Critica Sociale - Anno XVIII - n. 14 - 16 luglio 1908

CRITICA SOCIALE nei Sindacati operai in guerra continua col capitale. Hors la grève, pas de soctalisme! - questo il grido no– vissimo del bellicoso ingegnere di ponti e strade. Sorel ha la mente satura di ricordi napoleonici. Gli scioperi odierni, nella loro ammirevole violenza, Io fanno pensare alle batta~lie del primo Napoleone. Del so~ia– lismo attuale non rimarrà ricordo all'infuori delFepopea degli scioperi, come, dell'lmpero napoleonico, di grande non è rimasto che la memoria dell'epopea della Grande Armata. E i militi del sindacalismo rivoluzionario corri– spondono assai da vicino alle armate napoleoniche. Con tutte codeste rimembranze eroiche, è naturale che il socialiHmo 11esaurnit subsister sans une opologie de la violence. È negli scioperi che il proletariato afferma la sua esistenza; in essi non si deve affatto scorgere quo.1- cosa di analogo a una rottura temporanea di contratto. " Lo sciopero ò un fenomeno di guerra, ed ò una grossa menzogna il dire che la violenza è destinata a sparire da questo fenomeno. n La rivoluzione sociale non è che un'estensione di questa guerra, di cui ogni grande scio– pero costituisce un episodio. È perciò che, peì sindaca– listi rivoluzionari, il socialismo non si riduce che all'ide11 all 1 atteSi'-,alla pnparazione rlello sciopero generale, che' simile a una battaglia napoleonica, sopprimerà. d'u,I colpo il regime attuale. L.idea dello sciopero generale, provocato dalla pratica dogli scioperi violenti, comporta fatalmente la concezione di una catastrofe sociale. In ciò vi. ò. qualcos~ ,di spaventevole," che (aggiunge Sorel) apparira tanto p!U spaventevole quanto più la violenza prenderà posto negli spiriti dei proletarì. Ma, nel com– pimento di un'opera. sì grave e sublime, i sindacalisti si innalzano al di sopra della frivola società moderna. e si renrlono degni di insegnare al mondo le vie novel!~ w Da queste righe appare come il sindacalismo rivolu– zion.ario: portato ~Ile sue ultime e logiche con:Jeguenze, faccia risorgere, sia pure sotto sembianze diverse, gli insegnamenti di quel vecchio blanquismo che pareva ormai da tutti ripudiato. È, infatti, il capo riconosciuto della scuola 1 l'ispiratore delle principali mvisto sindaca– liste di l!"'rancia e d'Italia. il quale afferma che la filo• sofla della sua dottrina è st1·ettammte c<mgiunta aWaJJO· logia della violenza. Certo, la parola violenza è molto vaga e generica, po. tendo riferirsi tanto alla pura ,•iolenza verbale, quanto alla insurrezione armata. Ma il fenomeno della violenza è inscindibile nelle sue parti, che si ingranano Je une colle altre come gli anelli di una catena. Chi si mette sulla via della violenza deve essere disposto ad andare flno in fondo i nessun mezzo, per quanto estremo, può essere lasciato da parte. Nei giorni fervidi del supremo cimento i sindacalisti ~~~~~; 8 ~o 8 :~~~~v 0 er!ss~r~~~~e~~~~l 1 i~~o m~ò!;ft~ 8 :io:~f!~ zionario, oppure si comporteranno come dei vili bor– ghesi, o, se volete, dei prosaici riformisti? Saranno essi i {a1'Ceun o i veri continuatori dell'epopea napoleonica? Incideranno essi sullo tavole della storia una immane tragedia soci9-le o una epopea da operetta? Terribili domande, la cui soluzione lasciamo in grembo a Giove. Noi, tapinelli di riformisti, continuiamo modestamente a credere che la violeuza è la negazione della. forza creatrice, che gli &cioperi, in sè considerati, nulla hanno di socialistico, e che il proletariato ba qualcosa di più serio da. compiere che assumere pose eroiche o abban- donarsi ad illusioni catastrofiche. e. m. La, UbeJ'trì tli la,vo1·0. L'argomento della libertà di lavoro è sempre di attua– lità. :Non accade sciopero 1 non si maniresta movimento operaio, eenza che, da parte degli industriali e di certa stampa che ne riflette la mentalità e gli interessi, non si sfoderino tutti i soliti luoghi comuni e non si invochi la libertà (intesa in un senso affatto negativo) a tutela del libero krumiraggio. Questo argomento ò stato oggetto di una polemica svoltasi sulle colonne della Critica qualche mese fa, e i lettori han visto che, ponendosi dal punto di vista liberale, è assai facile affastellare sofismi e paralogismi che, a primo aspetto, possono avere la parvenza di ragionamenti logicamente sani. Senza intenzione di riattizzare dispute