Critica Sociale - Anno XXIV - n.2 - 16-31 gennaio 1914

CRITICA SOCIALE 19 chinario, delle fabbriche, ecc., l'arresto cli certe industrie di trasporto (tram, ferrovie) quasi esclu– sivamente, certo appositamente, istituite in vista ùel principale lµcro per il servizio delle fabbriche zuccheriere, con conseguenza di altra miseria, di altra disoccupazione, ecc., ecco tutto il quadro, schematicamente contemplato, degli effetti del sistema capitalistico di produzione, in una delle sue più fortunate e gloriose applicazioni. Ognun vede se la critica che si avventa denunziatrice contro tale sistema ponga, come vuolsi, un sem– plice probienia di di::;iribuzidne. Evvià, è tutto il sistema produttivo attuale che il socialismo de– nunzia. Il perchè. quando l'egregio prof. Rocco nel suo studio '' la soluzione socialista e la soluzione nazionale ,, ....,... cli che? della questione sociale? - pigliando le mosse da quella premessa si dà un gran da fare per calcolare quanto tocchèrebbe di più di reddito agli operai se gli operai - oggi come oggi, in Italia - isolando per essi la rea– lizzazione collettivista (ma, mostro utopista, non ci libereremo mai di te?) avessero intero il frutto rlel proprio lavoro, e trova naturalmente che per cosi poço .non va,rrebbe la pe;na di scaldarsi a mutar regime (le cifre citate dal Rocco sono della più scapigliata f:antasia, e non mette di tenerne conto alcuno per il suo singolare ragionamento), il Rocco :no'n fa che ricordarci i discorsi dei mae– stri di scuola 'dei. bei tempi, quando, si dice, rac– contassero agli allievi l'apologo dei " rivoluzio• nari ,, che volevano " dividere,, con Rothschild e che Rothschild rimandò tranquilli e persuasi che con la divisione sarebbe toccato a ciascuno di essi pochi centesimi. Rotta la premessa, sono rotte - non è vero? - tutte le conseguenze. E così non fu mai che i socialisti esplicassero tutta la loro attività politica nel sistema della distribuzione. Le loro insistenze per la diffusione della scuola, e dell'insegnamento tecnico in particolare, il loro aperto favore ad ogni politica schietta,. efficace (ma quando fu mai fatta?) d i lavoro (bonifiche, rimboschimenti, uti– lizzazione del.le forze idroelettriche, ecc.), provano il contrar io. La loro stessa riluttanza a promuo– vere, a favorire l'eniigrazione preferendo sempre indicare al Governo ed al capitalismo l'urgenza, l'utilità di occupare in patria le braccia abbon– clanti perchè in patria è anqora tanta é tanta ragione tli lavoro, sono ancora tanti e tanti tesori nascoRti da dissotten-are dal suolo incolto, mal colto e _pur ricco, ma sitibondo di acque irrigate, prova che il problema della produzione non è mai stato da essi perduto di vista. Infine, quante volte esRi uon hanno dimostrato e costretto gli ftvversari al riconoscimento che il movimento operaio, con le sue agitazioni e i suoi scioperi, incalzando la classe padronale, industriale ed agricola, a migliorare i mezzi di coltura e di produzione, per rifarsi delle concessioni che do– veva fare, agiva come il più efficace stimolante all'accrescimento ed a.I. miglioramento della pro– l'l.uzione? Chi dubiti di ciò non ha che da conside– rate la diversità dei progressi agricoli avvenuti negli ultimi quindici anni nei paesi del sud, di tlove emigrarono i contadini, e nei paesi del nord (nellft valle padana, specialmente!) dove i conta– dini l)referirono di non emigrare, ma resistere e combattere a viso ·aperto con il Governo e con la; classe proprietaria, pe1: la distribiizione ! E' dunque un vero abuso grossolano di discus– sione venire na::ionalisticamente sostenendo che il socialismo non si . preoccupa di aumentare la ricchezza nazionale. A cose genuine la sola di– scussione possibile e leale in materia è se i mezzi che indicano i socialisti per aumentare la