Fiera Letteraria - Anno X - n. 41 - 9 ottobre 1955

Domenica 9 ottobrc 1955 STORIA Di UNA SILE.VZIOSA INTESA LA \ OCE DELLA LIBERTA' attravet1so i libri !leali altri * Lessi «The imJJOrtnnce of Liviug» con en- lusinsmo, e se In tradussi così bene, fu. sem– plicemente perché un t.esto vivo e vitale j>rovoca natural-mente il traduttore sensi– bile a. una ,·esa. adeguata ù1 valori stili– stici della. J1ropria lfngun, il che in nessun modo />uò ottenersi con un tesi.o inanimato di. PIEIIO .JAIIIEII Déll'attlvltà editoriale di Valentino Bompianl, lo posso parlare con competenza personale più come e artigiano letterario> che come scrittore, cioè piutto– sto come traduttore dall"lnglese Cln particolare da Lln Yutang), e come e lettore> di opere angloamericane, proposte per la traduzione. Il primo nostro Incontro su questo terréno. si è. anzi, verHicato In circostanze tali da meritare di esser riferite, se non altro perchè valido a dimostra– re che un contatto editoriale tra datore di lavoro e prestatore d'opera col relativi contrastanti lnteress!. può anche maturarsi In un rappono di reciproca sti– ma e amicizia, quando lo vlvUichl Il comune amorr al lavoro ben ratto. Io avevo studiato l'Inglese da solo nel confino dl Bologna, le notti che non ero di servizio come Ispet– tore di Movimento sulla terribile Porrettana del 27-28 sia per naturale Inclinazione a quella letteratura, cioè a quella civiltà, che per sollievo dall'ossessionante martellamento fascista, Inabilitato a pubblicare miei scritti dalla scheda– tura ,politica, ml balenò l'Idea che avrei potuto con• tribuire a mnntenere viva la fiamma della cultura, traducendo opere Inglesi. meno sorvegliatè dal Mln– culpop, (malgrado la campagna contro la cosiddet– ta esterofilia), le quali. frutto di una civiltà liberale, suonassero Implicito biasimo alla dittatura. L'Idea, c!OO,che, silenziato In Italiano, avrei potuto sro·gar– ml < per bocca di terzi>, in Inglese. Non cl ru nessuna esplicita Intesa In questo senso tra me e Bomplanl, e ml chiedo tuttora quale felice Intuito lo guidasse. dopo la consueta richiesta di un <saggio> ad aUldarml la traduzione di e The Impor– tance o! Llvlng > di Lin Yutang, Da Mondadort a,·e• vo trovato porta chiusa. Lessi l'opera con entusiasmo, e se la tradussi co~l bene, fu semplicemente perché un testo vivo e vitale provoca naturalmente Il traduttore sensib!Je a una resa adeguata In valori stilistici della propria llng1.:a, li che In nessun modo può ottenersi con un testo ina– nimato. L'originale da tradurre era segnato di Immense grarre blu e rosse, dalla censura del Mlnculpop. al passi incriminati che non dovevan esser tradotti. E portava un Imperativo e Imperiale <Fine> ln blù.. prima della éoncluslone finale dell'A. che suonava d!fl!c 1 ::111~~~;,~nir~~:~•l:~~l~~l~u~!~ 1 ~1~~'::. 1 81n~:e~ stl passi discriminati, lo ne tradussi tuttavia qualcu– no. nella vana speranza che sfuggissero all'editore. (Vo~llo sperare che nella XII edizione di e Importan– za di vivere>, essi siano stati ripristinati, dal testo che ne Inviai subito dopo la liberazione!). Il libro fu sequestrato lo stesso, e le poche copie dir. fuse salirono o.d altissimi prezzi in borsa nera. La cosa si ripeté, con danno dell'editore per le altre ope– re di Lln Yutang: e Il mio paese e Il mio 1 popolo.,, P <Momento a Pechino> da me successivamente tra– dotte. Per Il che, lo cominciai a chiedermi se qutl· l'editore Jntellleente. al quale 1 fanatici rlmprover:1• vano di aver trallotto c:vteln Kampbdi Hitler-opera magnificamente controproducente, im.. 