con chicchessia, oggi vogliamo segnalare l'opinione di uu chiaro, ecouo- 1 mista, il quale viene autorevolmente a rincalzare la tesi da noi sostenuta. Il prof. Supino, in una memoria di recente letta all'Istituto lombardo di scienze e lettere, ripudia, come noi, il concetto volgare e tradizionale della libertà. di lavoro, e dice che in questo caso la libertà non è un assioma, ma un problema. IL Supino osserva giustamente che, nella lotta tra capitale e lavoro, il ca– pitale è già., per conto suo, automaticamente associato; gli operai invece devono formare con atto di cosciente voloutà. la propria organizzazione se non vogliono ri– manere schiacciati ed oppressi. L'operaio isolato, non ascritto ad alcuna associazione di mestiere, possiede astrattamente la massima libertà dì lavoro; ma questa è tale libertà da porlo, maui e piedi legati, in balìa del capita!ista. Data l'odierna evoluzione Industriale, tanto la domanda quanto l'offerta di lavoro sono fonomeni di natura collettiva, e coloro, che cantano le lodi della li– bertà di lavoro, applicano superflcialmente criteri indi– viduali a fenomeni di carattere collettivo. Il formar~\ della grande industria fa sì che l'offerta di lavoro di– venga sempre più un tutto inscindibile nei suoi elementi, a vantaggio della società tutta quantaj non c'è pertanto dife,ia più stolta e iniqua di quella del lavoratore dis• sociato, del krumiro, il quale, come elemento costitutivo dell'offerta di lavoro, fa parte di un 1utto inseparabile, e tuttavia ha facoltà di agire per conto proprio a danno del tutto medesimo. 11 Ma - aggiunge il Supino - nello stesso modo che, quando si tratta di importanti interessi sociali, si limita la libertà degli individui, obbligando, ad es., i padri a mandare a scuola i figli per impedire il danno sociale dell'ignoranza, o imponendo certe mi• sure igieniche per prevenire il diffondersi di epidemie pericolose per tutti, così non c'è niente di strano che la libertà degli appartenenti ad una classe sociale sia vin• colata a favore di tutta la classe. 11 In quest'ultima proposizione non solo è posto il pro– blema del krumiraggio, ma ne è anche adombrata la soluzione. La libertà individuale ha diritto di es11licarsi Z:cotr~~~o n~~eens~~o~!:o 1 ?:i;:adf:i 1 ~~~t~~:~:r:~~~~ 1 s~'i~::~ tiflca con quello della maggioranza dei cittadini. La li– b~rtà concessa a~ krumiri è una libertà anarchica, che viene a danneggiare la classe lavoratrice, la quale co– stituisce appunto la maggioranza della popolazione. E, siccome nell'economia contemporanea la classe lavora– trice rappresenta la sintesi dell'offerta di lavoro che, pel bene sociale, non deve essere scissa nei suoi e:e– menti costitutivi, così la libertà di krumiraggio può e deve essere controllata, limitata ed anche abolita. Non si tratta che dì portare il concetto di libertà ad un li• vello pili alto: e ben può affermarsi che il progresso ch•ilo segna una continua restrizione della libertà indi– viduale nel senso che le conferiscono I sostenitori della 1,ibertà. d.i lavoro. Il krumiro è un incosciente, .al quale e posita m mano un'nrme che può ferire altri, oltre chi la impugna. NeAsuno lascerebbe che un bambino maneg• glMse impunemente un coltello da beccaio. La libertà di lavoro è uu istituto giuridico tramanda• toci dai tempi passati 1 allorquando la produzione aveva un'impronta del tutto individuale. Ma oggi, col carattere collettivo che ha assunto la produzione, esso non è più in relazione colle nuove condizioni di fatto: è di\'eotato un istituto intimamente anacronistico. I romani dicevano: ex facto oritm· jus. Orbene, sul grande albero della legislazione sociale, che profonda le sue radici nei nuovi rapporti creati dalla grande in• dustria e dall'evoluzione capitalistica, dovrà pure inne– starsi una normajuris che sia in armonia colla coscienza etica dei lavoratori e cbe 1 limitando od eliminando la libertà anarchica dei kn,miri, sancisca il superiore e più civile diritto dell'organizzazione operaia. e. 111. Ai prossimi mmiei·i: Una pericolosa. tendenza llell' Amministrazione fer– rovial'ia, di UN CONTROLLORE. Le condizioni del contndiuo nbrnzzose, del prof. FI– LIPPO LUSSANA. GrnSEPPE RIGA.MONTI, gerente responsabile. 1111a.no ,18/1 1908 - Tipografi.a. Opera.I (Boo. eoop.), via. Spartaco, 6.

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