma oggi inconcepibile (assurdo se non fosse invece t,itt' ora imperante mercè un pubblico vecchio e scaduto e un sistema che in termini di po• litica teati-ale ha sempre soggiaciuto al pressapochismo, al compromesso, all' incompeten,za. Questo segnare il passo che la scena italiana ha fatto nei confronti di quella mondiale ha portato alla morte accertata di uno spettacolo italiano storicamente attuale. E' 1.m fatto che solo alcuni teatri spe• rimentali e solo per un mimero ristretto di intenditori, riescono ad offrire quella che dovrebbe rappresentare la media minima del valore di esso spettacolo. La sensibilità del pubblico, anche di quello piiì grosso, ha accettato ormai internamente la f antasticità e la stilizzazione di tutta l' arte moderna e con essa quel ·suo ironico, sofferto necessario surrealismo che le permette di ,non protestare davanti alle soluzioni tecniche piiì strabiliu.nti. Orbene il grandguignol di Renzo Ricci il verismo sentimentalistico dell' attore e dello spettacolo italiani non può piiì soddisfarla. Si vuole rispettata una propria intimità, si vuole riconosciuta la faticosa, scavata esperienza umana nei suoi valori 'lii ignuda, essenziale, semplicità. Ma poichè l'esposizione deve essere qui lineare e per sommi capi, correlativamente a quanto abbiamo Bià detto in proposito conviene accennare, per esaurire questo argomento, a quei preliminari di cui dicevamo poco fa, insomma all'organizzazione dello spettacolo. Non c'è dubbio che è proprio su un presupposto iniziale di mezzi, di sistema che quest' ultimo determina se non il proprio valore estetico, per lo meno la individualità tecnica della propria arte. In nessun altro caso di creazione artistica la condizione pratica entra con· importanza così decisiva. Per questa ragione un rinnovamento della nostra scena non può essere richiesto trincerandosi pigramente dietro u una presunta nuova spiritualità e a un nuovo senso del drammatico che lo attuerebbe per impulso interno ma deve essere conquistato con una azione continua nel senso di un rif acimeiito completo della attuale formula organizzativa. La quale, ormai scevri di ogni animosità polemica per l' evidenza 4 FondazioneRuffilli- Forlì stessa del fatto, possiamo definire formula borghese cioé legata a una funzionalità economica capitalista. Non c' è dubbio che iii un piiì o meno lontano ieri essa abbia potuto esaurire le esigenze di un determinato pubblico, offrendo alcuni risultati, oggi è ugualmente certo che non regge ali' intervento di interessi che fanno capo a ,in g,isto notevolmente alfi• nato, e di richieste che possono sembrare di nawra tecnica ma che hanno una loro interna giustificazione psicologica. Del resto vediamo piiì particolarmente. La Compagnia di prosa, unità di misnra di essa formula, per primo è legata, a una mentalità, che per intenderci potremmo dire, capocomicale, e nella s,ia conformazione interna, a ,uia differenziazione gerarchica mortificante la personalità e la persona dell' at• tore. Ma a parte questo elemento psicologico che ri• guarda piuttosto nna moralità e una umanità ancora troppo lontane dal costume italiano la compagnia di prosa non può soddisfarci per ragioni di natura così essenziale che ci si meraviglia ancora come si possa indulgere alle sovvenzioni e agli incoraggiamenti. Ragioni che possono essere riassunte brevemente. La compagnia non è in grado, constatazione assai pacifica, di impegnarsi di fronte a certi presupposti culturali che ormai il livello di educazione del pubblico ci fa considerare come base unica e quasi sottintesa e non solo non riesce ad andare col sno spettacolo piiì in· là del testo come sarebbe invece auspicabile data la povertà della nostra, di oggi, letteratura drammatica e data l' inattualità della vecchia anche se esteticamente validissima, ma neanche a leggere come si dovrebbe il testo medesimo e solo questo. La compagnia riguardo a mezzi pratici in gene• raie è limitata dal fatto che è costretta a girovagare di città in città e pertanto non può darsi ,ma sua dotazione tecnica stabilmente sufficiente, dotazione che è invece imperiosamente rivendicata