Critica Sociale - Anno XVII - n. 24 - 16 dicembre 1907

370 CRITICA SOCIALE A questa. mutata condizione di cose dovette, a mano a nrnno, adattarsi, rnodificnudosi essa pure, questa nostra Rivista. li''urono tentat1v1 incessanti, tante volt.e riusciti, qualche volla mancati, cli trfl– sformure e ampliare il proprio contenuto, e, il piì1 spesso, dal proposito ardito e dalle forze e dai mezzi limitati incsorab1lmente, nacque la risultante, che fu minore del proposito, ma più innanzi nella vita e nella realtfl, che non fosse il punto di partenza. A principio di quest'anno ci 1>arve che il còmpito del partito, fatto più complesso e più pratico, esi– gesse una nuova e 1>iù precisa determinazione di rubriche fisse. L'esperimento fallì: il nuovo tipo parve ai lettori pili arido r. non ebbe, dai redattori, sufficiente continuità di alimento. Pure quel conato non fu tutto vano e, spogliato dell'eccessivo sche• matismo doi pl'irni numeri, rivivrà, sotto forme di• verse, nei venturi fascicoli. ... Oggi constatiamo sol questo; un pensiero che ci balzò nitido ngli occhi, come sugg-estionato dalla materiale, noiosa compila~ione dell'indice: la Rivista. può essere utile ancora, ò ancora necessaria. E' piil facile giuùicnre superfluo o insufficiente un articolo, o sbiadito un fascicolo, che immaginarla assente dalla vita socialista italiana. ·Chi ricordi, e spinga l'occhio più addietro, al di là dei confini dell'anno che sì chiude, troverà facilmente avverato questo para– dosso: la vita della Crificci Sociale è contrassegnata da una serie di insuccessi parziali, la cui somma è una vittoria complessh•a. Nello svolgimento della politica proletaria, o sia nei metodi della organizza• zione economica e della propaganda, o sia nell1iudi• rizzo parlamentare, noi fummo, sem1>re, l'eresia del– l'oggi, l'ortodossia del domani. Si pensi soltanto alla campagna sostenuta nelle questioni di tattica elettorale - og-gi tanto superate da parere arcaismi -; alla disputa in materia di scioperi, economici e politici; alla questione di rivo• luzione e di riforme; alla predicata necessità di se– cessioni, condizione di una più vera unità del par– tito; alle scomunicate nostre formule di collaborazione di classe e di penetrazione. Si pensi a quel che erano e a quel che divennero, o vanno diventando, i mag• giori giornali del partito. Si pensi all'atteggiamento delle nrnA"~iori l!"'ederazioni cli agenti dello Stato; all'indirizzo dell'azione operaia quale si viene affer• mando nella Confederazione del Lavoro. Tutto questo che è la storia, che è la vita del socialismo italiano - poteva essere, certo, senza le nostre persone; non poteva senza il pensiero, che fu interpretato e difeso dai nostri amici e da noi. Spira oggi sul nostro partito, sull'azione proletaria tutta quanta, un'aria di conciliazione e di riconciliazione sostanziale e profonda, che è fuori della frase, e che è il prodotto di battaglie, spesso dolorose, alle quali noi fummo. Fummo a quelle di ieri - saremo a quelle di domani. Ciò che ancora più difetta al lavoro socialista che si fa da ogni parte - in Parlameuto, nei Circoli 1 nelle Leghe operaie, fra le inconsapevoli masse, proletarie o borghesi - è l'integrazione di una co– scienza sintetica, che gli sia stimolo e controllo, che ne coordini gl'intenti e ne raddoppi l'efficacia e il valore. Ciascuno approfondisce il proprio solco, un po' a la ventura, V'ò qualcosa da u socializzare ,, anche nello sforzo socialista di ciascuno e di tutti. E a quest'o1iera non basta la conferenza, come non basta l'opuscolo, come non basta