Critica Sociale - Anno XIX - n. 20 - 16 ottobre 1909

306 CRITICASOCIALE costanzn che le palle avrebbero colpito anche qualche tonaca nera, e i preti non sofliavano dietro j non doveva parere indifferente che cotesti giornali e partiti ntfcttassero onorevole ammenda, proclnmnnclo con noi l:t libertà del pensiero, i doveri dell 1 umanirà, gli intangibili diritti della difesa. E vi crn di meglio. L'ombra. sinistra, che Pcccictio di Fcrrer proiettava - per intuito universale - sulle tendenze nefaste del clcricalumc di ogni paese, apriva visibilmente unn breccia - concorrendo nitre ragioni <l1incompntibilitn fin allorn rintuzzate - nel· l1alleanza clcrico-modcratn, che gravfl. in quest'ora come unn cappa di piombo sulla politica italiana. :Ma bastò qualche volgarità piazzaiola a salcl1.1rcla fessura, nella quale un'accorta politica popolare po– teva incunearsi. E così fu disperso uno dei maggiori senigi che la cieca reazione iberica si a1>prestavn. suo mali:rrndo, a rendere alla causa della democrazia nel nostro paese. :Nè sa1cbbe onesto, da parte nostra, riversare del– l'accaduto ogni responsabilità sullo spalle degli un– torelli anarchici o clell'auonima teppa, facile capro espintorio d'ogni nostra debolezza od incoerenza di partito. Oli anarchici soffiano nel fuoco, è il loro mest.iore. Ma fu ad opera di gente nostra, contro la volontit dei partiti o dei dirigenti le organizzazioni operaie, che qualche scintilla imprudente venne git– tata. Onde il dovere, per le Camere del Lavoro, di accom1n1gnare il movimento - non voluto da esse in quella forma - per limitarne la durata e infre– narnc gli eccessi, come loro in gran parte riuscì. Non neghiamo che dei teppisti si mescolino volon– tieri alle dimostrazioni per sfogarvi i loro istinti vandalici. Ma il gesto del teppista rimarrebbe isolato e distinto, se non foss(', in una parte della massa onesta. una frenesia di odio e di rivolta incosciente, che iu qunlche modo o lo scusa o lo copre. Questo spirito di odio e cli rivolta. che l'insigne malafede avversarin finge di attribuire alla. educazione socia– lista, e che nlligna sopratutto negli strati eui nessuna educazione socialista potè giungere ancora, è il frutto del malessere profondo e della ineducazione che il capitalismo domi nante genera e mantiene: contro di esso, quasi so.lo il partito socialista è mosso fiera– mente in g uerra 1 sia coll'azione diretta della propa– ganda, sia coll'esigere dallo Stato - ma con quale scarso successo finora! - l'aumento delle spese e delle cure per l'educazione del popolo. Debellare a fondo codesto spirito di rivolta insi– piente e sterile non sarà dato, fìnchè ne permangano le cause economiche, a nessun partito, neppurn al partito socialista, per quanto la sua predicata con– cezione della fatalità delle forme e delle evoluzioni sociali, della relativn irresponsabilità delle classi e degli indh•idtt,i nei 1\rnli onde soffre - per liberar– sene un giorno - l'assetto sociale, sia la sola che possa in qualche modo tempernrne l'acredine e pa– ralizzarne l'azione. :Ma spetta al 1>artito socialista, spetin. alle coscienti organizzazioni operaie, impedire che esso, possa mai colorire di sè le manifestazioni popoluri in cui esso cd esse hanno parte. A questo fine una maggiore proYeggenza, una maggioro chia– rezza e fermezza di determinazioni e solidarietà nei dirig-enti perchè restino ferme, non deve essere im– possibilo cd è cloveroim. Nulla è più doveroso in questo momento, chi non ,·oglia che gli sforzi proletari o l'azione socialista lavorino a vuoto, chi ripudi lo convulsioni della 1,iazza come allenamento opportuno alle catastrofi nelle quali non crede. In fondo, non fu altra da questa la. curnpugna che noi conducemmo contro il sinda– l'àlibmo o il rivoluzionarismo, che per lungo tempo