dalla sensibilità di un pubblico cresciuto alle sorprendenti invenzioni del cinematografo, della radio ed altro. La compagnia, non può avere il tempo materiale necessario alle prove di un repèrtorio così fitto e così variato quale è costretta ad assumere nella segreta speranza di sostituire con gli stessi risultati finanziari, alla qualità. la quantità e non può disporre che di certi attori e solo di quelli. Il repertorio ne viene ad essere determinato ( quando non accade che anche gli autori scrivano le proprie commedie nella considera• zione di un qualsiasi complesso di prosa): si giustificano così quelle esclusioni, quelle dimenticanze, quegli sconoscimenti da una parte e dall' altra, quelle riesuma: zioni, quelle predilezioni che nei nostri anni piiì ingenui sempre ci meravigliarono sembrandoci inspiegabili. Una polemica come questa nostra sul teatro investe naturalmente una questione piiì generale di costume e potremmo divagare profic1tamente in proposito, sem• pre a nostro vantaggio, ma ci siamo ripromessi di documentarci su una base esclusivamente tecnica e di evitare per quanto è possibile ogni discorso generico. La migliore compagnia di prosa, quando il caso volesse che fosse animata dalle migliori ~ntenzioni,

nel senso, diciamo nostro, deve soggiacere alle richieste e alle imposizioni degli impresari dei teatri che sul moncherino ischeletrito della nostra scena fanno le speculazioni e_ i calcoli pià ferocemente matematici. Per questi motivi e per altri che sarebbe troppo lungo elencare arriviamo alla negazione assoluta di ogni residuale forma d' organizzazione borghese e chiediamo che il rinnovamento teatrale italiano avven• ga sotto gli auspici. e in base agli enunciati di alcuni principi politici dello stato. Cioè a dire consideriamo lo stato come il pià direttamente, nel senso terribile della responsabilità, impegnato, in questa fatica di riorganizzazione e lo consideriamo impegnato altresì di fronte a qualsiasi soluzione esso voglia proporre. Alcune recentissime manifestazioni di volontà teatrale dello stato seppure fanno presentire l'urgenza di questi problemi in seno agli- organi dello stato me• desimo sono nate troppo visibilmente sotto il segno neutro e scolorito del compromesso. E' precisam{lnte contro questo segno, emblema di un costume tiepido, comodo e troppo affine alla mentalità italiana perchè non lo si debba stigmatizzare come pericoloso, che questa rivista si pone. Una soluzione se ci deve essere, e non c' è dubbio che ci sarà, sia totalitaria, statale. Teatro di stato che non si localizzi in alcune istituzioni dilettantesche quando queste non riescono a divenire nemmeno burocratiche come attualmente è dato di vedere, ma che si infiltri nelle pià lontane capillarità e sia linfa e sangue di un organismo elfi• ciente e ben costruito. Quindi, fermare le compagnie girovaghe, creare in ogni città dei teatri stabili con attori registi scenografi in numero indeterminato e con mezzi sufficienti, designare direttori intelligenti, informa ti sul serio, che a capo di questi teatri prevedano e attuino stagioni, costituire un organo centrale che sia in certo modo la base politica e amministrativa di tutto il sistema, prendere dei provvedimenti generali e particolari che avviino il funzionamento nel senso voluto. Infine con intransigenza, vero sale di ogni rivoluzione, andare al fondo in tLLtti i problemi, e specialmente quando si presentano con riferimenti alla moralità e alla intelligenza degli individui. Ma ormai converrebbe chiudere questo nostro· discorso se tra gli argomenti che vi entrano di necessità non restasse la questione della critica, la cui intrinseca importanza è accresciuta da una attualità veramente scottante per l' annessa situazione della stampa tecnica. E' una questione che va guardata da molti lati, senza dubbio, ciononostante le varie soluzioni che se ne possono trarre sono egualmente riducibili ad alcune linee generali comuni. Accade sovente a molti di notare come la letteratura (usiamo la parola, ma nel nostro caso è evidentemente inadeguata) critica teatrale sia molto inferiore a quella letteraria