il giornale. Ecco perchè la C1'itica Sociale aon si diparte da voi, lettori cortesi, anzi vi invoca solidali ed aiuta.tori. Arrivederci ad anno nuovo I LA. CRITICA SOCIA.LE. Ha il krumiraggio una funzione sociale 7 (Bre,•I a11lunte alla replica di Angelo Crespi) Angelo Crespi ci invia questa postilla al suo ar– ticolo dell'ultimo numero e al breve "cappello 11 e alle brevi note cou cui l'abbiamo accompa– gnato. Più lunge Ettore Marchioli controre.plica all'ar- 1,icolo stesso. Come in una cam;a. a rito formale, le comparse avversarie si alternano; e giudice de– finitivo sarà il lettore. N1>isiamo tuttavia convinti e lo accenna il Marchiali nelle successive colonne - che ormai il Crespi, i11 ogni suo ragionare, sia fuori <lel qua<lro del pensiero socia~ista; egli tiene ancora un piede nel riJormismo, ma nell'atto èli chi prende le mosse per uscirne. Il che non è una cosa sola coll'essere fuori, anche, della verità. La verità, in materia sociale (non occorre professarsi pragmatisti per ammettere questo), non è mai matematica; riflet– tenclo fatti che divengono, e fatti dPll'uùmo, essa è sempre un po' teo<leuziale, quindi tenòenziosa; afferma, entro certi limiti, ciò che si vuole che sia; e, aifetmandolo, contribuisce a. far che diventi. Sforzandosi <li abbracciare un mondo non soltanto estremamente complesso, ma rapidamente mutabile, il pensit?ro non è ma.i l'adeguato perfetto delle cose. Ond'è che vi è qui il paradosso di èlue o più ve– rità parallele, Funa diversa dall'altra; e. anzichè doma.urlarci quale è la più vera. 1 meglio vale inrla• gare quale risponde e si approssima. <li più allo grandi correnti dei fatti; quale è destinata a per• dere, quale a guadagnare terreno. Come fatto, il capitalismo à più vero del socialismo: ma come tendenza? La disputa, ad ogni modo, che s'impernia sul punto forse il più centrale del problema sociale contemporaneo, non ci pare debba essere inutile. Le obiezioni di Angelo Crespi, che fu nel socia– lismo, non sono quelle, ormai superate, della voi• gare ortodossia economica; esse possono quindi servirci a saggiar meglio la saldezza dei nostri po• stulati, fors'anco a polirli da qualche scoria e a farne, in definitiva, brillar meglio il cristallo. LA CRITICA. Le due note cortesi della Critica Sociale alla mia re– plica a Marcbloli, oltre, in un certo senso, suffragare la mia tesi, mostrano la persistenza, in chi le redasse, di concetti che gli impediscono di sentire tutta la forza della nostra argomentazione ; se 110 1 l'accordo sarebbe anche più completo; percib, per promuoverlo, scriviamo queste brevi aggiunte. Sotto la obbiezione alla nostre. tesi sorge anzitutto l'Idea che l'esistenza di un esercito di disoccupati sia condizione di vigore e di forza del capitalismo. Così dice anche una nota all'articolo del Marchioli. Ora, se, in– vece di parlare lo astratto di capitalismo, osserviamo la concreta realtà dei vari gradi di perfezione d'organizza– zione delle imprese iudustrlall 1 si trova che, nei più alti di questi, in Inghilterra, come in America e d in Ger– mania, lungi dall'aver bisogno di dlsoccupa.ti per tener bassi i snlart, non si riesce a procacciarsi sufficiente mano d'opera. qualificata, nonostante l'offerta di alti sa• lari. li che, unito al fatto cui allude la Critica, che la. borghesia è la prima a distarsi dei krumiri, prova due cose: a) ohe l'esistenza di disoccupati e krumiri non è Imputabile al capitalismo nella sua massima perfezione e non è l'effetto di alcun monopolio, se 1 non ostanW

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