pretesero cUritto di cittadinanza fra noi; poco d im portava, delle teoriche assurde, delle quali il tempo e l'esperienza avrebbero fatto giustizia. Smantellata quella che era, se anche per viltà lo negava 1 la teoria del tumulto - allontantlti dal partito, nel Congresso di Roma, i suoi ideolo~i - non ugual– mente ci riescì di disperdere il nucleo di sentimenti e di istinti a cui essa si adattava come veste al corpo. Il nucleo rimase: indebolito, perchò spoglio di decente sopravveste teorica, tuttavia rimase e rimane; col peggio, ch'esso può più facilmente, ap– punto per cotesto, rifugiarsi inavvertito sotto le nostre bandiere. Onde la necessità di snidarlo, di in– i;alzarlo, di sempre pili energicamente separarlo da noi. . . . Le prove - per quanto gonfiate acl arto - che cotesto spirito anarcoide ha fatto nelle recenti ma– nifestazioni, recò quest'altra conseguenza: di sner– vare non solo in pre\'enzione la protesta dignitosa e severa per la venuta dello Czar, ma di offrire lluon gioco, nella irritazione diffusa dell,ambiente, :d sofismi con cui si tenta di combatterla. o di ca– lunniarla. Qui sentiamo da diverse parti accusare noi di reticenza o di incoerenza, perchè di ogni manifesta– ;'.iono anticzarista non ci mettiamo a trarnrso. Co– no~ciamo bene quale sia, nel pensiero degli avver– f:ari1 questa nostra incoerenza. Essa consiste nel fotto •che, riformisti tenaci, non perciò ci asserviamo ngli interessi dei dominatori; nè, antagonisti di co– testi interessi, ci gettiamo all'insurrezionismo sbra– cato, nel quale sarebbe tanto comodo inseguirci e disfarci. A siffatta incoerenza rimarremo fermamente coe– renti fino all'estremo. Essa è la ragione e l'orgoglio del nostro pensiero. Così, per repisodio della protesta anticzarista, nulla abhiamo da mutare, o da sottacere. Allorquando l'amico Morgari lanciò la proposta dei fischi, aper– tamente riprovammo. Riproveremmo oggi come al– lora.. ?Ila la proposta, che a noi parve incivile e pe– ricolosa, nè alcun'altra che le somigli 1 non è più affacciata nò sostenuta da alcuno. Al tempo stesso partecipavamo a Comiz~, che atte– stavano del profondo consenso che è fra le anime nostre e gli sforzi temici ed eroici di liberazione, onde i martiri della Russia imperiale ci danno l'e• sempio. )lartecipammo ieri; con accenti non diversi parteciperemo domani. - Questa è tutta l'incoerenza nostra. Nè eia questa, che è fierezza elementare di citta– dini, ci smuovono gli arzigogoli pei quali - anche da porte democratica - si vorrebbe l'Italia muta e i11ginocchiata allo czar, quasi a impetrare licenza di sciogliersi quandochcssia dal ,•nssallaggio verso le potenze centrali; e si affacciano spauracchi di isola– mento mortale, e si tratta ogni altra politica, che non sia questa, come politica romantica, avvenirista, lontana dalla presente realtà delle cose - leggi, bam– binesca e scema. Già Bissolati correggeva l'accusa temeraria, osser– vando come anche sia realtà viva e presente la af. fermata simpatia dei popoli 1 integrazione non super– flua allo eventuali intese ufficiali dei Governi. ~la per un altro verso ci sembra immeritata l'àc• cusa. Certo, la politica estera del proletariato italiano te dello altre classi 1 dunque~ ...) è, per troppe buone ragioni, embrionale e appena sbozzata. Sarà debito del partito socialista darle nrnggiore e più preciso contenuto. :Ma fin d'ora, se essa ha un'espressione, l'espres– sione è questa: che non sia nò necessario, nè con– veniente all'Italia, per scioglier::.i 1 come deve, dalla 'l'riplice, ipotecare le sue forze ad aggruppamenti nntngonisti nlln. Triplice. Nei perduranti interni di– sagi, nell'onta che l'affligge di tanta barbarie inte– riore, debba essere sua massima cura, libera da vin•

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