'Onscla auto– stroncatura delle tonti stesse 'del nazifascismo del due ufficiali inferiori bocciati alle scuole - non losse uno del rari editori liberali superstiti In Italia. La sua cosciente e cocciuta perseveranza sulla via Intrapresa; I suoi stoni per ottenere la libera colla• borazlone del lettori al collaudo delle sue scelte col questionari diretti Inseriti nel libri. e per ml!!l!orare -!llologlcamente - le traduzioni con multiple E costo– se rev!Flor.!: ti suo amore del rischio. da gen~lluomo di razza; H suo Interessamento alle obbiezioni e cri– tiche, accettate come !orme di collaborazloue (opp,.,si– zlone di Sua Maestà); oltre alla sua eccezionale sicu– rezza di giudizio come edltore-scrittorf!, ml hanno ..!onrermato attraverso l'esperienza di lln ven:ennlo, In quel mio primo giudizio. Uno scritture l!dttore, cui quale si lavora volentieri. PIERO JAHIF.R ì\llo padre è morto !l ot• f!~t~a 0 ~n•po~g~~a~ iù.al~ aar~~: 1·e. Si foce dare u n qua– derno e una matita e scri– veva. Le sue ultime parole lo le ho lette. Poch e ore dop0 gli si sp1.• 1.zo l' aorta. Si teneva ~e<luto puntan– do le br11ceJa e sbiancava. Con gli OC('hl chlec.lcva Il quaderno ro tnccvo l'edi– tore già da quallro anni. In lutti I manoscritti e nei libri che ho letto da allo– ra. ml pare di cere.ire le parole che mio padre non ha scritte. Questa ricerca non è tra– gica e neppur consapevole. Ottant'anni vogliono dire ~l~~r~~\~n~un~lo. 1 ~j~~~ consapevole, dico, perché 1r~1tc't:~ 0 afi :dnr~~ fl~ r~ so che attraverserò come hll quel silenzio di ghiac– cio e comincio a capire che la morte bisogna averla già scontata quando arri– va e pot<'r ripetere parole facili, consuete, che siano state vere. Uno può mori– re dicendo: <Ml ro.cco– mando>, oppure: ..sted1tl> e !orse bastano se dicen– do • ml raccom:1ndo > cl si raccomanda davvero o si dice <siediti> con amore. Io non cl siedo. Me lo lm- ~1l:~~t!1°e \~\f1~f~ 0 iio 1 ie. ti• Da ra2azzo, sognnvo ln anticamera un' nrmalUra da guerriero. Tornare a casa e appendere Il cap– pello a una alabarda, strln• gere unn mano di ferro come un'lntesn segreta tra &~"ate ro.%o~ra ~r~ 0 rmn: 0 :~tt che c'era, appesa al muri. In grandi panoplie, ma ml mancavano gli archi goti• cl e Il ~nte l~vatolo. Poi ~\Ye-I't~n~e are~aJ:~uJ1a c~~ ~eJa s 31 n~~~fi!~f. non sa- s1 capisce che non ho mai giocalo a <campana> per la strada, n~ con le palline di pietra, non ave. vo In tasca i pe1;.etti di gesso e I pennini. Ho n,·u– to sempre Il colletto, i bot• toni e l'ollo di le2'ato di merlua.o. Ora cl giocherei, f: mi~~~ f/8a~~1~em~H~ di Alvaro. di Moravia. An• diamo? .Inginocchiarsi sul– l'asfalto col gesso In mnno, scansarsi perch6 passa un triciclo. Comincio lo? E lo• ro attenti a che lo non posi In terra l'altro piede o non calpesti le linee bianche. a strillare per confonder- ~1Co~~~:~~~. aEci°}fgt~~~ che loro, che ml baciano la mano. su quel po' di pol– vere bianca rimasta tra le dita struscerebbero Il na– so come I cant. Eravamo cinque figli, lo ero l'ultimo. Due fratelli molto J?randl formavano coppia a sé. Alti, militari, s'alzavano li mattino alle quattro. Quando nel pome– riggio tornavo a casa da scuola, dormivano e biso– gnava non svegliarli. ln cucina gJt attendenti luci– davano I bottoni e avevano sempre qualcosa da rac– contare sottovoce alle do– mestiche. Io ml vergogna– vo come se roa&Istato col– to In !allo, Forse lo ero PER UNA GENoERAZIONE CHE SI ANDAVA FORMANDO li nostro Valentino dl G. 'l'J'l''l'A R_OSA Il primo ricordo che 1w di Bompiani a'i11quodra in una nicchia. Una 11icchia non metofc,rica, 'Vf1ra; uno atanzino ro– tondo, mi pare senza finestre e con un<1 porticina nascosta da 11n peaante tenda9- gio. Si scoatava U tendag{lio, ed ecco il 11iao d'un giovane: serio, glabro e compo• :!;;io Q;!:t/id~~,;~! 1 :Cr!!to~"!