Critica Sociale - Anno XVII - n. 24 - 16 dicembre 1907

ClttTICA SOC!ALll 373 feriorità. di fronte al capitale. La merce-lavoro non ha e non può avere la. mobilità del capitale; il lavoratore, il quale si presenta sul mercato, non può aspettare la congiuntura a lui più favorevole senza pericolo di un pronto deterioramento fisico e tecnico, mentre il capitalista può attendere tale congiuntura con minimo deterioramento; l'indu– striale, per la sua maggiore coltura, ha anche maggiore conoscenza delle condizioni del mercato in confronto all'operaio; in una parola, lo posi~ zioni iniziali del capitalista e òel lavoratore sono troppo diverse perchè debbano essere trattate alla medesima stregua. E questa discrepanza nelle posizioni iniziali non potrà essere eliminata finchè durano gli attuali rapporti economici. Per noi socialisti l'orl.ierno or– dinamento caµitalistìco rappresenta il ricatto siste• matizu-,to dell'irnprenrlitore verso l'operaio (I). Lo stesso prof. Cabiati (cito un 1 autorità non sospetta) 1 nel suo profondo studio sull'orgauizzazione di me– stiere, ammette che è la proprietà privata. del ca– pitale e dei mezzi di produzione quella che de– termina il grado dì fondamentale inferiorità. dei lavoratori. Altro che monopolio proletario contrap· posto al monopolio capitalistico! Liber~ di lavoro non esiste oggi per l'operaio che in modo negativo e formale. Vorgauizzazione uou è che un tentativo per realizzare le condizioni vere della libertà. li Crespi afferma che, volendo impedire la libertà di krnmiraggio, noi socialisti proclamiamo Pinfal• libilità degli operai e degli scioperanti. Ci è facile rispondergli che, col pretesto della libert.à. di la• voro, il capitalismo ha facoltà di sconfiggBre e di jugulare gli operai anche quando essi non hanno to1·to nelle lo1·0 richieste; 11che, del resto, come l'esperienza quotidiana ammaestra, avviene nella grande maggioranza dei casi. Basta leggere sui giornali professionali, che rispec• chiano fedelmente la vita aspra e difficile òella clas.se lavoratrice, quanti scioperi, agitazioni, mo– vimenti di salario, terminano con esito sfavorevole agli operai solo per l'intervento di quell'elemento perturbatore che è la libe1·tà di krumiraggio. Dal• l'esempio vivo dei fatti scaturisce la prova lumi– nosa e incontrovertibile del nostro assunto: che ta libertà di lavoro è un'insidiosa arme di difesa bo1·gltesee di offesa p1·otetaria. Questo ci apprende l'esperienza d,ogui' gioruo, e basta il fulgore di tale esperienza ad offuscare tutti gli apriorismi dottrinari della scienza cattedratica ed ufficiale. Gli industriali e i proprietari hanno troppi coef– ficenti di superiorità intrinseca sui lavoratori per• chè debba essere conservato a loro vantaggio il diritto o privilegio del libero krumiraggio. Ben so– steneva al Parlamento francese lo Jaurès che il krumiro ha tutti i diritti tranne di conculcare quelli degli altri operai, e che, assicurando la vita dell'avventizio durante lo sciopero, si colpisce la vita degli scioperanti. A parte l'opportunità del momento e 1a contin• g'enza dei casi, noi socialisti abbiamo quindi tutto l'interesse a spuntare un'arme di difesa capitali– stica, a screditare in linea tendmziate il· principio della libertà di lavoro e a preparare l'opinione pubblica in guisa che esso possa essere quando– chessia cancellato dal diritto codificato. Oud'è che mi sembrano ben carini taluni socialisti (non parlo del Crespi) i quali, pappagalleggianclo sul Leit- (1) Sulle eondlzlonl latte dal presente ordinamento alle cl111111! sa– lariate BI legga Il suggestivo opuscolo dei W. Sombart: D11s Prolet11- rlat. Qun11to alle rapine e agli srruttamcntl del capitalismo Ià ove esso ha tocoato Il euo vertice (Stati Uniti d'America) si pouono eon• 11u1tare: Tht thtorv o( b1ishuss tnttrprlst o Tht