Critica Sociale - Anno XVIII - n. 14 - 16 luglio 1908

210 CRITICA SOCIALE certi, <lello sciopero che agonizza nelle campagne parmensi: effetti, del resto, che chi scrive pre– sagiva, e gli era facile il farlo 1 sin dagli inizi .........,.. nel suo discorso politico (le! 7 n'laggio. Dicevamo allora, fra l'altro, tra gli urli, le fi:schin,Le e .le imprecazioni assordanti dei sindaca• listi, che avevano preso d'assalto hl. sala.: La sola questione seria e interossant& per noi ò ora di sapere se le organizzazioni contlldine, spingendosi, o lasciandosi trascinare, sul terreno di una lotta cosi ar– dente, senza remissione o quartiere, agiscano nell'inte– resse loro proprio, del proletariato, della clemocrazia. e del paese, 60 il loro metodo di lotta abbia uno sbocco qualsiasi e se perciò possa essere preso a modello. La risposta di qualsiasi socialista, che abbia senso di responsabilità e non sia dominato dall'ossessione cata– strofica, devo essore un no, senza fiserve e senza esita– zioni. È chiaro infatti che da un movimento estremo di questo genere, fosse anche cento volte ripetuto (ed è cosa impossibile), non può nascere nò la rinunzia., anche parziale, dei privilegi padronali, nè l'abbandono della proprietà, che del resto i contadini non sarebbero nep– pure preparati a gestire per loro conto. Al contrario, la minaccia prematura al diritto stesso di proprietà ne agguerrisce la difesa e rende di gran lunga più difficile anche le graduali concessioni che, per altre vie, si po· trebbero ottenere. I proprietari del Parmense - assenteisti e feudali al– l'estremo - sono indotti a lottare, ·come per la vita, con tutte le armi. Se anche, per assurda ipotesi, toccati dalla grazia divina, si disponessero a rinnovare per loro conto una notte del 4 agosto, gittando via i loro privi– legi, interverrebbe il Governo {che è, i sindacalisti seni– brano dimenticarlo, Governo di classe!) e insorgerebbe tutto il capitalismo, non pur nazionale, ma mondiale, per impedirglielo. Tutto ciò, dunque, che questa lotta potrà, 11ella mi– yUore ipotesi, conseguire, sarà qualche ritocco del con– cordato, le due ore in meno degli spesati senza bestiame, o qualche soldo di più nella tariffa, un risultato che, come ò intuitivo, si poteva ugualmente ottenere per vie di gran lunga più piane, o a mezzo dell'abborrito arbi– trato i ma, anche a conseguire il quale, i sindacalisti - che con solenne votazione preferirono all'arbitrato lo sciopero - si misero nella peggiore delle condizionì: La lotta infatti, come fu condotta, ba senza dubbio diminuite le riserve dei proprietari, dalle quali dovreb– bero trarsi gli aumenti di salario, ha impoverito di mi• lioni l'economia agricola provinciale, ha fatto esulare in gran parte il bestiame,• clistruggendo il caseificio, e mi– naccia i raccolti, ossia la fonte dì vita di tutta la pro– vincia. È questa l'enorme, spaventosa differenza che passa fra gli scioperi generali agricoli e quelli industriali. Otto. nere qualche beneficio con questi mezzi ò come incen– diare la casa per cuocersi un uovo. H beneficio verrebbe poi, e ben pre.sto, amaramente scontato. Questo nella ipotesi migliore. Per cui è assiomatico che il metodo sindacalista - dalle due parti adottato - penle anche vi11ce11do, e fa perdere a entrambi i conten– denti1 ma naturalmente molto più alla parte più debole. E taccio del caso inverso, cioè <lollasconfitta. Del caso che la proprietà minacciata contragga e trasformi le colturl', introduca con furia. a.rtiflciale le macchine, sur– roghi ai grani il pascolo, nel quale - come in Irlanda - la pecora divora il cristiano, mentre poi l'emigra- zione, cui quelle genti riluttano, si fa ogni giorno più difficile. Sarà allora l'organizzazione sfasciata e <Jeminato il sale sul suo terreno; saranno dolori amarissimi, a sa– nare i quali occorreranno anni ed anni, completamente perduti pel movimento proletario. E non figuro neppure l'ipotesi (che il destino la di– sperda!) che, estendendosi la lotta in altre provincie, lo sgomento delle classi dominanti imponga al Governo, finora abbastanza neutrale, una reazione feroce e leggi restrittive, che sarebbero il disastro della democrazia e inizierebbero un nuovo periodo di convulsioni perpetue. Ad ogni modo, è certo che giocare così su una carta Pinteresse proletario e l'avvenire democratico - se la cosa era, come io credo, evitabile - è semplicemente pazzesco. Solo un grossolano equivoco verbale può illu– dere che questa sia tattica rivoluzionaria. È tattica di reazione, della marca più pura. Si aggiunga che la lotta dello sciopero - dello scio– pero ad 0Itranza 1 o ripetuto, o sempre latente - se ar– roventa lo passioni e gli odi, non prepara nessuna delle condizioni estrinseche ed intrinseche, degli elementi economici e delle capacità necessarie, alla futura ge• stlone proletaria della produzione; anzi, spaventando le altre clasei e alcoolizzando il proletariato colla virtlt portentosa dello sciopero, ne allontana il formarsi. Anche da questo lato, la tattica sindacalista ò la ne• gazione del socialismo. ... Questi, e gli altri concetti che integravano questi, non erano - come apparirà a ciascuno - nè ri– velazioni, nè scoperte. Erano i suggerimenti, non diciamo neppure del buon senso, ma del più trito senso comune~ appena illuminato da quella elemen• tare cultura psicologica erl economica, che si ac– quista, nelle medie scuole, da tutti. E, in varia forma, anche nel confine modesto di queste colonne, erano, da quindici anni 1 ripetuti a josa. Percbè non fa bisogno di essere profondi psicologi (tanto meno, assertori brevettati della lotta di classe) per intuire cbe quell'assalto spavaldo al privilegio proprietario avrebbe irrigidite e solidarizzate tutte le forze rea• zionarie, rendendo ogni vittoria, anche parziale, im• possibile. Perchè non importa essere degli Smith, dei Mill o dei Ricardo per capire che, quando si distrugge, colla ricchezza generale, il fondo salarii, diventa matematicamente impossibile, nonchè otte– nere incremento di mercedi - che normalmente sup– pone esuberanza di capitale e aumento di domanda di lavoro - ma benanco mantenere i lavori e le mercedi al livello precedente. Se si intende che, nelle competizioni ùelle classi, la minaccia di un danno all'avversario - contenuta in brevi limiti di tempo, come un episodio - possa essere talora un coefficiente di vittoria, altrettanto sarà a tutti palese che il misurare, come si fece finora nel Par– mense, le probabilità di vittoria sul capita.le - ossia di una più lauta partecipazione ai profitti di questo - dalla durata e dalla gravità sempr~ più irreparabile e cronica dei danni che effettivamente gli si recano, è una contraddizione nei termini un assurdo per definizione, che equivale a prepa1!arsi la sconfitta colle proprie mani ; e il rallegrarsene per giunta, riproduce esattamente la psicologia del famoso pazzerello del Giusti, che della veste che gli f)}'ucia addosso folleggia e 1·ide. Epp1:r~ qu~~te verità, ripetiamo, così semplici, volgai·i, mtmt,ve, parvero allora un'audacia: i più benevoli uou tacquero che era 1 per lo meno 1 inop•

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