~ 0 be~n s~~l so: un 3orriso l1w1inoso e affett1wso. Era U conte Bompiani. Ma per noi, gli amici, era Vale,atino fin d'allora; e per me lo /11.. lo steuo giorno che lo conobbi, in casa Mondadori, in via della Maddc,lena, Della ca3a Mondadori dirigeva, allora, l'ufficio stampa, se non mi sbaglio; e io ero and(I'· to da ltli per chiedergli della p1tbblicitù 7,er La Flera L(!tternrla. nata da poco, d1mque nel 'l6. Mi ci cmeva mandato Fraccl1ia, U nostro Umberto. E perchd vroprio mef Forse perchil Umberto con• tava s11lle mie capaciU&. di pcrs1wsionef O forse piuttosto 1>ercht noi alla Fiera si fc1ceva cli tutto: c,rticoli, recensioni e pro– paganda 1 Era un giornale nostro ( figu– rarsi che alcuni di noi avevamo persino delle azioni, delle< carature >Il, e dunque eraoomo tutti impegnati a mQndare avan– ti il giornale, a farlo bello, tutto leggi• bile e vivo; e quando, in una vecchia tipo– grafia di viale Piave, riusci,nmo a toccare le ventimila copie di tiratr,ra, ci semb~ò d'aver toccato il cielo col dito. Valentino non mi fece QH03i aprir boe· ca. Chiamò qualc,mo, dis'P(>IJe n per n una colonna di avvisi -per le nouitcl della ca.sa, mi fece alc1mi complimenti, c'era n ei s1.1 oi occhi il piacere d1 conoscermi, di diven– tarmi amico. E lo /1 m1mo, dicevo, /in d'oUora. Notu– ralmen.te, con franchezza; un'amicizia ch e 110n faticò a diventare subito a/Jet• tuosa chiara, sincerissima. E tale t ri– mm,t~ per tanti anni. Poco dopc Valonti"o venne a lavorare con noi alla Fiera per organizzare la pri– ma < Festa del Libro>: una novità che fece cliiasso. Gli autori che firmavano i loro l.ibri, la gente che li guardc,va con c1iriosità e timore, il loro imbarazzo nel firmarli con qualche frase d'occasione. < Se la montagna non va a. Maometto - aveva dotto //'racchia - noi nuromett1 an– dremo olla montagna ... >. Portare i no• stri libri in piazza, farci vedere davanti a 1,na bancarella col nostro editore, i suoi commessi che ci chiamav ano col libro operto a1.1l frontespizio, il no.me ~eU'ig110- to lettore o l('ttnce da s cri i-erc1 sopra: dove 3e n'andava il prcsti9io, la serietà, l'odi proranum vulgus dello scrittore! E difatti ,ic narquero 110lcmichr, che ~llrct· ron niagari quanto la rosa ronsardiana. B101oteca Ma in.somma il ghiaccio era rotto. Pur• troppo, dopo qualche anno le .. featc del libro> degenerarono; Vi prevalsero i mc• diocri, col loro csibizioniamo, e il nostro imbarazzo crebbe al p1mto che la Fiera non se ne occ1.1pòpiù. Se ne occupò la bu– rocrazia fa.,ci.,ta, clie ,iel frattempo ai;e. tia messo la mano sopra alla cordiale, ma non clamorosa ini ziativa di Fracchia, rta• lizzata con nativo ele gan.ta da Valentino. E anche lui, Vale11tino, ,e 11'a11dò; si tniae a far l'editore. e Che pubblichif > gli chiesi 1m giorno che l'andai a trovare in via Durini, dove, i11 uno starizone d'un an• tico polaz,:w, e!)li aveva posto la sioa ten– da, davanti a un gran tavolo; e c'era s1tl• · la pctrete 1111 bel ritratto d.'1m suo ante• nato 1ìlarchiyiano, che gli somiglfaun stranamente, il s1.10 n1011e tutelare. e Non ao - mi ris110se - cerco libri nuovi, autori 1movi, problemi 1111ovi >. Pareua ohe Va– lentino 110n avesae programmi, e difatti, 11elvecchio senso, non li aucva; ma vos• sedeoo, immediata e uibrcrnto, la sensibi• litù la c11riositcl, l'interesse, il g11sto del n11dvo. E i suoi primi libri, che si preson• torono al pubblico e-on une, </isio11omia > anche editoriale subito riconoscibile, trat• tavano q1testioni t111oue, inerenti alle cor- . renti attuali del pe1tsiero e della cult11ra: un'att11alitù non effimera. Ricordarli t Slt· per/tuo. E il pubblico se n'accor3e ben presto: ca1>i ('he dietro quei libri c'era 1tn'intelligenza organic-a, guidata da l)rC· ciae int.enzioni. Natllrale poi che andasse– ro a lt.1i scrittori della genera:-ione ch"l s'andava allora formando: Alvoro, Mora– via, BraMcati, V1ttorin1 eccetera; e che l'e• ditore Bomp,ani aveue dolio Jllte lettertt• r;.aq,:'~rit.::h~ ~a~ft'~~:::t~~~~:e!~~:~tori, Un giorno t·c,me da me Zai;attinì. Veni– va da Parma, mi rove.w.•iò s1.1l tat·o/ino 1111a manciata di 1>iccoli ritagli di sta11tpa e di foglietti &e-ritti a ma110, e Li oorrci stampare>, mi disse, con quella esitazio– ne di timido fiducioso aperta (lg/i i11co11• tri della vHa, che lJ tutta s,w. Li lessi, < Per farne 11n libro, mi paiono J>OChi >, gli dissi, < Ne ho d6gli (l[tri, 110ho, li ho in mente, li devo scrivere>, Ne parlai e, Va– lentino. Dovo qualche mese 11,,f'ivet: < P~r• limno tanto di mc > il bel libretto che dtC· de a Zav(lttirii la 11rima rinomanza, E. Za• vottini venne a porlflrmelo a casa, con q11esta dedica: e A G. Titta R_osache fit sempre mcco lc,rgo di ronsfq/1 e di c,i11ti con amicizia deoota. Zat:attini. 