tJuo,·v o( tht lds1wt C/(188 del 11ror. VF.fl [,t:J,I; Jf Clirtst camt to CMcauo dello STF.AD i 7'ht ina11strtai Com11wnwetllth- d:tU'UPTON SINCLA!R. 1notiv della stampa conservatrice, vanno ripetendo che, anche in linea di principio, un tal diritto ca– pitalistico va rispettato. Costoro restano goffamente abbagliati dagli specchietti per le allodole agitati con tanto fervore da.i gioraali monarchici, e di– menticano per avventura che il socialismo non è solo graduale ascensione degli operai, ma anche conquista positiva proletaria, erosione e sfalda– mento dei privilegi sanciti dalla borghesia a proprio favore. Noi socialisti non dobbiamo mai dimenticare che vi è un antagonismo radicale tra chi dà e chi l'iceve lavoro j non dobbiamo mai obliare che, se vo– gliamo essere i rappresentanti <legli interessi pro– letari, la soluzione graduale dell'antagonismo di classe deve avvenire sempre nel modo che è il più favorevole ai proletari stessi. In fondo, il nostro còmpito si riduce a minare le posizioni privile– giate in cui si trova la borghesia e a porre i sa– lariati in condizioni di lotta sempre più propizie e vantaggiose. E, quando affermiamo la necessità della cosidetta collaborazione di classe, lo facciamo unicahl.ente per opportunità tattiche, per allonta– narci il meno possibile dalla linea della minor re– sistenza, per non porre balordamente in non cale la legge universale del minimo mezzo; ma senza staccare mai lo sguardo dal faro proletario, che è la bussola dell,orientamento socialistico. La colla– borazione è una integrazione, non mai una -nega– zione della lotta di classe. Allorchè gli operai sentono che una data riforma è a loro proficua, ai socialisti non spetta che in– dicare la via più facile e piana affinchè l'aspira• zione proletaria sia tradotta in realtà nel minor tempo e col minimo spreco di forze possibili; ma cesserebbero di agire socialisticamente se, consapu• tamente o no - queste poco importa. dal lato pra• tico - non si accontentassero di segnalare la stra,da meno scabrosa (gli attriti sono sempre formidabili, sia per la resistenza della classe avversa, sia per Pinnata inerzia e acci1ia umana), ma cercassero di incanalare gli sforzi verso una meta, che è di– versa da quella presegnata. Ora, basta vivere un po' a conta.tto colla classe lavoratrice, Qasta avere una pratica anche super• ficiale di scioperi, di agitazioni, di organizzazioni, di federazioni di mestiere, per capire quale sia l'interesse del proletariato tutto quanto in materia di libertà di lavoro e per acquistare il convinci– mento non sra<licabile che q_uest,aspecie di libertà, ripeto, tutt'aifatto negativa, non è che un'arme di <lifesa capitalistica. Questo è il determinante per noi, e gli inconvenienti o le <lifficoltà che possono essere addotti contro il nostro principio (inconve– nienti che noi non neghiamo, ma che saranno eventualmente eliminati mediante successive prov– videnze legislative) non intaccano il principio stesso, di cui qui è parola. In breve: noi siamo tenden– ziatniente contrari alla libertà di lavoro perchè la nostra tendenza. è verso l'eliminazione della pro– prietà privata e della concorrenza capitalistica, che in sostanza vive e trae alimento dalla libertà di lavoro. . • * Veramente, anche il Crespi è propenso ad am• mettere che l'abolizione della libertà di lavoro sia desiderata dalla classe lavoratrice; ma, conforme alla mentalità e alla psicologia di cbi rigetta la ir1ea e il metodo della lotta di classe 1 ha cura di prontamente soggiungere: " non basta mostrare che, per una data classe, un dato stato giuridico sia preferibile a un altro; bisogna anche mostrare che esso sarebbe p1·eferibile per l'interesse sociale,,. E qui fa seguire una lunga disquisizione sui carat•

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