Critica Sociale - Anno XIX - n. 3 - 1 febbraio 1909

CRITICASOCIALE immane sforzo di " a.ristocratizzazione 71 collettiva, avrà conqui!!tato, nella dura l,isogna quotidiana, la propria. ·nobiltà. Lo stesso Michele riconosce che, se, anche coll'organiz– zazione socialista, necessariamente amministrnta da ele• menti direttivi, Il pericolo oligarchico non è in teoria del tutto vinto, è nella natura. stessa della democrazia. di acuire lo spirito critico e rendere più vigile il con– trollo, per cui 1 se non impediti, saranno diminuiti i pe• ricoli oligarchici. L'esame dei fatti ci porta anzi a concludere che le manifestazioni oligarchiche, come quella di Genova, e molte altre che un paziento raccoglitore di dati può notare nel movimento operaio moderno, sono, anzichè indici del futuro, forme intermedie di un movimento operaio che sta. cercando n. tastoni e per esperienze e approssimaziooi successive I!\ 'propria strada. Sono ma– nifestazioni della decrepitezza o della infanzia; di un passato che tramonta o di un presente che fa i primi pa~si nella vita. Ma il movimento operaio procede, por– tato e confuso colla grande industria, e procede senza tregua verso una società socialista, basata su una più alta organizzazione del l~voro e sul governo della mag– gioranza per la maggioranza, perchè, per dirla col Con• sidérnnt, il socialismo non significa il dominio <leila so– cietà da parte delle classi inferiori, ma il governo e la organizzazione della società nell'interesse comune, me– diante l'intervento gerarchico di un numero di cittadini sempre pili numeroso in rélaziooe al grado dello svi– luppo sociale. FAUSTO PAOI,rARJ. Irredentisnrn, Questione balcanica eInternazionalismo· (Replica, al clott. Angelo Vivmt.te) III (Hne\. Ma, in tutte queste fo.ccenòe della Bosnia, òella Serbia, del Montenegro, della penisola balcanica, che cosa c'entrate voi altri, socialisti itali&.ui? - mi par di sentirmi domandare òai compagni del di là dell'Isonzo. - Anche ammesso che l'Austria abbia òanneggiato altrii non ha danneggiato voi. Perchè dunque strillate? Io non so se sia proprio vera la notizia, rivelata tlall'on, Ba.rzilai, che l'Austria si sia una. volta im• pegnata a cedere il 'l'rentino all'Italia qualora avesse dovuto annettersi definitivamente la Bosnia. Certo è che l'occupazione e l'amministrazione della Bosnia, affidata nel 1878 dal Congresso di Vienna all'Austria, fu accolta" con visibile ripugnanza,, - parole storiche - dall'Italia. '' La Bosnia - scriveva nel 1850 il Robert - sepa– r.rndo la Dalmazia dall'Ungheria, si addentra nell'Impero come un cuneo; pare un'a,~cia pronta a spaccare in <lue l'Impero degli Absbnrgo, appena trovi in Oriente una mano capace di brandirla. ~ dunque assai naturale che l'Austria vng\ia appro.priarsi una po~izione così minac• ciosa per le sue provincie del Sud. Basterebbe che la Bosnia cessasse di approvvigionare i mercati della Dal– mazia, per0hè il commercio austriaco ne fosse seria– mente turbato. " Ora, mentre l'Austria vedeva crescere in tal modo, per mandato clel\°Europa. 1 la sna potenza milita.re e commerciale, le condizioni dell'Italia ri• 1,11,anevano intatte, cioè relativamente peggioravano: perchè la nostra frontiera orientale rimaneva aperta come prima. alle minaccio di uno Stato, le cui forze militari crescevano per l'acquieto d'un paese eguale per estensione alla Lombardia e al Veneto; e la produzione bosniaca era monopolizzata dal capitalismo austriaco: e chi conosce la necessità che noi abbiamo del legname della Bosnia e la funzione che esso esercita a nostro danno nelle trattative commerciali fra noi e l'J\.ustria, com– prenderà il valore di questo fatto. - L'Italia, purtroppo, nel 1878 non seppe e forse non poteva farsi valere meglio. E dovè $Ottoscrivere anch'essa il trattato di Berlino. Ua. sottoscrisse a un'occupa– zione ed annninistrazioue, che per lo meno non era l'annessione defiuitiva. E questo carattere di provvisoJ"ietà fu opposto a chi in nome dell'Italia chiedeva compensi che ristabilissero almeno in parte l'equilibrio. E contro quella II umiliante ,, provvisorietà protestarono energicamente molti uo– mini politici e giornali quotidiani in Austria. - Eri ecco che vent'anni dopo 1 mentre vige un trat• tat9 fra l'Austria e l'Italia, che garantisce ad en– trambe lo statit quo nei Balcani - eia.Bosnia è stata sempre considerata come terra balcanica - l'Au– stria si annette definitivamente la Bosnia., senza neanche dire un c,·epa al ministro degli esteri ita– liano, per il quale - sono p'arole del Vivante - questa poteva essere « una felice congiuntura per riparare in parte ai danni del trattato di Berlino,,; e questo ministro, invece di dichiararsi lealmente ingannato e protestare, proclama che l'Austria ha I fatto quel che doveva e che lui sa quel che fa– ceva! Ora, noi abbiamo protestato contro la slealtà del• l'Austria, che aveva ingannato il nostro ministro degli esteri, e contro la leggerezza di questo mi- nistro, che non solo s'era lasciato ingannare - il che pnò capitare a chiunque - ma poi aveva voluto anche fare il furbo. Abbiamo affermato che l'Austria non deve trattare il nostro paese come si tratta uno sguattero. Abbiamo òetto che il disprezzo brutale dimostrato dall'Austria contro di noi iu questa circostauza faceva a;;sai dubitare delle sue intenzioni avvenire. E abbiamo affermato che un pegno di leale amicizia era divenuto ne– cessario verso il nostro paese òa parte del Governo austriaco : e questo pegno non poteva essere che l'autonomia amministrativa del Trentino e l'Uni– versità italiana a 'l 1 rieste. - Gli ufficiosi tittoniani ci derisero. Il G-overuo austriaco disse agli studenti italiani che non lo seccassero. I socialisti dell'Au– stria ci rimproverarono perchè rompevamo .... l'In– ternazionale. - Dopo i tumulti di Vienna, \'on. 1 l1it– toni dice una parolina all'Austria per l'Università; l'Austria l'ascolta; i socialisti triestini si batt0no valorosamente per l'Università; e il dott. Adler, a nome dei socialisti dell'Austria, proclama alla Ca– mera di Vienna che si deve istituire l'Università. - Tutto è bene ciò che beu finisce. Ma ci deve essere lecito dire che, se tutti si fossero mossi a tempo, come si mosse il nostro Bissolati, per evi– tare il male immiuente, i tumulti di Vienna non si sarebbero avuti, e i rapµorti italo-austriaci sa– rebbero oggi più facili. Noi abbiamo fa,tto il nostro dovere e non abbiamo nulla da rimproverarci. •ra– cere1 come han fatto i socialisti dell'Austria, non potevamo. Perchè il silenzio e l'inerzia, se per essi significavano acquiescenza ad un atto di altera e sleale brutalità, Compiuta dal loro Governo, nou solo verso un ministro estero poco abile, ma anohe con· tro un intero popolo ; in noi - che di questo po– polo facciamo parte- il silenzio e l'inerzia avreb– bero òocumentato imbecillità e viltà. Una Inter– naziona.le1 in cui a noi non tocchi ~e non prendere schiaffi e far la ricevuta, non la vogliaino. I po·

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