21·1·'31 "'· Lo conservo nello scaffalctto vii, caro, tra gli ctltri libri di CHnici carissimi. E ci 3ono anche quelh di Valentino. C. TITTA H.OS, \ o Bia LA FIERA LETTERARIA LA MIA JNFANZIA ERA FINITA PRIVATA * fli ,, Al,l?,, 1 '1.'l"l\ 1 0 IIOIIPIA"l\ 1 1 ~fer.. o.qu~ \chgia~e~etim~: na che lavava i piatti, len• tl~l: 0 !6r:i1!11!g1~\>er ma- no, un'altra coppia, rn mc1.- 1.o <."er:1Mario solo, che doveva morire.· Un giorno d'estate. in collegio, tiran– do di fioretto. per lnclden– te Ja lama avversarla spun- ~t\:slrf~~ i>;fe~~.~~~:o~~ arrese. :-.7eebbe paralizza– to tutto Il lato sinistro, Re– sistette un anno sotto le cure: tornava a casa fal– ciando con la gamba. 11 braccio ciondoloni. Poi si uccise. Aveva dlciasse1te anni. Eravamo a tavola e lui tardava. < Vieni a tavo– la. Mario>. Udimmo un ur– lo. SI era conrtccato nel cuore un coltello da dolce. ì\lorl subito. Mia madre era appog2lata allo stipi– te e cl diceva, andate di là, andalc di là. (Papà, che era lontano, apprese la no– tizia In treno dal giorna– li). Abbiamo un suo solo ritratto da marinalo. Fo– tografando un giorno le decorazioni di mio padre ben disposte su un cuscino di velluto. lui, che lo tene, va. rimase dentro l'obiet– l!vo. Vi sta umile e prov– visorio, Abitavamo allora a Ve, nezla In una casa enorme e desolata; venti stanze In Cila con poca luce e I rl• nessi dell'acqua sul sorrit• ti. Mario andava tutte le mattine al K!neslterapico del Lido per non tornare che a sera, più ,taciturno. Io g-iocavo al pallone In ca• sa, da solo, contro Il mu– ro, o scendevo nella dar– sena a guardare I piccio– ni annidati tra le travi. Ho caplto poi che cercavo qualcosa che si muovesse con un corpo e non soltan– to con le ombre, come la a,~~ sera che, non ricor– do come. eravamo rimasti In casa noi due soli, aspet– tavo che Mario. chiuso da qualche ora In camera sua, venisse a cena. Tardava, rispondendo al solleclli con· un mugolio. L'attendente stava In piedi con la zup. plera in mano. Dice: <sa– rà meglio andare a vedere cosa la>. Volevo unirmi a lui, ma usci subito, Lo se– RUil senza più. trovarlo nel buio. Bisognava attraver- ~ir~oi~1T. ~~ar~~~c1~Yi~:r:. può essere accaduto e lo =~°ro?~! 1 d':l~\~?ab9;frc~nu~~ nollola che sbatte nel buio al muri della stanza, Cl trasferimmo a, Roma In una vC>CChla casa di fa. mis:tlla dove già 1.1bltavano le due sorelle e Il frutcllo di mio padr.:, uno per pla– no. Lo zio, Augusto, che occupava Il quarto piano, era pittore. Dl'l suoi quat• tro flJ?li due dl,elngevano e uno scolpiva. Zio Augusto aveva sposata una model– la, bellissima, e Id loro ca– sa era libera, con la mo– glie In una cucina, la CC· drlna sulla terrar.,.a e Goe– the nel bld~. Con due Cl– gli e le loro famiglie. la zia Clella abitava al ter- 1.0 plano. magra e vedova. Pittrice anche lei, dipinge– va acquarelli arrettuosi ~~\~a1,1ad~rJT,~n"t~~~rac1~ clare con viole. Mugolava sempre, a tratti brevi; una specie di linguaggio cifra. to col quale si annunciava da una stanza all'altra, En• trando, si sec.leva subito sull'orlo della sedia più vi– cina. senza staccarla. dalla parete, e vi stava rigida e provvisoria, Le stanze di– ventavano altrettante sale d'aspetto. <Scansatevi un ~~o d!Far~~t·dl cle1d!~v~i pittore Alessandro Batta– J?lla, che aveva per testa un uovo con la barbetta a punta su di un collo da tartaruga. La pona di ca– sa loro era sempre aperta per qualcuno che entrava o che usciva. L'altra sorella, al secon, do plano. era cieca e vive– va al buio. col marito e ~1~~! 