Critica Sociale - Anno XIX - n. 18 - 16 settembre 1909

276 CRITICA SOCIALE nlla g-ente che dalla Camera uscirà qualchccosa di l,!randiosamcnte salutare, che scp:nerà il principio d'unn vita nuova, la gente batterà le mani, vi aiuterà. magnri 1 in una vnmpata d'entusiasmo, a conquistarlo, e poi volterà fianco per addormentarsi di nuovo in nttcsa degli effetti delltt. grande riforma. , i veda infatti (per esempio d'analogia più che d'idcntitò.) quel che fanno ora. i radicali o ce1'ti m– diC'ali, poichè oggi di quol partito può quasi dirsi il tot capitct antico. Aborrnndo, o per buone ragioni, di scender essi tra il popolo 1 dal quale si sentono staccati 1:iOprattutto dopo la loro condotta circa lo spese militari, cercano di ingraziarselo da lontano facendo con noi la Jlarnlomi dell'antiministerialismo, e giocando, con metodo giacobino, sul cosidetto e preteso giolittismo di alcuni soci!llisti. In mancanza cl'u.ltro da fare, e per purgarsi di gravi peccati, vor– rehhoro rovesciare il lfinistero, o per intanto fanno il vecchio, abusatissimo gioco di parere" più a,•nnti ,, dei socialisti nella lotta contro il Governo ... a cui fino a ieri hanno <lato il voto. i:;on trastulli di ragazzi, schermnglie viete, a cui noi dobbiamo sentire più viva che mai la nostalgia di sostituire nuove e belle battaglie di verità e ùi sincl'rih'i. per il duplice fine llolla utilità immediata, e della educazione delle m1tsse. . ** Con la qual cosa 11011 s,i conclude che il .Ministero si debba lasciar ,,ivero quieto, e che non si de,•a far di l\Iontecitorio un'arena di vivaci combatti– menti. Ma, parallela all'azione antigovernativa o allfL hi~ttaglia parlamentare, deve andare un'opera di ri– t'a.cimento nel paese e nel proletariato, un lavoro intenso e fecondo alla periferia. Noi abbiamo bisogno di questa armonia, nella quale sola risiede il se– greto di una forza reale . .hl la battaglia antimini– sterialc alla Camera deve a,•er ripercussione nel paese, in quanto essa è, a volta sua, l'espressione e In voce delle vive realtà. anche locali. L'interrogazione, l'interpellanza, che spesso cadono nel vuoto e sembrano non varcare i confini e la portata d'un incidente cli campanile; che più spesso ancorn sembrano fatte por dovere più che per con– yinzione, e per opportunità elottornle più cho µor un'alta idealità di giustizia, dovrebbero, in un'azione hen coordinata e levata su n orizzonti più generali, diventar la materia di una revisione profonda della nostra vita vera e quotidiana, dei rapporti fra Go– verno e Comuni, fra Stato e paese. E il :Ministero, nlacrcmente combattuto e tenuto in soggezione, sa– rebho anche distratto dal faro o infrenato nel fare le sue prepotenze. Oggi è tale la condizione dello cose, è tanto poco quel che si può sperare dal Go– verno, che può parer già, molto tener questo in ri– Mpetto, mercè l'opera d'opposizione parlamentare, impedirgli cli fare il nudo se è impotente a fare il heno, per proteggere quel poco di fecondo e di buono che possano fare i Comuni. Se, invero, nel campo economico, noi dobbiamo 1,!Uardarna cìò, a cui trop1>0di rado si guarda, alle Leghe, alle Cooperative, alle Associazioni di lavora– tori; nel campo amministrativo o delle riforme, noi dobhiamo mirare con grande interessamento al po– tere locale. Attraverso ad esso, con buona volontà e cou tenace energia, noi possiamo rifare in silenzio g-r1u1 parte della nostr1l vita collettiva, in un'opera diretta di rinnovamouto che non potrebbe venir mai dallo Stato. Occorre, anche qui, trovar il termine modio fra il gretto municipalismo d'un tempo, e l'esagemto statalismo, che pur riproduce in fondo, MÌesattamente, la tradizionale fiducia in una forz.a <.