Critica Sociale - Anno XVIII - n. 10 - 16 maggio 1908

U6 CRITICA SOCIALE Il Direttore della Critica, che ò cosl acuto da riuscire anche inopportunamente tagliente, non so come abbia potuto trovare nella mia lettera " tutio il bagaglio del 1·ivoluzionat·ismo vecchio stue w Un'eco di questo vecchio stile mi pare piuttosto di sentirla nello stesso articolo della Critica, dove incontro il fromboliere, le trincee 1·0• vesciate, le a1,ang1ta1·aie die p,·mdono d'assaU01 gli sban– dierame11ti, la tenda e tutto lo strombettare dello vecchie fanfare. lo non sono così marziale. Io credo e so dì essere sempre sul terreno del mar– xismo; e come tale prendo le mosso dall'assunto della lotta di classe, sia pure attenuato con tutte le attenua– nuazioni con c11isi sogliono assumere le leggi e le ge · neralizzazioni storiche; o a questo assunto, che non è un presupposto ma una constatazione storica, deve ispi– rarsi un 1 azione politica che del socialismo voglia con– servare qualche cosa più del nome E quest'assunto ìmplica che il proletariato, come tutela de' diritti acqui– siti, come leva delle conquiste future, abbia 1 sia pure in ipotesi, un'ultima sanzione; per la stessa ragione per cui ogni diritto e ogni esperimento di diritto non sussistono senza una sanzione. ; L'Engols, nelltt stessa prefazione alle Lotte di classe i,,i Francia ove si rivelava ottimista al punto da predire la maggioranza nel Reichstag a' socialisti tedeschi pel J 900, riservava il diritto o meglio il rimedio della rivoluzione. Rilevava, è vero, con tm'analisi efficacissima. che ancor oggi ha tutto il suo valore, l'inefficacia della bm'?'icata come mezzo risolutivo; e io consento anche in questo con l'Engels, dissentendo quindi dal • 1 rivoluzionarismo vecchio stile w Ma, perciò appunto, il proletariato, che - pena l'impotenza -- doveva cercare una sanzione, ha cercato e trovato, nell'esplicazione della sua lotta di. classe, lo sciopero generale o l'antimilita1·ismo 1 che non sono escogitazioni <li teste sventate, ma istrumenti di grande azione politica, come e ben più che, in tempi sorpassati, non siano stato le barricate. Se de' capiscarichi proclamano lo sciopero generale ad ogni voltata di strada; se Hervé, procorNndo i tempi, semplifica forse troppo ì'antimilìtarismo; ciò obbliga. a meglio intendere e adoperare lo sciopero genera.le e lo antimilitarismo, non a scartarli iu tesi assoluta. E, senza volermi addentrare nella questione speciale, ho detto come il programma di Hervé è un'anticipazione che non può trovare la sua applicazione oggi, non fosse altro che per l'urto in cui viene con sentimenti tradi– zionali. :Ma Hervé non è 1 nè può essere fuori del socia– lismo; e molto di quel che dice si può considerare come una deduzione, logica se pure remota, dello scritto sulle Costituzioni di Las.:mlle. Egli, come accade in ogni mo– vimento precursore di grandi rivoluzioni morali e so– ciali - dal periodo de' profeti ebrei al cristianesimo e da que':lto al marxismo - trasforma il concetto di patria, 11egandolaal mtJdohegeliat10, cioè riaffermandola. in una forma più vnsta, inspirata a un maggiore semo d'iùeaHtà. e di giustizia. Lo sciopero generale e l'antimilitarismo spezzano l'arma in roano all'a.norsario, invece di prenderla per la punta; e scioperoge11erale antimilitarismo, se sono in un continuo divenire 1 hanno la loro funzione sociale, anche quando restino spesso solo potenziali. Ad un tale atteggiamento si può attribuire l'effetto di allontanare eccidi e soprusi con più ragione che non si attribuisca agli armamenti l'allontanamento della guerra. Quelli, che