1 ~l 1 ~·ot'~dncfà1r~\~~t ~enn~~ qs~ g.ai, ~jg.' tf~~ :!,~\~ la maggiore, Adelaide. già sposa e bella. era morta tragicamente qualche anno prima. Mentre si faceva I ricci. i suoi capelli prese– ro fuoco. Non c'era ln ca– sa che la madre cieca e ur• Invano tulle e due, I SOC· corsi arrivarono troppo tardi. Attraverso nostra cugi– na Luigina, la zia era sem– pre Jntormata di tutto. compre:;! I nostri giochi. Quando entravamo nella sua stan1.a dove le gelosie erano chiuse, e cl nccosta– vamo alla coperta dl finto leopardo che le copriva le gll occhi Cenni e Ingenui. Alla casa presiedeva mam– mà, piccola e dolce. Lui ne teneva I limiti che nessu– no di noi avrebbe mal osa• to di oltrepassare. C'era da Immaginarsi con quale stupore ci avrebbe guarda– ti, staccando il bocchino dalle labbra, asciugandosi I baU! spioventi, scotendo la cenere dal bavero, tOC· cando gli oggetti a porta• ta di mano, per ristabilire In qualche modo una con– creta realtà. Lui viveva In un mondo autonomo. senza sospetti. Se mal gli toccava. di glu• dlcare un'37jone riprovevo– le od anche un atto scelle• rato. • Questo non è nobl• le> diceva, e riprendeva a leggere tra nuvole di fu• mr~Ol~~WC1~.f~hi~h~:i~ f morto per questo. lo ha strou.ato lo stupore della cattiveria. Ogni 2lorno che lo ricor– do, lo ritrovo sotto Il se– gno di un sentimento co- ~~n~ s~a~~ i1u:~~~r~t~ft~~ e Il nostro ordine. Talvolta. mentre lutti erano a letto e dormivano, lo rercavo con 2ll occhi ac– cesi nel buio gli oggetti da rirecnh~er~r ~~:n~ u~i• i~~t per romperli e pestarli. Compiere un gesto Inutile, ff:t~~~ loera~~~! 1 fi~e~~: pre sentito racedntare In la miglia di • un certo z10 che permetteva al figli, se lo volevano. di prendere in ~~~ 0 ~a ~g~!~li ~\ g~~~~~: anche se preziosi. e di 2<'t· tarli ln terra <per sentire il botto>. Mano, dicevano. Io m'Innamorai di sua fJ. glia. SI chiamava Angeli– ca, bambina anche lei. Ave– va negli occhi I rlfle~sl del crlstalll frantumati. Cl trovavamo d'estate In campagna nelle ore calde. Al ma ttino co rrevo con gli altri raga1.zl, si scendeva al lago per Il bagno. si fa. cevano lunghe passeg2late nel bosco. La natura In quelle ore fresche e mosse spettava al maschi. Ma col caldo del primo pomerlg- ~~0C~1~:si.11g;~1fe }~g\fe1~: mobili e l'abbandono, I ma– schi disturbavano, rumoro– si e sgraziati. Angelica scendeva In giardino e siedevamo sot- ta ramlglfa llotnpianl, qu:i.nllo Vnlcnllno era banlbino vetta della luce. le mie di• la trovarono invece qual– cosa che primn non cera, una piccola cornice ln le– gno: un San Girolamo sbiadito. non nostro, n:ial stato In casa. Tornai indie– tro di corsa. sbattendo con• tro l'uscio, respinto da quella casa che, all'improv– viso era diventata estra– nea, aperta al vento. Mario era già seduto a tavola e con la punta del coltello tracciava dei segni sulla ~;a~~~; c~~ni~~t~n§:~~n~o~ stati gli spiriti>, dice l'at– tendente scherzando, men– tre mi scodella la mlne– s1ra. cO i ladri>, aggiun– ge Mario. <Un sei:::nodi rl• conoscimento, chi sa? ... ~ D'un tratto. voci alte di donne. passi di corsa, sbat– tere di uscio e subito un odore sorrocante di fumo. In camera di Mario era scoppiato un incendio. Lui non s'è al~ato e chiede dl!I• l'altra minestra. Quelln notte dormimmo nella stes– sa camera. Ogni tanto sol, levavo la testa dal guAn• clale per s.entlrr se respi– ravo. La casa era pieni> fil sotrl c d1 scricchiolii t!he soffocuvano qtiel r~piro. Se qu?.lcuno ritarda, an– che adesso l'aria interno a me si carica di un disor– dine in,:,r;mbt!nt~ e di lrrJ.• glonevoli atti. Qualcosa ginocchia. le sue parole cl ridavano. con una doman– da o con un commento, le ore del giorno precedente trasformate in notizia. e Avete giocato fino a tar– di Ieri sera>, <Che cosa ha detto zia Anna per Il vaso di gerani che ave1e rot– to?>. <Che tarai della vin• cita alla tombola?>. Quelle domande ml die– dero il senso oscuro che ~~é 1 dfs~ 1 ~e 0 rsr~~~l~ri~~~i Inserisce In una cronaca e si lr.clde nella vita cjegll altri. m~';t;~o~~~: 1 'i 1 :.'i!"!