Critica Sociale - Anno XXI - n. 14 - 16 luglio 1911

CRITICA SOCIALE 211 Pellativo di consapevoli; diventa la bussola, che deve dirigere la nostra attività pratica (1). Un 'bisogno preliminare, dunque, che i socialisti d'oggi sentono, a somiglianza di ciò che era accaduto, verso il 1845, al Marx e all'Engels, allorquando, con l'opera, disgraziatamente perduta, sulla filosofia post- hegeliana, vollero dare soddisfazione a questo impul- so prepotente «di far i conti con la filosofia ». Senonchè, sul loro conto, s'è diffusa (in parte, con- viene riconoscerlo, per colpa loro, e particolarmente delfEngels) una specie di leggenda, alimentata dallo stesso nome, col quale fEngels battezzava la loro dot- trina, di materialismo storico, e dai grotteschi trave- stimenti e dalle banali volgarizzazioni, uso Lafargue: la filosofia, alla quale il Marx e l'Engels orientarono il proprio pensiero, sarebbe, secondo questa leggen- da, quel materialismo meccanicistico e rigidamente de- terministica, che uccide la coscienza, la funzione del- l'ideale, le fonti dell'azione, e cui, quindi, bisogna sostituire il volontarismo, il pragmatismo, la filosofia dell'azione, che diano all'attività pratica dèl movimen- to sociale le coerenti premesse teoriche. E, per con- trasto al piatto materialismo, ecco gli slanci arditi nei cieli dell'ideale, che, in certi momenti, sembrano qua- si far perdere al Colucci ogni contatto con la realtà. Io non intendo certo, in un breve articoletto, dar tondo alla grossa questione dei rapporti fra il reale e l'ideale; intendo solo dimostrare rapidamente conio quella revisione, che pretende sostituire una filosofia nuova a quella che si attribuisce. al Marx e all'Engels, sia invece un rinnovamento delle loro troppo dimen- ticate o sconosciute dottrine filosofiche. Il Colucci, veramente, salendo verso le vette dell'ideale, ha fatto una sosta in quella « soffitta », nella quale s'è detto che i socialisti abbiano oggi relegato Marx (oggi sol- tanto? o non ve l'han tenuto un po' sempre, abban- donandone le Opere alla critica roditrice dei topi, e contentandosi di riassunti ed esposizioni, che erano troppo spesso un tradimento ?); ma il Marchioli ha creduto che lo slancio verso l'ideale si prendesse me- glio all'aria aperta, e, voltando risolutamente le spalle al Marx, vuol lasciarsi trascinare dalla sonante e irre- sistibile corrente dell'idealismo contemporaneo. Ora, io consento pienamente seco, quando egli af- ferma che la cultura generale dei socialisti, e quella filosofica in ispecie, siano alquanto in arretrato, men- tre la filosofia, con la visione sintetica del mondo, dovrebbe dare a ciascuno l'orientamento e Pubi con- (I) Si, e no rendiamo subito volonterosa testimonianza non a caso, anzi meditatamente, portammo e manteniamo nella Rubrica dell'Ai- laulità queste polemiche, che potrebbero, priente fecce: giudicarsi non collocate al loro posto. Ma lo sono oggi, squisitamente, mentre il socialismo, un po dovunque, ma più. forse In Italia, superata da gran tempo la prima fase, prevalentemente teorica, e dopo avere di necessita braneicato, un CO' empiricamente, fra le difficoltà delle Ini- ziali attuazioni, sente la necessità di passare a un terzo periodo, nel quale le intuizioni prime e le succedute esperienze in qualche modo si fondano, si contmnperino vicendevolinente, per dar luogo a una terza fase superiore, pratica e teorica Insieme, nella quale l'esperienza corregga le teorie, e le teorie si rinnovino, cimentate alla prova dei fatti, integrate, fecondate, vivificate. È la egge eterna della spirale. Anche la teoria ha la sua ora segnata. Si ritorna, l'in In alto, domi- nando orizzonti pii, vasti; anche con passo più cauto, perché ormai la zavorra dei fatti, che portiamo con noi, non consente quei rapidi voli verso i primi miraggi lusitigatorl. Questa nota ci è occasione a dichiarare