Pattuglia - anno II - n. 7-8 - mag.-giu. 1943

A. Funi: ''Zlngorts~o,, 1940 « •.• Andavo cercando la profondit.A del calore e le forme che dovevo avvi• luppare: bisognava che le colloccassi non, come molti f8JlDO, fuori del qua• clro, ma dentro, perchè iJ loro mistero mi si spiegasse intero davanti ... ». La pazzia di Funi si traduce, nella sua attività pittorica, in un costante andare verso la bellezza. Vi è nella sua menta1ità d'artista un che di platonico, cli ermalrod.itico e di inef!abiJmente gen• tile: qualcosa che a volte sconfina feli<'emcnte in quell'aspetto profondo & grazioso che in francese con parola intraducibile si chiama « joliesse ». Affannandosi di continuo verso il senso della divina bellezza, Funi è portato fa"' talmente ad occuparsi e preoccupar~ degli inliniti problemi c'be la tecnica della pittura fa sorgere continuamente nel lavoro di quei pittori che ai ostinano a non guardare quello che si (a oggi per ritrovare nello studio delle grandi opere del passato, sistemi perduti e perduti segreti. i Y J G. DE CHIRICO CHIARIFICAZIONE Arrivati a questo punto ci preme assolutamente una chiarificazione nei riguardi dei nomi scelti a rappresentare la pittura dei più giovani: se, infatli, per la generazione degli anziani la cosa p·otevasembrare assai pacifica - per quanto anche qui, crediamo, alcune "distribuzioni .. di valori saranno al tutto nuove, non avendo mai tentalo le antologie, uscite in questi ultimi anni, simili prospettive - per quella immediatamente seguente la cosa era ben più scabrosa, qualora si ricordi quanto prima dicevamo. E' ali' incirca la stessa préoccupazione che ci venne spcintane'a sfogliando una molto ben fotta antologia dei "Lirici nuovi,,: chi si poteva colloèare a cuor sereno vicino.a Unga~etti, Saba, Cardarell°i,Campana e Montàle? Nè Gatto, nè Sinisgalli, nè Luzi e gli altri a11evanouna voce resistente al punto da sostenere il paragone, pure era necessario scegliere. Così nel nostro caso: e si vuol credère ,d'àver. scelto con, mano felic.e, 'soprattu'tto· rifè~e.ndoci al nostro discorso iniziale. Guttuso, Cassinari e Morlotti, sono indiscutibilmente fra i pochissimi pittori che paiono •voler dire qualcosa agli uomini e qualcosa di molto importante, ognuno, s'intende, secòhdo la propria natura. Ma il fatto di aver indicato in essi gli artisti, in questo senso, più "attuali., e che più ci premono non. deve tentare il lettore a. supporre una nostra totale adesione alla loro pittura, e, tantomeno quindi, alla loro polemica: qualcosa di molto profondo ci separa, così come qualche altra cosa di pure molto profondo ci unisce: questo però sarà discussione che ·(aremo più distesamente altrove. Resti comunque implici~ la nostra risentita disapprovaziòne per certo ·vezzo - o addirittura "estetica .. - dello sprezzo e della rabbia, che pare stia qua e là sorgendo, e a cui molti s'iscriv~no con entusiastico fervore, ma ail\mè, per mascherare in una vana e retorica ginnastica di violenza la loro innata povertà di natura e una notevole scarsità di vivi interessi. Forse si sta preparando alle spalle di chi grida 'e piange veramente, un indegnd gioco di scimmie. c. T. Fondazione Ruffilli - Forlì 19

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