~t:~der~: ti, Davanti alle finestre, in unn specie di g-lardino In• colto e sortocato, crescevu sotto la polvere un grande albero d'arane!. A dlce:n– bre. quando si coglievano, li trovavamo come si tro• va un btirattolo colorato In un ani:wlo dr'! cortile. La casa s! aC\!endcva, dunque, salendo di plano. E poiché I miei <'ll~\nl Cl'&· no più anziani di me, co– m'erano più liberi, lo nspet– lavo di crescere; e ml pa– reva di crescere ~a\endo a giocare sulla terrazza al quarto plano. Il tempo tra– scorreva nelle attese. non Impegnando che la pa• ;tJenza. Papà non cl rimprovera– va mal. Ci guardava con to un albero, tra ombra e sole. Bambini quali si era, nessuno st preoccupava del nostri giochi. e questa na– turalezza e la mancanza dl sorveglianza e di dlrrlden• ~~\,!n~~n~:i>"udr!re11m~I~~ era innocente, d'un trauo le dicevo sottovoce: <Bada che cl ,·edono >. Angelica spalancava gli occhi. <Chi Ci vede?> <Loro~- ,..Ma che cosa?> Subito smarrita. rossa In viso. un v elo di sudore le copriv11.la fronte e un fla– to cal do si sprigionava dal suo corpo: un odore di don• na, ag-_grumatoe aspro, che la sporcava, come mi pia– ceva. La prendevo per mano, « Stringiti a me>, le di, cevo. <Sono la figlia del cor, saro rapha dai banditi?>, lei domandava. < Meglio ancora>, <Che cosa?> <Sei una donna>. e Si capisce che sono una donna>, e buttava Indietro I capelli con uno scrollo brusco. • Noi ci amiamo. ma ,ccli altri non vo2liono >. '<Chi?> e: Tutti sono contro di noi>.. La sua Immaginazione che non si era svegliata al– la malizia, subito reagiva alla prepoten1.a. Ml strln• geva la mano, gli occhi ac, c~I, protettiva e materna. Io posavo Il viso sul suo grembo, donde l'Odore ve– niva più torte. Era una donna, come Zctrlrlna. Lo ~g;ild~~al~a a;~ot~~ 0 vadf~ !orme che lei, magra e In, nocente, non aveva. Da quella lnnocen1.a Jl gioco prendeva sapore, megllo . che per malizia, e non do– vevo condividerlo, era sol• tanto mio. s~reto e proi– bito. Al lago non la porta– vo: era troppo magro. e Im– plume. Ma col pretesto del caldo le tacevo togliere la camicetta. Portava sotto– vesti bianche, da suora. un po' lise, con uno smerlo In– torno al braccio. Le dicevo di aggiustarsi I capelli alla :~:1~;e~ 1 fnnt~~ra~~~nn: li d'erba e tlort, e lei. per farlo. doveva alzare le braccia, scoprendo l'Incavo tenero delle ascelle. Quel po' di seno che aveva. pren• ~:vf W~~- a~~~::~glt';; campo vicino e Jnsleme con I papaveri e le margheri– te strappavo la barba bion– da alle pannocchie matu– re. I fiori erano per I ca, pelli. la barba per le ascelle. < Ml fai Il solletico>, di– ceva. Dalle braccia abbas• sate In fretta e strette spuntavano I clu!CI rossic– ci che vi avevo messo. Alla processione de! Cor– pus Domini Angellca met– le\'a le ali, DI cartone, con le piume dipinte. le porta– va da casa soJto Il brac– cio per Infilarle quand'era già In mu con le altre bambine. In quel momento ml guardava. Che cosa voles– se dire con quello sguar– do. lo non l'ho mai capito. Un rimprovero? Ma dolce. già amoroso. da angelo cu• stOcle. Dopo la processio– ne, spettava a me sgan– ciarle le ali e portarle sot– tobraccio. Portavo sotto– braccio li suo candore. Altra volta giocavamo alla Madonna e al pecca– tore. I..(!! sull'altare, lo stru– sciavo Il viso nello. polvere e salivo plano plano fino a1 SUOI piedi. Ml sentivo Immondo, Impiastricciato di colpe e ml battevo li petto. Sognavo cilici e una cella ove espiare. Ma Je Vedevo le mutandine sotto Il finto manto e le toccavo le gambe ruvide. Allora lei ml lo.sciava cadere sul1a testa quella qualsiasi cosa che avesse In mano, e lo a schermirmi. già abilissimo. Se ml colpiva e lo piange- ~~- ~~~~ 8 v~o~n~~oFar~L calda e morbida, seduta in I terra. Ml prendeva Il capo tra le mani, contro Il pet– to, succhiava le mie !acri• · me a una a una. Poi l'ab– bandono dolce e sva2ato, I !~a~~~~ 0 Jaa 1 ~!m"::~'ia ~~~ mkllta dalla sera. ho 0 ~s~ 1 s~ekaTfa%,d~n~~ tempo curioso della sua In• !!