per metodo di ricerca, per temperatura, per risultati, e l' osservazione è così ovvia che quasi non varrebbe la pena di accennarla se non ci indirizzasse chiaramente verso la causa vera cui bisogna riferire FondazioneRuffilli- Forlì questa povertà di sistema critico. Che è appunto il non aver chiaro che una letteratura critica deve essere relativa alle particolarità strutturali di linguaggio, quando non si voglia cadere in una invarcabile genericità. Se c' è zm aggettivo che può definire piuttosto puntualmente la critica teatrale italiana è proprio quello di generica. Dove è ovvio che non parliamo soltanto della cronaca quotidiana ma anche dell' altra critica, quella saggistica, quella che si raccoglie nei libri, A considerazioni di carattere storico che si potrebbero fare sull'argomento, relative addirittura a un costume della cultura teatrale italiana preferiamo precisazioni di ordine teorico per arrivare ad alcune con• elusioni che ci preme mettere in evidenza. Abbiamo parlato di genericità della critica teatrale italiana, e di formula critica adattata alla par-· ticolare struttura del _linguaggio. Le due osservazioni concorrono ambedue a significare una inesistente distinzione, storicamente accertata, tra critica del testo e critica dello spettacolo. Filosoficamente il mezzo tecnico, attraverso cui il sentimento si rivela (ci rifacciamo_ a ,ma terminologia idealista in mancanza di altro) appartiene a un mondo strutturale ma è perciò il dato necessario a stabilire ciò che è al di sopra. Nel senso del mezzo tecnico, cioè si raggiunge il significato poetico che, attraverso quello si è voluto ottenere. Il mezzo tecnico è quindi qualcosa di determinante nel sistema di un metodo critico. Nei riguardi di una esigenza di distinzione tra critica del testo e critica dello spettacolo vale, naturalmente, pià la constatazione di fatto della diversa realtà di un copione o di uno spettacolo, che non questa accademica dimostrazione. Da tutto ciò scaturisce immediata una presa di po· sizione nei confronti di una distinzione e.ffettiva e dichiarata di valutazione dello scrittore e valutazione del-lo spettacolo e se volete del regista. Il critico dello spettacolo non deve essere assolutamente quello del testo, sarebbe bene che lo fosse per la ricchezza di echi che saprebbe raccogliere nei riferimenti ma che nello stesso tempo fosse cosciente della necessità del suo sdoppiamento. Taluni riguardo a questi argomenti tagliano, come si dice, la testa al toro non ammettendo l' esistenza in Italia di un testo e di uno spettacolo non dico ri• marchevoli ma s,,fficienti su ima base di gusto medio. In linea genf)rale è vero e lo abbiamo già detto, ma non è sempre vero e rimane poi il fatto che questo nostro discorso in proposito vale proprio e appunto per quanto è giustificato da un dato estetico e non di più. A qttesta esigenza di carattere specifico se ne ag• giunge un' altra ben pià generale di impegno, di profondità, culturale ma poichè parlare in questi termini non conviene, è preferibile cambiare indirizzo. Piuttosto è importante dire che questa deficienza di documentazione nella critica è dovuta al sistema pratico della " cronaca ,, che è un sistema la cui orga• nizzazione il cui modo di funzionare determina necessariamente il carattere della cronaca stessa. Non ci si vorrà negare che il dover scrivere l' articolo dopo lo spettacolo, di notte, non influisca sull'acume è sulla 5

IF010 ALINARI) y~~ ~ ' '-l lt I profondità delle cose che vi si dicono. E in fondo il fatto non sarebbe poi tutto questo gran male se i cronisti ritornassero sulle loro affermazioni e le rivedessero e le approfondissero. Non risulta però l'esistenza di una letteratura teatrale saggistica in Italia, salvo poche eccezioni che riconfermano la regola. La realtà è che non si scrive sul teatro, in Italia.Basta dare una occhiata alle cosidette riviste tecniche e alla stampa. Le cronache dei giornali, salvo quando non sono tenute da nullità, ed è la regola (sull'incompetenza dell'ambiente teatrale italiano c'è ben altro da dire) sono tarate in germe per la loro nascita sforzata. Le