•stcriore e prodigiosa, operante all'infuori di noi, delle nostre attività, dei nostri voleri. Vi son ri– forme che possono venir efliMcemeute solo dal po- terc centrale, e ve ne son altre che devon sorgere direttamente dal terreno locale. Altre ancora, pur partendo dal centro, muoiono senz.a effetto se non trovano rispondenza. e preparazione alla periferia. 'l'uttociò è tanto assiomatico cd elementare, che p!Lr– rchbc ridicolo il ram mcnt nl'io 1 se veramente non esistesse una tendenza a.cl appuntar gli occhi, i de– sideri, le speranze, a lt oma , al Parlamento, al Go– verno, anzichè ricordare tutto quel che si può e si deve fare in ltalia - la quale, fortunatamente per noi, e diversamente dalla l◄'rancia 1 non è. tutta alla capitale, anzi (sfortunatamente, questo) non v'è che in minima parte. Le grandi riforme generali e pre~iudiziali sono teorìcnmente bellissima cosa, ma l'enunciarlo e il volerle, così da sole, può rappresentare talora la tendenza alla fede nel miracolo, o la predisposizione a cader nel circolo vizioso. li suffragio universale, additato da alcuno come il mezzo indispensabile o precedente ad ogni altra costi, mi somiglia un po' al grano <li sale che i fanciulli pensano di mettere sulla. coda della passera, per prenderla mentr'essa si volta a beccarlo. Se potes– simo avere il suffrngio universale, e se avessimo il pOJ>Olodegno di averlo e idoneo a usarlo retta– men te, n on saremmo qui a discutere del come cam– min ,1.re e delle vie da. pigliare: cammineremmo giù., e r apida mente, da un pezzo. . .. Eppure, in mezzo a questo complesso lavoro, a un tempo centrale e perifcl'ico, parlamentare e munici– pale, legislativo e sindacalo, che converrebbe com– piere per avere una 1>ienaed equilibrata azione so– cialista, non è detto che due più immediate ed urgenti necessità non si delineino: l'opposizione au– tiministeriale, oltre che per tutte !'altre ragioni, per proteggere dalla pre1>otcnza governativa le poche nostre conquiste locali 1 e la 1'iformci tributaria, pro– blema pregiudiziale cd urgente a tuttH. la nostra vita sì generale che locale. Si dirà che, anche contro la possibilità di ottenere una tale rifol'llrn, si pos– sono addurre tutte le obbiezioni che fin qui $i so11 dotte a prnposito d'altro: ma ò certo che il quesito è di una evidenza materialo incontrastabile. Noi ab• biamo davanti a noi, nonostante la apparente van– tata rtoridezza, un periodo di crisi e d'impotenza, determinato da ragioni finanziarie. Scuole, igiene, edilizia, bonifiche, legislazione del lavoro, rimarranno come sono, nello Stato o noi :Municipì. Non ci son denari per esse. Le iniziative comunali, quando 11011 sono osteggiate dal Governo per tristi fini cli sètta, sono paralizzate d&. difficoltà economiche: e noi ii Reggio Emilia ne sappiam qualche cosa. La Cilssa. Depositi e Prestiti non !Hl quattrini. La sovrimposta trova un argine nel Consiglio di Stato, che, un meso fo, resuscitando letteralmente una legge che Ju de· suctndinc pareva aver abro~ato, ordinava al Comune di Reggio di restituir 80.000 lire di sovrimposta ai contrihuenti che avean ricorso. E frattanto le esi– genze della ,•ita collettiva flvanzano cli galoppo; ciò che ieri pareva superfluo, oggi ò utile, domani sarà necessario. I cittadini di tutti i ceti - in quanto sono utenti e non contri.buenti dei vantaggi della organizzazione sociale - concordemente reclamano strode, acqua, luce, comodi, scuole, mezzi di comu– nicnzione. E una ondattl vcrnmente enorme cli civiltù, in tutti i sensi più multiformi della parola, civiltil particolarmente proletaria, civiltà generale ecl umana, che si riverbera poi sompre beneficamente sul pro– letariato, può salire da questa vitalità locale dei Municipi, coordinata a un'azione dello Stato: ma occonono quattrini. E bisogna prenderli a chi li ha, ma cou equità ed accortezza, con congegni tributari

RkJQdWJsaXNoZXIy