~\\à c~~ol~~~- h~fo. rr~nct~: ~~tl~~ng~tlc~~~fJ~,n~~~~ rimasti nC'flli occhi di lei. Accade Il !atto di Adria– no, Il cugino di sedici an– ni, quello che scolpiva, un ragazzo stupendo. Nel gi– ro di poche ore gli si gon– fiò Il naso. un peperone In mez:,,o al viso. come una mascherata. Gli urli arri• ~eav~~lo~~tfi~ù. sPa~~alv~~ ~~~:- ch~~!l~~e rr::~:.sgr rava per l'aria un nome di crostaceo: Il carbonchio. Non andare di sopra, dice– vano in casa: e ml lavava– no le mani con lo spirito. Discese lui li teno 2iorno. Io aspettavo al portone. vestito alla marinara, col berretto In mano, e sul mio berretto c'era un na. stro con lettere dorate co– me sulle corone. Dodici anni dopo di me na;i°a,Ja~~~:a radice che si perde - nell'abisso del secoli Infinita - vieni Leti– zia tu, fronda più. verde ...> scriveva mio padre. In ver– si, nel libro di famiglia. < li tuo nascere Il sangue non disperde. - né Il poeta, dell'asprissima ferita ...> Letizia era Il ritratto vi vente di Mario e piangeva e gridava. Più. tardi cam minava per casa con una autotità da reincarnazione. Poi venne Il terremoto di Avezzano, che non c'en– tra niente con IR mia ra. miglia, Ma cl mandarono da Roma, noi ragazzi del• ~~~~~- ~~al~e =~.:i dovessimo por1are non so. torse non rtcordo. 11 vlag, glo. tutti lnsleme nel vago. Po~ 1 ~ni 0 sti~fo~~lef;~n~ ~~: stlte di scuro con bambini ai piedi. I fagotti bianchi segnavano la 1raccla Cino al paese che non c'era più C'era la stazione e. di rian co, la sola facciata di una casa. Attraverso le rtnestre si vedeva il cielo sbiadito : ?1~~~c:r_ t~ 1 ~t:111!r~a~~~ ra di un letto stava appog. glata ad una finestra co me a segnare un posto oc– cupato. pa~:1e~ 8 s~1fe°~~cfng rc~~I parse 'le strade, 111 camml• ~:;1~:. 11 ~:r~~:~~~w ::t tevano Il viso tra I sassi e I calcinacci e chlama\'a– no i parenti. GII uomini sembravano più disperati Le donne mute e accanite gettavano I sassi da un la– to. I bersaglieri qui lrova- VALf:NTINO BO)IPl,\NI (Continuo a po.g,8) FASCINO ED EQUILIBR/U DELLE SUE INIZIATIVE * Pag. 5 Tutta moderna la sua casa all'antica lf: dlG,B,ANGIOLETTl Fra i nostri editori più Importanti, Valentino Bom• plani é1 rorse quello che maggiormente doveva subire Ja tentazione della modernità. Non legato ad Impegni tradizionali per discenden1,a o parentela, cominciò dal punto d'arrivo degli altri, ed era perciò naturale che subito si mettesse all'avanguardia. Cosl lo conobbi, tanti anni fa, tutto come ribollente di progetti, di Ini– ziative, di originali Invenzioni; e c'era soltanto da temere che quello slancio Iniziale lo portasse trop– po lontano, ruorl della sicura e tenace geologia cul– turale Italiana Ma Bomplanl è, In tutti I slgnl!lcatl delta parola. ~n gentiluomo; da solo, seguendo !'In• nata sensibilità e l'approfondita educazione, seppe evitare le avventure meno convincenti, quelle che avrebbero turbato, o almeno disturbato, l'adattamen– to quieto e prudente delle lettere Italiane al tempi nuovi. I suol libri si presentano In veste ardita ma non frastornante. la scelta degli autori è larga ma ben vigilata, e le sue collezioni, pur attraverso intermit– tenze e momentanei arresti, mantengono un carat– tere di scoperta non mal disgiunta dalla consacrazio– ne di opere eccellenti. SI vedano, a questo proposito, li <Portico> e Il e Pantheon>, Insieme con le < Ope– re complete> di Conrad. Lettore attento, scrittore egli stesso, non si lascia abbagliare dal rapidi quanto etrlmerl <successi mon, dlall >. Uomo di cultura, predilige le vaste Imprese divulgative, senza mal cadere neila piatta ed esecra– bile volgarizzazione. Il < Dizionario delle opere e del personaggi> rimane ancora quanto di meglio si sia fatto In Europa, e credo anche altrove, per oUrlre agli studiosi un utilissimo. anzi Indispensabile. stru– mento di lavoro; e la parte illustrativa. cosl ricca, curata con gusto ineccepibile, ha convinto anche gli stranieri più esigenti. Cosi Bomplant, con Idee at– tuali, ha costruito la sua Casa all'antica, cioè su !on• damenta solide e con materiale di garantita durata. G. B. ANGIOLETTI ' Quando l'editore è un collega * dl BDNAVEN'l'VRA 'I'ECCRI Signorilità, cordialità e anche, perché no?, gio– vialità, le caratteristiche