critiche dei periodici sono rarissime è troppo isolate perchè possano essere importanti. (Un buon saggio è importante perchè c'è tutta un preparazione culturale, una atmosfera che lo circonda e lo accoglie). Le poche riviste che ancora circolann vanno da una tecnicissima letterarietà, la "Rivista del Dramma,, di D'Amico, a una domesticale e domenicale varietà di interessi, " Scenario ,,, " Dramma ,,. D' altra parte ad ogni ambiente la propria rivista. Per le ragioni che in questo scritto abbiamo fugacemente accennato è necessario rivedere spregiudicatamente posizioni e accezioni sotto il punto di vista sincero di una rigorosa valutazione estetica e umana allo scopo di• concretare in qualche modo quel soffio di vita lontanìssimo e leggerissimo sia pure ma avvertibile e anzi sempre più sicuro che sembra alitare intorno a certi interessi teatrali di oggi, f acilmente riconoscibile nella preparazione e nella accanita polemicità di certi gruppi, specialmente giovanili, che in tutta Italia con maggiore o minore intelligenza, contro la passività troppo comoda di una autopalingenesi delle cose, affermano la volontarietà del rinnovamento. GIUSEPPE ANTONELLI e~ . lll . flU1J(fJll1L ad un' analiJi {-entmu,Ml<J{JWL) W AGNER, I MEININGER E ANTOINE U a breve opuscolo di Appia " La mise ·en scène du drame Wagnerien,, - più che l'opera di -Meinioger o il teatro libero di Antoine • testimonia e documenta sicuramente i primi passi del teatro moderno • perchè è proprio questo opuscolo a porre e ad affermare per primo l' autouomia, anzi l'artisticità pura della messa in scena, e conseguentementt", dello spettacolo stesso • come recitazione di oggetti animati - gli attori ; ed inanimati : le scene, i costumi, le luci ecc. Fioo allora, e _appunto anche presso i Meininger ed Autoiue, era il lato eteronomo del soggetto, e cioè l'essere lo spettacolo un riflesso dei fenomeni sociali, se non di una certa letteratura • poniamo la drammatica - che aveva dominato e preoccupato le menti, almeno nella coscienza più esteriore che esse avessero della situazione. Comunque, nel periodo che noi esami•, niamo • da Wagner attraverso i Meininger ed Antoine, all'interpretazione wagneriana di Appia - non si ebbero a giudicare dalla portata di quello spettacolo nella vita sociale di allora che delle facili applicazioni di postulati teorici - autonomi od eterono• di 'ù-ilo rPandol6i mi • e quindi - che esercitazioni a carattere più o meno preparatorio. Da una parte Appia si confinò nei limiti che la sua immaturità gli imponeva, i limiti wagneriani - finchè non intraprese con Dalcroze il viaggio ad HeJlerau ... ; dal• l' altra i Meininger ed Antoine si lasciarono facilmente suggestionare dai motivi letterarii più vieti dell'epoca . tardo romanticismo e primo naturalismo - non impegnandosi decisamente ad un arte teatrale nel senso più stretto del termine. (Ecco così imporcisi fin d'ora una ri· gida necessità di coerenza. Occorre ormai varcare la vana dialettica autonomia - eteronomia. Di conseguenza, liquidare quello che e' è dietro le spalle. Insensibilmente il passato si esaurisce, la memoria, secondo le regole deUa nostra solitudine, non ce ne rende emozioni, e non sussistono di questo enorme mondo in cenere che le tare o i. meccanismi. Una qualsiasi conver8azione non si riallaccia che attraverso le 61a deteriori e false, le illazioni della storia. Una generazione è chiusa all'altra da scissure totali; e questa legge può così: finalmente porci come elusione della nostra stessa persona, rottura della solitudine attraverso la più stretta contemporaneità di contingenze. Ci sprovvediamo di attributi e di proponi• menti. La nostra forza • noi come individuo e come società • si pone severamente dinanzi alla vita spontaneamente sociale ; la nostra arte si cura della soddisfazione- di un bisogno intimo, appena di qualche cbagrin domestico e di una utilità caritatevolmente distribuita : appena . .. ma è tutto !). Anche in teatro bisogna ormai rispondere con pienezza di sentimeuti alle esigenze SCENOTECNICA ITALIANA. Baldassare Peruzzi (1481-1536) Diseano di nro.t Ptt.ivn .tff":PnnPrrr.fìrn.