rinunziano ad ogni sanzione, debbono, per esser logici, abbandonare il terreno della lotta ài crasse 1 per rimettersi alla generosità di classe, al paternaU.smo. E tutto può ammettersi in ipotesi; e a lunghissima sca– denza, molto lunga, anche questi possono avere un certo effetto: soltanto, ciò non è più socialismo, e tanto meno marxismo; e l'azione politica si propoue d'intensificare e sollecitare determinati impulsi e forze sociali. La prova che i riformisti hanno smarrita la concezione di ciò cbo il marxismo voleva e prevedeva, si ha in questo loro arrendersi a discrezione, in questo riconoscimento in– co11àizionato di ciò che conserva le forme sociali pre– senti. I riformisti, intanto, sia puro sotto il travestimento di altro nome, sono e11si, in ogni modo, oggi, gli arbitri del Partito i sono essi la totalità de' componenti del Gruppo parlamentare: alla prova, dunque, con i loro metodi, e mostrino che cosa sanno fare! Ora, essi hanno abbandonato, si può dire, l'antimili– tarismo anche nella forma più remissiva. di lotta, pure urgente, contro le progredienti spese militari accresciuto a danno dei servizi civili. Che più? Non vogliono nem– meno che si tocchi Giolitti, o almeno si guardano dal toccarlo; quasi che, tra chi vede in Giolitti la causa unica de' mali d'Italia e chi lo ritiene estraneo al pre– sente marasma del paese, non vi sia. la via media di chi Io ritiene deleterio economica.mente, politicamente, moralmente. E non évoco per ciò lo scritto, ora fuori di circolazione, di Pupilio Fratti - al secolo Fllippo 'furati - perchè mi si potrebbe dire che quella è ar– cheologia: mi riferisco a fatti presenti. Ebbene, facciano qualche cosa; ma facciano. Io sono in attesa della loro azione riformatrice; ne sono desi– deroso, ne sono curioso. Nella vita l!Ociale,politica, l'esperimento è fornito dalla spontanea attività degli uomini, che diventa quindi cor– rettivo a sè stessa. In questi giorni mi è venuta tra mani una prefazione al mio opuscolo Socialismo di Stato e socialismodemocra– tico, ove :Filippo Turati esorcizzava quella municipaliz– zazione e nazionalizzazione dei servizi pubblici, che, a più riprese, ha poi cosi insist~ntemente sostenute. Jn questi stessi giorni, Filippo Turati mi ha fatto l'alto e inatteso onore di ripresentare col proprio nome un progetto di allargamento del suffragio, che io formulai e pubblicai nell'Avanti! del 3 marzo 1906, in condizioni politi~he favorevoli al suo accoglimento, e che passò inosservato al Gruppo parlamentare. Ciò mi fa pensare che alcune delle idee da me esposte, qui e nel criticato articolo dell'Avanti!, potranno tra qualche anno essere adottate anche da chi ora le com– batte. Le parole pa11sanoe restano i fatti, che risolvono assai più delle polemiche. E se, invece delle accademie e delle dispute astratte fuor di luogo, ne' Congressi si fo'lse portata la discus– sione su questioni e indirizzi concreti, forse si sarebbe avuto l'accordo, forse la scissione reale e sincera: in ogni modo si sarebbero avute posizioni nette o prospet– tive chiare. Ed è perchè mi pareva qualcosa più utile delle solite infeconde polemiche e un antidoto agli eccitamenti ar– tificiali - non per parata o per convenienza retorica di esordio - che ho approvato anche l'iniziativa del Morgari; pur non potendo dissimulare il rovescio della medaglia, e appoggiando il mio giudizio a' fasti e nefasti della politica di governo italiana. Non so se io chieda troppo domandando per questi schiarimenti,. una volta tanto, l'ospitalità. della Critica criticante.

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