dell'uomo Bomplanl. unite a un oculato senso della sua attività d'editore. Ag– giungerei anche la prontezza di giudizio nel pesare il valore degli uomini e delle loro opere. Ma accanto a queste, che sono qualità perspicue però forse comuni ad altri editori, è da nominare un'altra qualità, che è tutta propria di Valentino Bomplani e che lo distingue dagli altri: Bomplanl é anche scrittore. Sicché In lui non c'è soltanto il giudice e l'editore, ma anche il collega. Questa posizione di colleganza è, per l'autore, molto vantaggiosa e nello stesso tempo anche temi– bile. Bompianl vive la stessa vita di noi autori: con quelle ansietà, quelle attese, quelle speranze e timori che noi tutti abbiamo. E' qui dunque la speranza di una comprensione, non soltanto editoriale. Ma Il giudizio di lui (che non st aUlda soltanto a quello del suol <lettori> d'uU!clo, ma va direttamen– te al testi. ai manoscritti presentati, con propria let– tura) ha un valore che non è soltanto quello del 11· bro, ritenuto capace di successo. Il suo è un giudi– zio anche di scrittore. Perciò quando Bompla.nl, con quella sua cordialità ottimista, dice all'autore: < Il tuo libro ml piace, lo porterò al successo>; oppure, con la stessa cordialità un poco temperata da signorile malinconia, fa comprendere che nel libro non ha !I• ducla, per l'autore s'alternano, con comprensibile sin– cerità, la gioia e Il timore, la speranza e la dtslllu– slone .. BONAVENTURA TECCHl Il sogno dell'infanzia * dl ERCOLE PA'I''I'l Da ragazzo uno del miei più struggenti sogni let– terari era quello di pubblicare un libro con la casa editrice Treves specialmente neila piccola collez.lone < Le spighe> accanto al libri di Plinzlnl e di Moretti. Stampare con Treves, In quel lontani anni catanesi, era il mio desiderio più intenso. Socchiudendo gli oc– chi vede\'O Il mio nome stampat o nelle c opertine pa– glierine, nei ben noti caratteri ndoperil.tl dal Trevcs, con nel frontespizio la piccola lucerna chiusa In un cerchio. Quando più tardi cominciarono ad uscire I primi libri di Bompianl quell'editore nuovo e giovane con le sue edizioni sobrie e nitide ml attirò più. dello stes– so Treves e cominciai a sognare di stampare un li– bro con Bomplani che ml sembrava più. adatto per un glo\'ane agli inizi della sua carriera. Ma non avevo ancora del libri da offrire a un editore. Un giorno (molti anni fa) misi insieme alcuni pezzi di giornale ricuciti alla meglio e Il mandàl a Bomplanl che me Il rimandò indietro (e fece bene) invitandomi a seri• vere un libro , ero. Quel libro per molti anni non lo scrissi e non ebbi più. rapporti con Bomplanl. Nei miei ricordi le1terart c'è quel ramoso Alma– nacco letterario Bomplanl che usciva tutti gli anni tra Il 19JOe li 1935 e che orrrlva un panorama vivacissi– mo e divertente della letteratura militante, assai ec– citante specie per un glornne che muoveva I primi passi nel campo della letteratura. Ebbi In seguito vari editori: Garzanti Cc provai l'emozione di vedere la piccola lucerna del Treves sognata da ragazzo, nel frontespizio del miei libri). Cat:1lnl ed altri. Ma Bompiani era sempre rimasto per me come Il ricordo di uno di quei vaghi amori da ragazzo che, di tanto In tanto, si ricordano per tutta la vita. Sono stato molto contento perciò che Il mio libro al quale tengo dl più e Giovannino> sia stato stam, pato da Bompianl e che anche Il mio <Quartieri alti> sia stato ristampato recentemente nella fortunata col, lana < l delfini> di Bomplanl. Mi piace Valentino Bomplanl perché nella sua Casa editrice si resplr., quell'aria affettuosa, fami– liare e signorile che c'è nelle case della gente per be– ne. Mi piace perché i suol autori sono pochi e di ot– tima qualità. {Parlo di letteratura Italiana contempo– lranc:1 perché le sue traduzioni di opere straniere e la sua attività editoriale In tutti i campi sono vastls• slme e gli autori numerosissimi.) EllCOLE PATTI

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