che la vita di momento in momento ci im• pone, oltre la vanità dell'autonomia e del• l'eteronomia. Ricercare la pr_esunta autonomia • da Appia a Meierhold • o la presun• ta eteÌ-onomia • da Stanislawki a Pisca,tor • di un fattò teatrale, sarebbe chiudersi iµ un vuoto paragone di supine intenzioni, e tradirebbe proprio nel suo assunto cronianumere una nostra futura pratica teatrale). Il giudizio etico oi rivolge agli apporti teor~tici di queste poetiche • (solo poetiche ·souo per nOi gli sforzi teoretici se non, altro per la loro basilare insufficienza nei riguardi di una nostra poetica) - a una possibile ed impossibile estetica; apporti da teoretici, stico, lo spirito della nostra ricerca ed il tecnici, ed in quanto tecnici ancora validi primo dato che le è a disposizione: la vita ·• seppure quelle poetiche e quegli'spettacoli del teatro nella moda e nel segreto degli siano così remoti ed ai ·nostri sensi ed ai anni trascorsi, ossia rielle poetiche che ce.'. noetri animi; gli apporti di quel teatro al ne rimangono. Porremo dunque un giudizio, nostro teatro, l'eredità e l'avvenire di un ma non un giudizio artistico; un giudizio teatro popolare; l' epoca di allora come che si trasferisca col pretesto di quell'epoca, vive e se vive nella presente. sulla memoria delle poetiche, ancora pre- • sente e ancora attiva e fo,rse deleteria per la nostra epoca: un giudizio a carattere etico : essendo impossibile • per l' impossibilità stessa di una estetica • un giudizio artistico ed in genere qualsiasi giudizio che si riferisca all'esistenza comune (der Mann) e non alla " vergleiche Existenz ,, , o se vogliamo adottare la terminologia di Bataille, ali' esistere e non ali' essere : all'esistere dove " si conosce ,, , dove c' è un bene e un male, dove domina il tempo; e non ali' essere che ci pone di là dal tempo, in una sfera sovrana. Il nostro è precisamente quel liquidare di prima ; l' esigenza della vita - è la morte della cultura o almeno di quella cultura che non è civiltà non risolvendosi negli atavismi racchiusi dal nostro subconscio. 11 trascendeve caratteristico di ogni fatto artistico oltre la misura poco sincera della gloria e dell'eternità • fra i rapporti estremamente privati che intercorrono all'interno dello spettacolo nei riguardi di una pura singolarità d'accordo tra lo spectans e lo spectatum ; ci costringono ad esaminare tutti gli spettacoli : Appia etc., ma anche ogni spettacolo ed ogni pubblico, anche il più ignaro. La distinzione fra arte e qon· arte, in quanto distinzione che non si basa sulla pura realtà psicologica e sul puro gioco dei sentimenti, non ha senso se non per il suo semplice particolare riferirsi ad una personale conformazione di momenti. Appia etc. per noi che siamo fatti in un determinato modo, sono il teatro per eccellenza, ma non lo possono essere, e non è obbligatorio che lo siano, per chiunque. Non si può davvero annullare, in base ad un cri• terio così poco certo in quanto universale, ogni altro sforzo. Noi ci sforzeremo di occuparci man mano di tutto il teatro moderno e di ogni suo sviluppo teoretico. Coordinando e non separando questi dati po• tremo descriverne i caratteri nella loro realtà metapsicologica e seguirne le evolventisi poetiche nell'ineluttabile tentativo di una impossibile estetica, nell'. orizzontarsi poi da una impossibile universalità estetica (che qualora filosoficamente dichiarata non può che ridursi a conato di poetica) alla popolarità, da una supposta validità artistica alla validita etica. (Lavoro ora necessario alla migliore determinazione logica così di una descrizione teoretica degli elementi che concorrono allo spettacolo e dello spettacolo etesso, come dei compiti che dovrà Fondazione Ruffilli - Forlì . . Da Wagner il teatro· moderno, almeno nelle s~e migliori espressioni, ha non solo . inizio, ma luce di intime e sentite verità, delle verità · di cui noi moderni amiamo continuamente fare uso. Wagner non portò certo al nostro teatro un contributo decisivo e nemmeno ci sembra sia riuscito a indirizzarne con la legittimità necessaria, le forme più nobili. Innegabilmente però, fu Wagner il primo a liberare lo spettacolo dalle tante sue catene storiche ed a preoccuparsene in funzione delle sue pure forme senza