che il referendum della Critica, anzi di eritiee alla [`Mica, che il Mondolfo ci rammenta, non è stato da noi dimenticato, nè seppellito. Solaio soverchle briglie re l'hanno sequestrato nel cassetto del tavolino. Nella propizia tranquil- lità di questi mesi estivi, ci ripromettiamo di rievocarlo e di disco, rerne amichevolmente col nostri lettori. (Nota della CRITICA). siskim per la vita e per l'azione. Ma, quando egli com- batte il materialismo meccanicistico e il determinismo fatalistico di Marx ed Engels proclamando la neces- sità della filosofia numm del volontarismo e del prag- matismo, di una filosofia che venga a riconoscere l'attività spontanea dello spirito e la inammissibilità di un oggetto separato e indipendente dal soggetto, non s'accorge egli di aderire proprio alle idee fon- damentali del Marx e dell'Engels ? Si consoli però il Marchioli, ch'è in buona compagnia: nel 1845, il Marx rivolgeva al Feuerbach critiche analoghe a quelle, di cui egli stesso ora è fatto oggetto; e, precisamente, il Feuerbach, ben lungi dall'essere uno di quei ma- terialisti, coi quali il Marx lo accomunava, era stato il fondatore del moderno volontarismo, il predeces- sore e il maestro del Marx in quella « filosofia della; prazis», che.è la vera base dottrinale del Comunismo critico. Rilegga il Marchioli queste linee, alle quali credo sarebbe ben disposto a dare la sua adesione: « Il difetto capitale di tutto il materialismo passato, compreso quello del Feuerbach, è che il termine del pensiero, la realtà, il sensibile, è stato concepito sotto la forma di oggetto o di intuizione; e non già come attività sensitiva umana, come prozio; non soggetti- vamente. Quindi è avvenuto che il lato dell'attività fu sviluppato dall'idealismo in opposizione al materia- lismo, ma solo in astratto; perchè, naturalmente, l'idealismo non sa nulla dell'attività reale sensitiva, come tale. Il Feuerbach... non concepisce l'attività stessa umana come attività che ponga l'oggetto... Per- ciò egli non intende il significato che i rivoluzionari danno all'attività pratico-critica ». Queste linee sono del Marx, furono scritte nel . 1845 e contengono (dichiarava l'Engels quarant'anni dopo) il germe della neue Weltanschauung, che fu poi così infelicemente battezzata per materialismo storico. Che il Feuerbach non meritasse d'essere conside- rato materialista, che egli fosse invece, fondatore del volontarismo della perizia, credo avere ampiaMente dimostrato iltrove, in uno studio, su la filosofia del Feuerbach e le critiche del Marx, al quale qui mi richiamo soltanto perchè, essendo il Marx e 11;Mgels discepoli del Feuerbach, conoscere le dottrine del maestro significa prepararsi a intender meglio quelle dei discepoli. Mi permetto, però, qui, un'autocitazione da un al- tro mio scritto. Non ci deve far meraviglia (osservavo) di vedere che il pragmatismo, appoggiandosi su quella filosofia della contingenza, che, dal Renouvier al Boutroux e al Bergson, aveva inteso salvare il principio della li- bertà dello spirito e del volere, abbia rinnovato un movimento di idee, che, nella prima metà del secolo XIX, si era presentato con la filosofia della praxis del Feuerbach e del Marx. Aveva scritto, fra i suoi pensieri, il Feuerbach: « Si dice: la scienza non risolve l'enigma della vita. Ebbene, e poi, che conclusione ne trarresti ? Che si debba ricorrere alla fede? Ma sarebbe mettersi sotto la doccia per evitare la pioggia. Ciò che devi fare è vivere e operare. I dubbi, che la teoria non può risol- vere, spariranno nell'azione ». E il Marx, delineando una teoria della conoscenza: «La questione, se al pensiero umano pervenga la verità oggettiva, non è una questione teoretica, ma pratica. Nella peaxis può l'uomo provare la verità, cioè la realtà e potenza, la oggettività del proprio pensiero »,

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