rie- 1otecaGino Bianco chezza sono migliori o peggiori di quelli indicati dai nazionalisti. A questo punto l'idealogia nazionalista, che si è fin qui retta sopra una menzogna, l' indiffe– renza dei socialisti ai problemi della produzione, precipita nella farsa. In questa farsa non vogliamo comprendere i ripeschi democratici e socialisti che " scopre ,, il prof. Rocco per aumentare la ricchezza italiana, l'estensione della coltura gene– rale e professionale, la cooperazione eliminatrice degli intermediari, i1 carbone bianco, le bonifi– che, ecc. (Resta solo a vedere come ·per tale po• litica si trovino i mezzi f[Uando. contemporanea– mente si chiedono i gi·andissimi armamenti e le conquiste belligere). Ma la farsa è nell'idea car– dinale del nazionalismo sulla "soluzione nazio– nale ,, della questione sociale. Riassumiamo con la massima serietà la teorica come la espongono il Rocco e ancor più chiara– mente il Corradini. La lotta di classe che i socia– listi veggono soltanto. nell'interno cl~lla nazione, tra borghesia e proletariato, si deve portare iden– tica nella società delle nazioni. Ci sono le nazioni che si possono chiamare capitalistiche, come sa– rebbero l'Inghilterra, la Francia e, ma in grado minore, la Germania; e ci sono le nazioni che si potrebbero chiamare proletarie, come l'Italia e, ma in grado maggiore, i paesi balcanici. Ora, che si deve fare dall'Italia? Si deve limitare la, lotta interna di classe •- che è legittima - al punto in cui, esorbitando, non danneggerebbe più i soli combattenti, ma il terzo, la nazione, che deve essere al di sopra di tutto. Toccato quel punto dove la lotta di classe non è più permessa, tutta la nazione, concorcle, dovrebbe volgersi a fare la sua lotta di classe contro le nazioni plutocratiche, al modo stesso-che il proletariato conduce la lotta. contro la borghesia all'interno. Se lo strumento della lotta interna di classe è lo sciopero, lo stru– mento della lotta di classe internazionale (non abbiamo nessuna responsabilità rli questo accoppia– mento mostruoso di vocaboli) è la guerra. Come lo sciopero irrigidisce la volontà di conquista, di espansione interna della classe proletaria, così la guerra irrigidisce la volontà di conquista, di espan– sione della nazione proletaria .... contro le nazioni ricche .... A questo punto- noi ci arrestiamo per precisare. Gli scrittori nazionalisti non banno il coraggio clel corolla rio delle loro tesi. Enrico Corradini non ar– riva a cli.re nettamente: espropriamo l' Inghiite,·ra. Ma di ce ch e perchè l'Italia raggiunga lo stato cl i · civiltà e di ricchezza dei paesi plutocratici abbi– sogna della guerra, e come biascicasse una parola tai;unaturgica, dice T1•ipoti. Ora, ecco la farsa : péi·chè, infatti, il ragionamento nella sua assurdita storica filerebbe se il nazionalista clèsse alla guerra l'obiettivo di espropriare l'Inghilterra, la Germa– nia, di impadronirsi delle loro terre, fabbriche, case, istituti cli credito, e di ridurre in schiavitù i loro abitanti. Invece nessuna co:qgruenza si vede tra la presa di Tripoli e 'la guerra di classe da Stato a Stato, dall'Italia all'Inghilterra 1 dall'Italia alla Germania (appena la presa di Tripoli ci ba posto in rapporto di guerra .... con la Turchia!) da cui deve uscire l' arricchimento nazionale. Non sarà certo il valore materiale del territorio libico, di gran lunga il più povero, per consenso universale, delle regioni mediterranee, che può ele– varci al paro delle nazioni plutocratiche. E allora? Allor~ bisogna rinunziare a capire. In Cor-radin i e Rocco il nazionalismo non è che una metafora. una trasposizione arbitraria, fantasiosa cli ter..'. mini·_ dei termini del socialismo - dove uon hanno l'ombra dell'applicazione. Infatti l'obhiet•

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