ricorrere ali' apriorismo con cui ge• neralmente si procede nella determinazione della forma artistica - insomma, senza una poetica poi inapplicabile. Nei rapporti dello spettacolo con la musica le elaborazioni tecniche di Wagner, tennero quelle risoluzioni, quella coscienza, che ora, e da allora, s'impongono decisamente, anzi decisivamente. Wagner fa evidentemente dello spettacolo solo un altro ed un ennesimo strumento musicale (forse con pieno personale diritto). Almeno però, a differenza dei suoi contemporanei, non si lascia distrarre talmente dal suo fine che qui era immediata• mente artistico e mediatamente, potremmo dire, messianico, da rinunciare quasi del tutto a ciò che autonomamente gli offrivano gli strumenti teatrali dell' opera - lo spettacolo cioè. Questi strumenti • teatrali e spettacolari • probabilmente gli saranno parsi una legittima intei-pretazione del fatto musicale: e qui Wagner ha creduto legittimo parlare di interpretazione affidata agli attori e alle scene - poichè il tempo della recitazione veniva scandito dalla musica e non dal concretarsi tonale della recitazione stessa; nonostante questo, ripetiamo, la sua estrema e pur tuttavia feconda coscienziosità, gli fece assumere i migliori criteri tecnici che la sua forma mentis potesse produrre, anche nei riguardi di. una tale marginalità dello spettacolo. In teatro, dopo i Greci, la sua fu la prima sveglia coscienza : fatto, che nei limiti del nostro discorso, relativo alle pure enunciazioni teoriche e di queste enunciazioni per ora solo informatore, lo pone come pi:imo dato possibile. Ovvio ci sembra ormai riconoscere qual significato assuma caratteristicamente nella nostra civiltà l' esigenza tanto impegnativa quanto legittimamente giustificata di una coscienza impadronentesi dei propri termini tecnici in funzione esistenziale, e quindi artistica. Siamo ~ncora ad una determinazione di . ' poetica del tutto perspnale (chiarificantesi cioè nella personalità _dell' eidos) ancora ad u o arbitrio considerando che una poetica cosciente è un arbitrio pe.rsonale, e che anzi questa coscienza ·può costituire un ostacolo. Ma : questo fatto di coscienza ci viene imposto dall' eido's · personale dell' e• poca, e diviene, come ostacolo, tragicamente ~nsopprimibile, anzi assolutamente condizionante tutta la nostra arte nella sua stessa felicità: questa eidos potremmo qualificarla di moda, ridurla ad una svagata vanità : ma è il nostro unico tempo possibile fino a chè non sopraggi!lnga il non-tempo che è al di sopra e al di fuori dell'arte. Anche in teatro ci appare ormai ineluttabile la necessità di costit~irci in una metodica •· sprovvisti come siamo di una primordiale innocenza • e così duro offrendosi il riacquistarla. La tecnica, una certa sapienza, qualora si possano sentire sinceramente, il pensiero stesso come organo di risoluzioni morali, debbono provocare decisamente una stato di innocenza o di santità, come meglio si vuole ; debbono agire, a mezzo dei fattori canonicamente fideistici, come la grazia, farsi una grazia : l'attore insomma, ne è graziato (ma non in relazione ad un dommatismo professato e non scontabile, quanto alle risoluzioni sempre nuove e sempre li• bere che le forme del nostro animo assu• mono come fede, come amorevole carità di accordi). La recitazione conduce così da un com• mosso e definitivo esistere, sull~ porte spa• lancate della suprema felicità. · Di questo certamente Wagner si è reso conto, e questo avrà cercato di comunicare in teatro, sia pure con mezzi estranei al teatro, ma, almeno indicativamente. Forse, e relativamente, tutto questo provarono anche i Meininger. Per Wagner, ripetiamo, l'impegno era eolo marginale; per i Meininger invece avrebbe dovuto rifarsi mag• giore, unico ; e forse così lo sentirono, ma con un disgraziato sfasamento di toni, con un deprecabile ritardo fin dalla intenziona-- lità degli inizi. I Meininger portano in teatro le istanze e gli scrupoli genericamente storici del peggior romanticismo (da Walter Scott a Ler· montoff). Ma non solo questi scrupoli • e qui seppure appena accennato è il lato prezioso del loro sforzo - quanto, anche un coordinamento una disciplina degli attori stessi, e perciò stesso un atteggiamento che riesCe a valorizzarli ; ed ancor di più, la necessità imprescindibile che nell'unità spettacoliE,tica trovino forza d'arte e di arte maggiore anche le scene ed i costumi. Così, a mezzo di questo rigido canalizzarsi, raggiun• gono un proprio fatto di logica esistenza, paritario a quanto automaticamente ed an• tecedentemente ai Yeniva a realizzare nel tipico organismo della commedia dell'arte: dove appunto, si conveniva a quelle risoluzioni artistiche in virtù di un preciso amhientalizzarsi temporale di costumi etici. 7

dai Meiaioger in poi, in relazione alla di• versità dei caratteri cronachistici. con un adeguamento intenzionale e non spontaneo. Nei Meininger tuttavia teoricamente e praticamente le esigenze caratteristiche del teatro, eia artistiche che sociali, ci sembra oiaoo state soddisfatte ben di rado. Dai Meininger, al teatro libero di Antoine: una vaga progres8ione, per ora ; null' altro che lo sperdersi di inefficaci poetiche, non disgiunto però dall'attualizzarsi dei processi indispe,n&abili alle funzionalità artistiche nei riguardi dell' epoca (come contem• poraneità di situazioni). Dinanzi ad ogni problematica d' eatetica, si affaccia il risol• versi complesso, multanime e perennemente indefinibile dell' arte nella realtà. Q\Ù non siamo tenuti ad affrontarne che le cronache, nel loro unico residuo in ciò che la me• moria apporta alle debolezze del presente. La realtà, nei confronti almeno dell'arte, non è un passato, non è un già esistente, ma un esistere orgauicizzato di interessi etici, cioè di passioni, e cioè un presente che di continuo si determina ad un'azione decisiva (lo Stanislawski sostiene di essere giunto nei suoi momenti migliori non a recitare ma a vivere. sulla scena, dimenticando appunto di recitare. Pretesa eufficentemente ingenua ed affettuosa. Evidentemente Stanislawski non si è mai accorto come sia inerente, anzi fondamentale alla '_'.ila possedere la pienezza di un atteggiamento etico, crearsi un personaggio ; e così si cancellano, ai fini della giustizia di un'analisi psicÒlogica le possibili distinzioni tra vita ed arte ; oppure ce ne t'Ìmane una sola : l'attore, nei confronti dell'uomo comune, dichiaratamente e liberamente propone la propria sincerità, e se ne rende responsabile integralmente). In effetti la realtà come istante, come atto di vita, viene continuamente misconosciuta dalle poetiche cosidette realistiche. Difatti proprio alla realtà finisce col rifarei la descrittività compiuta e vissuta senza scampo dall'arte. 1\fa troppo chiaramente ci risulta che i naturalismi, ed i.I natura. lismo di Antoine, erano voluti ed erano utili solo a mascherare la violenza di una lotta politica. Si mascherarono supponendc., forse, in genere, che una simiJe decisa ete• ronomia nuocesse aUa giustizia appunto dell'analisi, e sfuggendo loro in qual modo l'arte, senza tradirsi, e senza cedere, potesse immettersi con un apporto decisivo nello svolgimento del reale, e quindi anche nella realtà sociale: non riuscendo alla loro mente teorica di giungere aUa convinzione indispensabile di questa partecipazione decisiva dell' arte alla vita dell' individuo e del popolo, in qualsiasi sua possibilità, come libero avvenimento ; non come uno sfogo, come la falsità di una sostituzione, ma come l'interiore meditazione che in quanto determinatrice ininterrotta del nostro atteg• giameoto, lo eticizza, e quindi lo rende anche sociale. Antoine non intese tutto questo che nelle sue accezioni più superficiali, e queste accezioni realizzò solo a tratti. Evidentemente, desiderava ricostruire 8 Fondazione Ruffilli - Forlì Il deciso orientamento e la specializzazione della nostra runsta per lo spettacolo non può troppo meravigliare quanti vecchi amici ricordano fin dai primi numeri di " Via Consolare ,, il nostro interessamento costante per le cose della scena e quel nostro voler inserire gli interrogativi morali e organizzati,.,i dello spettacolo italiano sul terreno· della politica educativa e sociale. A definire meglio tale orientamento e ad incitare ancor più tale interesse, " Via Consolare ,, diventa ora " Spettacolo ,,. I teatriguf (e con essi i cineguf e i nascenti radioguf) nati da un notevole fenomeno di fervore delle nuove leve culturali per l'arte della ribalta e dello schermo e delle onde eteree, trovano così, per ,.,olere della Segreteria centrale dei Guf e delle Direzione generale per il Teatro, il loro organo appassionato ed adeguato, nato dalla loro stessa fede e dal medesimo afflato di poesia. Inutile dire che " Spettacolo ,, non è per un gruppo o per dei gruppi. È di tutti coloro che hanno pensieri e parole; ospiterà le cronache, alimenterà le polemiche e presenterà al grande pubblico il meglio dei nostri tentativi. Pur non potendo mancare un criterio di selezione e una norma d' indirizzo • tanto per stabilire un punto, il nostro punto - esso sarà largo e cordiale con quanti • documenti alla mano • trovassero pure da dissentire. Comunicazioni e collaborazione (gradite le f otÒ) vanno indirizzate all'ufficio corrispondenze e cronache di "Spettacolo,, - Sede Littoria, Forlì. I.a realtà, facendo della realtà la storia peg• giore. dei vani risentimenti umani; credeva nell'ampiezza e nelJa dignità di una memoria, tanto da divenirne succube. Voleva appunto che i personaggi recitassero suggestionati non dal banale il che avrebbe avuto una portata - come ci indica Paulhan - di troppo superiore ai suoi brevi circuiti psicologici - ma da quelle scene che si pongono a prima vista tra le più importanti, fra le culminanti dtlla vita - e su questa facilità di illazioni, costruire la cosidetta sintesi che ancora adesso tutti si affrettano a definire caratteristica dell'arte, ed in particolare dell'arte di teatro. L' Antoine non si è mai accorto che una scelta così fatta, almeno nelle sue cause volute, nella sua poetica, fosse un errore, non solo, ma uno spostarsi definitivamente condannato, ap• punto in quanto distinzione dove non si può e non si deve distinguere - fra la vita e il teatro • e scelta dove non si può scegliere, ma solo stabilire e promuovere e condurre a termine· la vita. Infirmate così le sue maggiori posizioni teoriche, l' esperienza di Autoine ci resta utile a suo malgrado, solo perchè, sia pure entro certi li• miti, la sua scena ha il dono di porsi direttamente, per la prima volta senza a.usilio di miti, ma con pienezza di sentimenti, in favore di certe supreme istanze. delle nostre istanze sociaJi. Direttamente, e di conseguenza, nelle sole contingenze giornaliere, verso il banale nelle sue angosciose preoccupazioni, nella sua seusibiliLà di passioni ; il migliore progetto scenico, quello che dal banale ci conduce satiricamente e tragicamente alla socialità del popolo: ed io questo tentarlo Autoine ci )ascia il migliore dei suoi sforzi non un insegnamento, ma un affetto. vrro PANDOLFI Ecco il repertorio del Teatroguf di Roma per l'anno X X. Riportiamo altresì le parole di introdu:io11e che si poS$Ono leggere nel programmma del suddetto teatro. Questo primo spettacolo del Teatroguf del1' Urbe è da considerarsi come introduzione ad un repertorio polemico e di questo contiene, nella sua composizione, gll elementi. SI tratta Infatti di Individuare un teatro lta• llano valido sul piano dell' arte, con una precisione che potrebbe apparire sempllclstlca, ma è critica e comunqnepositiva. t l'ora di smetterla con le giovanili polemiche contro Il II teatro di cassetta,.; esso non è UA problema e come teatro non esiste. Ed è pur l'ora di non Insistere su un teatro genericamente chiamato "di poeala,. o antiborghese, o del giovani da contrapporglisi. In questo momento nel Teatro Italiano cl sono degli uomiAI che qualcosa hanno dato, e non sono affatto tramontati e nei problemi posti e In una certa validità letteraria t e ci sono del giovani I quali ricercano una strada e non I' hann9 ancora del tutto trovata. Un teatro di valorl quindi e un teatro di tendenze. È tempo di dichiarare che noi puntiamo su gli autori che rappresenteremo quest'anno e di loro soltanto terremo conto. È tempo di ritrovare una strada. IL CARTELLONE PERL'ANNOXX LA FUGA di Rossodi S. Secondo (novità) ALL'USCITA di Luigi Pirandello NOSTRADEA (to atto) di Massimo Bontempelli FRANA ALLO SCALONORD di Ugo Botti LA DONNA DI NESSUNO di C. V. Ludovici INNOCENZA DI CORIOLANdOi Stefano Landl NEMBO di Massimo Bontempelli IL PADRE NUDO di Tullio Pinelll (nov111iJ LA LIBRERIA DEL SOLE di Diego Fabbri !novità) ASSURDO di Siro Angeli (nowltlo)

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